Penso che molti, come me, siano rimasti inizialmente un po’ sorpresi dalla elezione al pontificato del...
Il Vescovo ha celebrato il primo maggio nella parrocchia di San Giuseppe di Treviso

Questa mattina, 1° maggio, festa del lavoro e memoria liturgica di San Giuseppe lavoratore, il vescovo, mons. Michele Tomasi, ha presieduto la celebrazione eucaristica nella parrocchia di San Giuseppe di Treviso.
Ricordando quando Gesù, figlio di un falegname, e falegname a sua volta, parla del Regno del Padre, il Vescovo ha messo in luce che “lo fa con le meravigliose parabole di chi sa osservare e conosce dal di dentro la fatica e anche la soddisfazione del lavoro e dei lavoratori: c’è il seminatore, il bracciante, il mercante di perle, il portinaio, il fattore, la donna di casa che impasta la farina. Si usano ricchezze, si ricevono talenti da investire, si costruiscono granai e torri, si cuce e si fila. E l’opera dei discepoli che annunciano il Vangelo, che guariscono e liberano coloro ai quali essi sono inviati, compiono un’opera che assomiglia a quella di tanti lavoratori: l’aratore, il seminatore, il mietitore, il pastore, il pescatore; come tutti costoro si attende un salario e cerca un premio per le proprie fatiche”.
“Senza conoscere il mondo del lavoro non conosceremmo nulla dell’amore e della grazia di Dio, non avremmo nessuna immagine e nessuna esperienza per conoscere qualcosa del Regno di Dio – ha sottolineato mons. Tomasi -. Ma senza cercare davvero il Regno di Dio, senza mettere Dio, Gesù, al centro della nostra vita e del nostro amore, il lavoro rimane luogo di alienazione, di sfruttamento, di violenza, di radicale contraddizione, perché ci illudiamo di poter costruire ciò che invece solo ci viene donato, e solo può essere ricevuto in dono: Dio stesso, Dio amore misericordioso infinito e senza limiti, senza condizione alcuna. Gesù, che ha davvero lavorato con mani d’uomo, ci dà la giusta prospettiva per vivere il lavoro nella sua dimensione di liberazione, di vita e di salvezza. Il lavoro umano partecipa alla creazione di Dio non se genera successo, se è gratificante o se porta a guadagno, ma se è vissuto in piena comunione con Cristo Gesù, il “figlio del falegname” se si lascia motivare dal Vangelo di Cristo, se è mosso in primo e principale luogo dalla ricerca del Regno e della sua giustizia”.
E riferendosi ai tanti problemi che toccano il mondo del lavoro, dalla piaga degli incidenti alla dignità del lavoro, il Vescovo ha sottolineato: “Che il lavoro sia sicuro e si possa svolgere in sicurezza, dignitoso, libero, diffuso dovrebbe essere la condizione ovvia, preliminare e minima affinché possa essere generativo di relazioni buone e partecipazione più consapevole all’opera della creazione. Si tratta, invece, di condizioni ancora da raggiungere, condizioni la cui negazione non può lasciare nessuno indifferente”.
A conclusione, la citazione del documento della “Commissione episcopale per la Pastorale sociale, del lavoro, giustizia e pace”, “Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza”, 2025: “La tutela, la difesa e l’impegno per la creazione di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, costituisce uno dei segni tangibili di speranza per i nostri fratelli, come Papa Francesco ci ha indicato nella Bolla di indizione dell’Anno giubilare (cf. Francesco, “Spes non confundit”, 12)”. “Ecco un segno ed un frutto possibile del giubileo – la sottolineatura del Vescovo -: impegnarsi per un lavoro a servizio della persona umana”.