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L'incontro: lasciamo spazio agli adolescenti

Riuscita serata con Alberto Pellai ed Enrico Galiano, promosso dalla Fondazione Zanetti a Treviso

Cinquecento persone e molte in lista di attesa per assistere, nell’ultimo giorno con le disposizioni per l’emergenza pandemia, alla serata organizzata giovedì 31 marzo, da Fondazione Zanetti “Cuori nella tempesta”, con la partecipazione di due nomi eccellenti nel campo educativo, Alberto Pellai, psicoterapeuta e scrittore, ed Enrico Galiano, insegnante e scrittore, moderati dalla giornalista Valentina Calzavara.

“C’è molto bisogno di condividere e di confrontarsi - ha portato il suo saluto la direttrice di Fondazione Zanetti, Teresa Calabrigo, agli intervenuti, maggioranza donne, nell’auditorium della Fondazione Cassamarca a Treviso -, soprattutto sul periodo della preadolescenza e adolescenza. Fondazione Zanetti promuove nel territorio questi incontri per ragazzi, genitori e insegnanti proprio per offrire possibilità di dialogo e cercare di capire i bisogni”.

Viviamo un presente sospeso e un futuro incerto, duro per tutti, ma soprattutto per i più giovani. Quelli che stanno già vivendo un periodo difficile che Alberto Pellai ha chiamato, in un suo fortunatissimo libro, “L’età dello Tzunami. Come sopravvivere a un figlio pre-adolescente”. “Mi sarebbe piaciuto chiamarla «l’età della brezza gentile»”, ha ironizzato il noto psicoterapeuta, autore di una seguitissima rubrica di consigli su Famiglia Cristiana. Ma non sarebbe stato veritiero per i molti genitori, nonni, insegnanti che anche in questa serata cercavano delle risposte a come stare accanto “a quei giovani che ci diventano improvvisamente sconosciuti. Vediamo il fuori di loro che cambia ogni giorno a una velocità impressionante. Un’età di trasformazioni che produce molto caos”. Quella stessa trasformazione che avviene anche nella loro mente, con una parte emotiva che esplode, da 0 a 100 subito, con una potenza incredibile che deve in questa fase “evolvere, siamo nell’età evolutiva”.

E gli adulti? “Dobbiamo supportare questa energia, buttare uno sguardo a ciò che fanno, chiedere loro di pensare un po’ prima di agire. Stare lì, non tanto lontano da loro, magari in uno sgabuzzino quando fanno una festa. A 17/20 anni vedi che si sono realizzati, arriva l’adultità, se sono stati allenati alla vita, se nel percorso di crescita hanno avuto la possibilità di fare tutti gli allenamenti”. Ecco cosa è mancato, tremendamente, in questi due anni, “fare tutti gli allenamenti”, proprio “nell’età sospesa in cui non sai che direzione darle”.

E in questi “cuori nella tempesta” gli insegnanti sono immersi appieno e ancor di più per la ricorrenza del fenomeno, “siamo abituati al passaggio dall’adorante alunno di prima media, al «che cosa vuoi tu da me» pochi mesi dopo”, spiega l’insegnante pordenonese Enrico Galiano, autore, tra gli altri best sellers, di “L’arte di sbagliare alla grande”, in cui ha deciso per la prima volta di sfatare il mito della perfezione e svelare a tutti errori e scelte azzardate. “Noi siamo molto bravi a parlare degli adolescenti, ma non a lasciar parlare loro” e così Galiano ha dato lettura di alcuni scritti raccolti tra i suoi studenti di terza media. E sono stati una stilettata nel cuore di molti dei presenti: è emersa tutta la tristezza, la rabbia, il dolore, la sofferenza vissuti in questi due anni, in cui loro sono stati “zitti e buoni”, come cantano i Maneskin, quando invece c’era bisogno di fare l’esatto contrario.

Ma a che prezzo non hanno dovuto fare rumore perché fuori c’era già il caos? “Anche la scuola è mancata tantissimo - ha denunciato Galiano che nella scuola lavora -. Abbiamo pensato a lezioni, verifiche, compiti, interrogazioni e non a fermarci e a chiedere loro «Come stai?». Anche io insegnante sono qui con te e soffro. Potevamo chiedere ai giovani di avere un ruolo attivo durante la pandemia. E invece li abbiamo relegati in camera”. Questo - aggiunge Galiano - è “il tempo della ri-abilitazione, come un atleta che si è fermato per infortunio, ora ha diritto di riappropriarsi di esperienze che devono essere prima di tutto relazionali, nel gruppo dei pari”. E ritornare in quelle realtà in cui dopo due anni non vogliono più andare, ha indicato Pellai: scout, teatro, parrocchia, associazione sportiva.

Quando ci dicono non voglio più fare quello, dobbiamo assecondarli solo se al posto di quello c’è qualcos’altro, non il nulla. Diamo una spinta a chi ha perso in questi due anni l’energia, favoriamo il possibile contatto tra famiglie, assumiamoci il rischio, perché è impossibile vivere a rischio zero. I ragazzi con il nostro aiuto devono uscire dalla paura”. Anche dimostrando loro la nostra fragilità che è un modo per trasmettere più forza.

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