venerdì, 26 luglio 2024
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Corpus Domini: Dio si fa corpo nel nostro corpo

Quel pane e quel vino creano relazioni e la possibilità di diventare Chiesa

Dio, colui che ha un volto che ci sorprende sempre. Dio, che domenica scorsa abbiamo celebrato, con sorpresa meraviglia, ben più ricco e vario e creativo di quanto sappiamo immaginarcelo: Padre, Figlio, Spirito Santo, relazione d’Amore senza misura e pentimenti. Dio oggi vuole fare festa con noi “diventando corpo” nella nostra “carne mortale”. Lo ha fatto in Gesù, nella concretezza della sua vita, nel suo sudore e nel suo sonno, nel suo lavorare e nel suo riposare, nei suoi passi di incontri e di relazioni, nei suoi gesti di misericordia, di accoglienza, di guarigione... nella sua morte crocifissa, e nella sua risurrezione.

Una presenza che rimane a donare vita

E Gesù, pur ritornando “nei cieli, alla destra del Padre”, ha voluto rimanere presente accanto ai nostri passi, fin dentro i nostri giorni: “Io rimango con voi tutti i giorni, fino al compimento del mondo” (Mt 28,20). Rimane nella sua Parola, che continua a essere annunciata. Rimane, come ci rivela il brano del Vangelo di questa domenica, “nel pane e nel vino” che lui condivide con noi nell’Eucaristia che celebriamo.

Rimane con un “comando”, che nella celebrazione continuiamo a ricordare: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1Cor 11,24). E quel che ci chiede di fare è “prendete e mangiate, prendete e bevete”. Cioè nutrirci, dissetarci, ricevere vita donata attraverso i gesti più legati alla vita, quelli dello sfamarsi, del dissetarsi. Tutto ciò accade a tavola, a una tavola rituale, la tavola della Pasqua, nella quale si condivide la gioia di un’alleanza di vita “ri-sorta”, “rimessa in piedi”, dalla schiavitù alla libertà.

Nutriti da Gesù / Dio - salva

Quel corpo, quella vita che altri vogliono “consegnare” alla morte (appena prima viene ricordata la scelta tragica di “colui che lo consegnerà”), Gesù lo dona per generare vita. La parola da lui pronunciata sul pane, e ancor più sul calice, “rivela ciò che accade tra il donatore e i destinatari. Crea una nuova relazione tra colui che dona e coloro che ricevono” (J. Delorme). E questa è relazione di vita che supera perfino la morte: lui berrà di nuovo del “frutto della vite” come “vino nuovo nel Regno di Dio”. Lo stanno per eliminare dalla vita, dalla storia, lui vede più in là, e vuol far partecipare i suoi a quella “vita oltre” la tragedia che sta per investirli. Propone loro un pasto, un’occasione che nutre e fa crescere la vita, vita di relazioni che supera anche i tradimenti, le ferite, le morti che attraversano i nostri passi. Il modo che questo testo evangelico ci consegna, per rimanere in relazione con Gesù, è un pasto “che sta sulla soglia tra i pasti della terra e quello del Regno, il pasto di frontiera, quello del passaggio, in corso per Gesù e in speranza per i suoi compagni” (J. Delorme).

Un pane da mangiare, un vino da bere, e di cui ringraziare

E’ chiaro, allora, che quel pane è condiviso per essere mangiato, come è proprio del pane, che quel vino è donato per essere bevuto, come la sua natura chiede. E’ uno sfamarsi, dissetarsi con un dono donato, non strappato a un altro con voracità di rapina. E’ gesto da compiere che fa nascere altri gesti, è accoglienza di doni di vita che fa nascere altre scelte di condivisione e di dono. Che fa nascere anzitutto “eucaristia”, ovvero, letteralmente, “rendimento di grazie”: riconoscimento di un bene che ci viene gratuitamente offerto, di una vita che diventa efficace nella nostra vita, riconoscimento che è riconoscimento di chi ce lo dona, Gesù/Dio salva. E del Padre, che ci dona Gesù. E dello Spirito Santo, che rende possibile continuare a ricevere questo dono da parte di tutti coloro che lo accolgono. E’ riconoscere che Dio si fa corpo nel nostro corpo.

La responsabilità di un pane e di un vino accolti e condivisi

Che ne facciamo di quel pane e di ogni altro pane? Di quel vino e di ogni altro “frutto della vite”? Rimangono preda di competizione feroce o siamo capaci di renderli sempre più occasione di condivisione, di rendimento di grazie per una vita continuamente chiamata a risorgere da ogni morte? Occasione di incontri con altri, con la fame e la sete e il desiderio di altri, offerta di vita, di tempo, di ascolto, di compagnia, di servizio, di gioia,di serenità...

Quel pane e quel vino (questo pane, questo vino) sono dono del corpo della vita intera di Gesù. E creano relazioni prima di tutto tra coloro che condividono quel pasto, quella celebrazione dell’eucaristia, creano comunità nella convivialità. Creano relazioni che fanno crescere nella misericordia, nella riconciliazione, nel sostegno reciproco. Creano possibilità di diventare “Chiesa”, persone che “rispondono alla chiamata” a riconoscere in Gesù colui che ci dona vita risorta. Che ne facciamo allora anche di questo corpo nutrito dal suo corpo, questo corpo che è incontro e comunione di varietà di volti, di cammini, di storie? Di questo corpo che condivide ricchezze di doni e di ministeri a servizio del Regno di Dio, che continua a venire nei segni piccoli e grandi di dono e di vita?

A noi la risposta, sempre fragile e provvisoria, ma sempre nutrita dalla vita stessa di Dio, dal suo stesso corpo.

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