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Fiume Sile: rischio siccità e inquinamento
Firmato l’accordo fra i Comuni rivieraschi per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi
Un nuovo accordo per la pulizia dai rifiuti e la manutenzione del fiume Sile. E’ quello firmato venerdì 1 luglio da nove sindaci di altrettanti Comuni lambiti dal corso d’acqua insieme all’ente Parco Sile, consorzio Priula, Contarina, consorzi di bonifica Piavesella e Acque risorgive, gestori delle centrali idroelettriche Sied ed Enel green power srl.
L’accordo prevede la riattivazione e la gestione condivisa dell’impianto sgrigliatore di Silea, collocato all’altezza della centrale elettrica e ormai in disuso da oltre vent’anni. A questo scopo la Regione Veneto ha stanziato 97 mila euro. I costi di gestione e dello smaltimento dei rifiuti solidi intercettati e raccolti, si aggirano intorno ai 200 mila euro l’anno, che saranno ripartiti fra Comuni ed enti firmatari. Al momento le Amministrazioni che hanno sottoscritto l’accordo sono quella di Treviso, capofila del progetto, Casale sul Sile, Casier, Istrana, Morgano, Quinto di Treviso, Roncade, Silea, Vedelago, A breve, si unirà alla cordata anche Quarto d’Altino, anche se appartenente alla città metropolitana di Venezia.
Il progetto “Sile nostro” nasce nel 2013 attraverso un tavolo di concertazione istituito dalla Prefettura. L’assessore ai Lavori pubblici dell’epoca, Ofelio Michielan, aveva investito molto nella progettualità e ha passato con orgoglio il testimone al suo successore, Sandro Zampese, che la coordina oggi. Al tavolo siedono, oltre ai soggetti già citati, anche Genio civile di Treviso e Venezia, Provincia di Treviso, Arpav, Protezione civile provinciale e vigili del fuoco.
Lo sgrigliatore fermerà i rifiuti solidi galleggianti e impedirà che questi arrivino al mare, inquinando ulteriormente le acque dell’Adriatico. Questi rifiuti verranno poi smaltiti da Contarina, contribuendo a migliorare la qualità dell’acqua del Sile. L’attività di recupero di rifiuti galleggianti dalle acque del fiume nei nove Comuni coinvolti è già in corso dal 2015, e in questi sette anni ha contribuito alla rimozione di oltre 20 mila chili di rifiuti. Lo sgrigliatore, invece, di proprietà della Regione Veneto, è stato in funzione solo dal 1998 al ’99, ma nel periodo di funzionamento ha permesso di raccogliere circa 1.500 tonnellate di rifiuti, il 91% di origine vegetale, proveniente da sfalci. Ora l’obiettivo è quello di riattivarlo entro la fine dell’anno.
Le acque del Sile, tuttavia, non sono minacciate solo dai rifiuti solidi. Siccità, batteri e agenti chimici compromettono il fiume. Il 2 luglio Legambiente Treviso ha presentato i risultati dei campionamenti effettuati lo scorso maggio. Sebbene le analisi effettuate da Arpav rilevino una situazione migliorata rispetto all’anno scorso, sono presenti ancora diverse criticità. La concentrazione di escherichia coli, batteri fecali, che permette di verificare lo stato di depurazione delle acque, in un punto di rilevazione sui cinque di monitoraggio, a Santa Cristina, supera il valore di guardia dei 1000 mpn per 100 ml. Inoltre, è stata rilevata la presenza di ftalati e glifosate. Il glifosate è un erbicida di sintesi utilizzato da circa 40 anni in maniera massiccia in agricoltura, mentre gli ftalati sono una famiglia di sostanze chimiche riconducibili alla degradazione delle plastiche. Secondo Arpav lo stato chimico del fiume è comunque buono, a parte per il superamento della media annua di pfos, acido perfluoroottansolfonico, un composto chimico derivante da processi industriali.
“I dati di quest’anno - ha commentato Piero Decandia, direttore di Legambiente Veneto - sembrano indicare una situazione migliore rispetto a quella della scorsa edizione: le acque risultano essere meno inquinate da escherichia coli. Va considerato, però, il momento di grave siccità che potrebbe portare i depuratori ad avere meno perdite e la rete idrica secondaria a condurre meno reflui zootecnici. Il problema della depurazione a Treviso non è superato e resta l’urgenza di interventi rapidi da parte degli amministratori locali, che devono coordinarsi per raggiungere l’obiettivo comune di tutelare l’ecosistema lungo tutta l’asta del fiume”.
E proprio nella scarsità di acque il presidente di ente Parco Sile, Arturo Pizzolon, vede un nuovo pericolo inquinamento: “Anche le falde acquifere si stanno abbassando, dai consueti 180-220 cm ai quasi tre metri di oggi - ha spiegato - e questo comporta un abbassamento del livello dell’acqua del fiume, che sta soffrendo la siccità, sebbene sia meno in pericolo rispetto ad altri corsi d’acqua che non ricevano apporto dalle montagne. Per gli animali il momento peggiore è passato, perché è terminato il periodo della nidificazione, oggi è necessario tenere d’occhio la concentrazione degli scarichi, perché se diminuisce la portata d’acqua le sostanze inquinati potrebbero essere meno diluite. Per ridurre l’impatto stiamo studiando alcune soluzioni con il consorzio di bonifica Piave, vorremmo sfruttare alcuni vecchi canali utilizzati per l’irrigazione e dai quali non viene al momento prelevata tutta l’acqua, e riportarli a confluire nel Sile, per alzarne la portata a monte e ridurre l’impatto della siccità.