Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Superstrada Pedemontana: i Cinque Stelle contro Zaia. Che fa uno strano bis sul protocollo legalità
Il presidente del Veneto “blinda” la realizzazione della superstrada con il ministro Salvini, con il quale firma il protocollo sulla legalità. Ma il consigliere Berti, con i comitati, critica costi e presunti vantaggi per i concessionari. E spunta una frase sibillina del sottosegretario Giorgetti.

Trevigiani e autostrade proprio non vanno d’accordo. Prima la famiglia Benetton cade nell’occhio del ciclone per quel ponte Morandi malandato e maltenuto, adesso il governatore del Veneto, Luca Zaia, è attaccato dal consigliere regionale dei Cinquestelle, alleati di governo a Roma, Jacopo Berti, il quale afferma che per i veneti la Superstrada pedemontana sarà due volte più costosa di qualsiasi autostrada italiana. Tutto questo dopo l’arrivo a Venezia del popolarissimo ministro dell’Interno Matteo Salvini, con cui Zaia si è fatto fotografare mentre firma il protocollo di legalità proprio per la Spv e dice: “Vogliamo smentire lo stereotipo di un Paese dove, se c’è una carriola, c’è anche chi ruba, e faremo tutto quanto umanamente e tecnicamente possibile per riuscirci. Tutti gli atti di questo progetto sono pubblici e visibili a tutti”.
Le cifre di Berti sono però impietose e, in linea con quella politica di revisione su costi e benefici che il M5S afferma di voler fare su tutte le infrastrutture nazionali a partire dalla Tav, il Mose e, appunto, la Spv, che finora era rimasta invero un po’ in ombra. Berti dichiara che “a fronte di un costo per il costruttore di due miliardi e mezzo di euro, dei quali un miliardo è già pagato dal socio pubblico, noi cittadini gliela pagheremo 12,1 miliardi di euro”.
Un investimento garantito
E’ bene chiarire subito che questo costo sarà ripartito in 39 anni e sarà garantito dalla Regione Veneto, qualunque sia il numero di auto che percorreranno la Spv. Quando si stilò la prima convenzione tra Regione Veneto e Sis, la concessionaria che batté per una incollatura e per una svista burocratica la cordata veneta guidata da Impregilo, le auto dovevano essere circa 40mila al giorno; poi si è progressivamente scesi a 27 mila e Zaia ora parla di 24mila. Se le auto saranno inferiori a quest’ultima cifra, la Sis verrà risarcita del mancato introito dalla Regione Veneto. La Sis spenderà per costruire la Spv due miliardi e mezzo circa e altrettanti dovrebbe spenderne per la manutenzione nei 39 anni di gestione. Circa 914 milioni sono già stati versati tra contributi statali (614) e contributi regionali (300). In più Sis dovrà garantire l’interesse - veramente ottimo, dal 5 all’8 per cento - promesso a chi ha sottoscritto il bond per il prestito di circa un miliardo e mezzo. Difficile fare un calcolo di tutte le varianti, ma alla fine Sis dovrebbe registrare un attivo tra i 7 e i 5 miliardi di euro.
Contro Berti la Regione ha reagito con un duro comunicato stampa e su questo specifico punto precisa: “L’asserito guadagno di 12 miliardi per il privato (valore che peraltro è stato rivisto già al ribasso di ben 9 miliardi nella terza e ultima convenzione) è del tutto falso, in quanto tali ricavi sono destinati a sostenere i costi operativi (personale, manutenzione ordinaria, straordinaria e altri servizi), i costi per l’investimento netto e i costi finanziari, nonché gli oneri fiscali”.
Dossier per Toninelli e Costa
Le 57 associazioni, che il 1° settembre hanno convocato una conferenza stampa annunciando un voluminoso dossier - con gli interventi del Cipe, dell’Anac, della corte dei Conti e di tanti enti coinvolti - da inviare al ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli e dell’Ambiente Costa, hanno però ricordato un dato fondamentale: quello della Spv era un project financing, e come tale trasferiva dallo Stato, o comunque dal pubblico al privato, il rischio d’impresa. I veneti hanno diversi esempi di questo. Ospedali e strade sono stati fatti così: il privato mette i soldi e viene ripagato per gli ospedali con un canone che è fissato al momento della stesura del contratto, per le strade con il pedaggio. Regola fondamentale: il privato non vede un euro fino a che l’opera non è conclusa, quindi ha tutto l’interesse a fare presto, e se non fa manutenzione ci sono delle penali salatissime. Quando lo Stato, il pubblico, non ha le risorse e ha un debito pubblico come quello italiano, non può che fare in questo modo.
