La situazione dei palestinesi nella striscia di Gaza (ma anche in Cisgiordania), è sempre più drammatica...
Il ricordo: quindici anni fa moriva, a 35 anni, don Claudio Girardi

Sono trascorsi quindici anni da quando don Claudio Girardi ci ha lasciati, dopo la dolorosa infermità per un tumore alla testa, e cinquanta dalla sua nascita. Era nato a Castelfranco Veneto il 20 dicembre 1975. Visse ad Albaredo di Vedelago fino alla sua entrata in Seminario, nel 1996; nel frattempo si era già iscritto alla facoltà di Filosofia dell’Università di Padova, dove poi si è laureato nel 2002 con una tesi su Edith Stein. Dopo il servizio pastorale nelle parrocchie di Mussolente e di Santa Bertilla di Spinea, è ordinato sacerdote dal vescovo Mazzocato. Viene inviato come vicario parrocchiale a Marcon. Nel 2007 è nominato assistente diocesano dell’Azione cattolica ragazzi. Agli inizi del 2009 si manifestano i primi sintomi della malattia che lo condurrà alla morte il 28 settembre 2010. In quel giorno, nel 1978, moriva il beato Giovanni Paolo I. Viene sepolto il 30 settembre, anniversario della morte di Santa Teresa di Gesù Bambino. Già queste due presenze di santità illuminano i tratti fondamentali della figura di don Claudio: l’umiltà, così cara a papa Luciani, e l’infinita fiducia che caratterizzò la carmelitana di Lisieux. Una storia breve, quella di don Claudio, segnata da una ricerca di piccolezza e nascondimento che lo porterà a scrivere nell’immagine ricordo della sua ordinazione sacerdotale, un verso di Biagio Antonacci: “Più piccolo sei, più grande sarà il tuo mondo”. Nel suo diario aveva riportato le parole dell’allora rettore del Seminario, mons. Mazzocato: “Le testimonianze di santità non sono vistose, sono nascoste... Spesso ciò che colpisce è superficiale”. Ma se piccola e nascosta fu la vita di don Claudio, ciò non significa che questo giovane prete avesse piccoli ideali. In lui era vivissima la coscienza del suo sacerdozio, legata soprattutto all’Eucaristia, celebrata e adorata con grande intensità; alla preghiera, per la quale cercava luoghi e tempi di silenzio, e all’ascolto cordiale e attento delle persone. A 22 anni, l’età stessa di Teresa di Lisieux, don Claudio compie, come lei, l’atto di offerta totale della sua vita, interpellato fortemente dall’improvvisa morte di un seminarista. Scrive: “Mi offro al Tuo Amore misericordioso, perché tu sia glorificato nei tuoi sacerdoti”. Per essi, per i suoi compagni nel cammino presbiterale e per le situazioni di fatica di alcuni preti, don Claudio ha fatto dono di tutta la sua vita, non temendo di aggiungere: “Accetto dalle mani di Dio, fin d’ora, qualsiasi morte egli voglia darmi in espiazione dei miei peccati, per la salvezza dei peccatori, per la perseveranza dei giusti”. Non fu l’impulso emotivo di un momento, ma la risposta a una misteriosa chiamata che attraverserà tutto il resto della sua vita. Come Gesù, poteva dire: “Nessuno mi toglie la vita, sono io che la dono”. Sono parole che si faranno carne nella sua malattia che lo condurrà dentro quell’ “eremo” di silenzio che in vario modo aveva pensato di vivere come prete. Papa Francesco ci ha ricordato che c’è una nuova via per la garanzia della santità, quella dell’offerta della vita.
Quando, domenica 9 novembre, ogni diocesi celebrerà la memoria dei propri santi, beati, venerabili, servi di Dio, testimoni della fede, istituita da papa Francesco lo scorso anno, possiamo ben credere che anche questo giovane prete della nostra diocesi sia parte della schiera dei “santi della porta accanto”, che rendono bella ogni comunità. Don Claudio un giorno scrisse: “Non ho paura di dire che anche la mia piccola vita è una parola di Dio continuamente rivolta a me e ai miei fratelli”. Una parola che ci fa bene tornare ad ascoltare in questo nostro difficile tempo.