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Morte cardiaca improvvisa: nonostante il risalto mediatico, i numeri sono in costante diminuzione
I casi di morte cardiaca improvvisa sono in leggero, ma continuo, calo. A confermarlo è il dottor Salvatore Saccà, primario di Cardiologia all’ospedale di Mirano (Ulss3 Serenissima), tra i maggiori esperti a livello nazionale e, oltretutto, fresco di nomina (giusto l’anno scorso) a cavaliere della Repubblica, per i successi nella sua attività professionale.
I dati offerti dalla Relazione socio sanitaria della Regione del Veneto parlano di 5.890 eventi di infarto miocardico acuto (nel 70% dei casi uomini) e 8.102 ictus (51% uomini) nel 2023, mentre nel 2015, otto anni prima, erano rispettivamente 6.737 e 9.406. I casi, dunque, non sarebbero in aumento, ma c’è chi sostiene che tra le cause di queste morti improvvise ci siano i vaccini contro il Covid.
Il vaccino non c’entra
Il vaccino non c’entra minimamente. La morte cardiaca improvvisa è una patologia ben conosciuta e, ultimamente, è molto più mediatica, ma, di fatto, meno presente, anche grazie alla diagnostica molto più accurata e alla prevenzione. Semmai, durante la pandemia abbiamo registrato un aumento di infarto tardivo, probabilmente legato al fatto che chi aveva dei sintomi non si è presentato tempestivamente in pronto soccorso, per paura del contagio. I commenti che “piovono” sui social sotto le notizie di una morte improvvisa sono senza fondamento.
Sicuramente l’opinione pubblica è più scossa e, quindi, il caso è più “mediatico”, soprattutto se la morte improvvisa vede coinvolte persone giovani, persino bambini. Come si spiega?
Nei giovani sotto i 35-40 anni le morti cardiache improvvise sono legate a cardiomiopatie ereditarie o alle cosiddette canalopatie, cioè alterazioni delle membrane cellulari che riconoscono alcune tipologie di malattie, come la sindrome del qt lungo congenito, o la sindrome di Brugada, oppure la cardiomiopatia ipertrofica e la aritmogena. Inoltre, ci sono malattie infiltrative sistemiche, come la amiloidosi e la sarcoidosi, che possono sfociare in morte cardiaca improvvisa. Si tratta, sostanzialmente, di forme ereditarie.
La cronaca riporta casi di morte improvvisa in persone che fanno sport, magari proprio durante una competizione. Qual è il legame?
Durante un’attività sportiva agonistica da un lato abbiamo un importante sforzo fisico, dall’altro una scarica energica e un livello di catecolamine (tra cui l’adrenalina, ndr) elevato, per cui se l’atleta ha una forma di cardiopatia non riconosciuta le conseguenze possono essere gravi. Qui in Italia è molto raro, perché sugli atleti facciamo uno screening sempre molto attento, che va dal test sotto sforzo alla risonanza magnetica e alle tac coronariche, fino a eventuali test genetici. A volte, purtroppo, ci sono forme misconosciute di patologie talmente larvate che solo in determinate condizioni si verificano e sono, a volte, totalmente imprevedibili.
Sempre la Relazione sopracitata riporta che le morti improvvise sono sensibilmente più presenti in soggetti dai 75 anni in su, con un picco dopo gli 85 anni. Di che tipo di patologie parliamo invece per le persone in questa fascia d’età?
Negli adulti sopra i 40 anni sono cardiopatia ischemica, infarto miocardico acuto e scompenso cardiaco le forme responsabili di morte cardiaca improvvisa.
Come si può fare prevenzione?
Le probabilità di morte cardiaca improvvisa sono molto basse, se non ci sono casi in famiglia, per cui, come abbiamo detto, la genetica e la familiarità sono importanti: se c’è stato un caso in famiglia conviene che tutti si facciano una visita cardiologica di base ed, eventualmente, uno screening completo, fino anche ai test genetici, nel caso sorgano dei dubbi. Le malattie che possono causare morte improvvisa hanno forme ereditarie che, con adeguato screening, possono essere riconosciute e diagnosticate, e, quindi, molte volte trattate. La sfida del futuro è di sfruttare queste conoscenze e fare una prevenzione sistematica, quando abbiamo dubbi particolari, affinché la morte improvvisa sia un evento sempre più raro e meno imprevedibile. Sulla genetica non si può influire, ma si può intervenire su tutti i fattori di rischio che influiscono sulla formazione della placca arterioscletorica, che nella maggior parte del casi è responsabile dell’infarto miocardico, dell’ictus o di tutte le altre patologie arterioscletoriche. I fattori di rischio sono noti: fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa, diabete mellito, livelli di colesterolo. Il consiglio è sempre quello di fare una vita sana, con attività fisica moderata, poiché la sedentarietà influisce sulla malattia arteriosclerotica, inoltre è bene seguire un’alimentazione corretta.