Un project anomalo
Per la Spv, però, è andata diversamente. La Sis ha cominciato a scavare qua e là tra Vicenza e Treviso e poi si è fermata chiedendo fondi con cui proseguire. Il famoso “closing finanziario”, ovvero il prestito necessario per fare l’opera, è arrivato solo lo scorso anno, quando la prima convenzione è del 2009: quasi 10 anni per trovare i soldi. Nel frattempo lo Stato ha versato 614 milioni e altri 300 la Regione Veneto. La Regione Veneto, su questo punto, risponde precisando: “I rischi tipici del project financing sono tre: rischio costruzione; rischio disponibilità; rischio domanda. E’ necessario che almeno due dei tre siano posti in capo al Concessionario. Nel caso di Pedemontana Veneta, sin dall’inizio era prevista l’assunzione diretta dei primi due da parte del Concessionario, mentre il terzo era sostanzialmente assunto dalla Regione, con la garanzia del ricavo minimo garantito, attraverso l’obbligo del ripiano del Piano economico finanziario da parte della Regione, qualora si fosse verificato un flusso di traffico inferiore a quello previsto (sovrastimato). Con il Terzo atto di concessione del 2017 è stata più chiaramente definita la ripartizione dei rischi, che rimane la medesima di impianto, sulla base della stima dei flussi di traffico, aggiornata e verosimile”.
Uno strano bis
Leggendo le tre convenzioni relative alla Superstrada pedemontana appare chiaro che i soldi pubblici in conto capitale aumentano costantemente: nella prima convezione lo Stato doveva versare 174 milioni, nella seconda 614 e nella terza 914, 300 milioni in più che stavolta erano coperti solo dalla Regione Veneto. Su questo il Comitato No Pedemontana ricorda puntigliosamente che il presidente dell’Anac, Cantone, aveva invitato più volte la Regione e non versarli, non essendo dovuti.
Per il Comitato l’incontro con Salvini e la firma dei prefetti di Vicenza e Treviso sotto il protocollo legalità è servita proprio per aggirare il divieto e versare i 300 milioni. Tanto più che il protocollo legalità era già stato firmato, il 23 luglio 2010, con l’allora ministro degli interni Roberto Maroni e non c’era alcuna ragione di ripetere la “cerimonia”: le garanzie antimafia e legalità si firmano a inizio lavori, non in corso d’opera.
Malignamente si fa notare che all’indomani di questo incontro con Salvini, che doveva essere risolutivo e additare al mondo l’estrema efficienza della Spv, il sottosegretario della Presidenza del Consiglio, il leghista, Giancarlo Giorgetti, dichiara: “Opere come l’autostrada Pedemontana veneta sono indispensabili per la Lega, ma è chiaro che andrà fatta una riflessione su come sono fatte queste concessioni e sulle condizioni contrattuali. La concessione per la Pedemontana non l’abbiamo preparata noi, però le osservazioni del M5s vanno valutate. Rivedremo tutte le concessioni, quindi anche quella per la Pedemontana”. La Regione, invece, non è per nulla preoccupata: “Dai calcoli effettuati sulla base delle stime di traffico aggiornate e ridotte, il costo del canone di disponibilità totale di tutta la durata della concessione è coperto dai ricavi netti da pedaggi che la Regione introiterà. Pertanto, secondo tali stime, non vi saranno appesantimenti per le generazioni future. Qualcuno ha già obiettato in materia contestando che ci si basi su stime, quindi non su dati certi: qualsiasi previsione, soprattutto se in materia economica, si basa sempre su stime”.
Il disastro di Malo
Quello economico non è, però, l’unico macigno che pesa sui veneti. Per il Comitato No pedemontana resta la delicatissima questione dell’impatto ambientale, una valutazione che il Cipe chiese già nel 2006: “La Commissione Via procederà - ai sensi del decreto legislativo n. 190/2002 - a verificare l’ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del provvedimento di compatibilità ambientale e a effettuare gli opportuni controlli sull’esatto adempimento dei contenuti e delle prescrizioni di detto provvedimento”. Una valutazione mai fatta, perché è intervenuta la legge obiettivo e il Commissario nominato, Silvano Vernizzi, ha proceduto alla nomina di una commissione interna per la valutazione dell’impatto ambientale. Una valutazione non perfetta, visto che la galleria di monte Malo nel vicentino è già crollata due volte e il torrente che scorreva sopra è collassato di ben 27 metri.
Brinderemo a prosecco?
Restano aperte anche le questioni poste dalla Corte dei Conti, per la quale la terza convenzione è un ulteriore esborso di denaro pubblico e trasferisce il rischio d’impresa al pubblico, anche se sembra poter tenere sul piano finanziario e garantire la conclusione dell’opera. Nella sua relazione, pubblicata il 6 marzo 2018, restano confermati i rilievi sulla progettazione, sui costi, sulla convenzione e sul ritardo dei finanziamenti privati. Si evidenziano i ritardi nella progressione dell’opera, le carenze progettuali e le clausole favorevoli al privato. Si parla dell’incremento dei costi e del difficile “closing finanziario”. Alla Sis hanno brindato dopo l’ultima convenzione visto che hanno ricevuto a Londra il premio internazionale per la migliore operazione finanziaria europea nel settore delle infrastrutture di trasporto. Meno sicuri di brindare i cittadini veneti che quando la strada sarà finita faranno i conti con i benefici, spostamenti più rapidi, e con i costi, pedaggio tra i più alti in Italia e un debito regionale tutto da quantificare. Resterà una domanda, cioè se a Zaia e alla Regione non sia mai capitata l’occasione di mettere alle strette questo concessionario e di garantire un po’ di più i cittadini.