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Pakistan: confermata la condanna a morte per Asia Bibi. Paul Bhatti: triste, ma c'è una speranza

Dopo cinque rinvii, l’Alta corte conferma la pena capitale per la madre cristiana, simbolo della lotta alla blasfemia. I legali annunciano ricorso alla Corte suprema, ultimo grado di giudizio. Vescovo di Islamabad: decisione straziante, appello alla preghiera. Domenica 19 iniziative di solidarietà nel Paese.

L'Alta corte di Lahore ha confermato oggi in appello, al termine di un'udienza durata alcune ore, la pena capitale comminata in primo grado ad Asia Bibi, madre cristiana di cinque figli a processo per blasfemia e da anni nel braccio della morte. La società civile pakistana manifesta preoccupazione per il

L'Alta corte di Lahore ha confermato oggi in appello, al termine di un'udienza durata alcune ore, la pena capitale comminata in primo grado ad Asia Bibi, madre cristiana di cinque figli a processo per blasfemia e da anni nel braccio della morte. La società civile pakistana manifesta preoccupazione per il verdetto - giunto al termine di almeno cinque rinvii nei mesi scorsi - ed esprime solidarietà; attivisti e organizzazioni pro diritti umani in tutto il mondo chiedono giustizia per la donna, diventata simbolo della lotta contro la famigerata "legge nera" in Pakistan. Ora gli avvocati annunciano il ricorso alla Corte suprema, terzo e ultimo grado di giudizio, dove auspicano che la sentenza possa essere ribaltata. 

Asia Bibi, dal novembre 2010 condannata a morte e da allora in regime di isolamento per motivi di sicurezza, è da tempo un simbolo della lotta contro la blasfemia. Per averla difesa, nel 2011 gli estremisti islamici hanno massacrato il governatore del Punjab Salman Taseer e il ministro federale per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, cattolico. La comunità cristiana pakistana ha promosso giornate di digiuno e preghiera - cui hanno aderito anche musulmani - per la sua liberazione.

Nella sentenza di condanna, il giudice ha ritenuto valide le accuse delle due donne musulmane che hanno testimoniato sulla presunta blasfemia commessa da Asia.

Interpellato da AsiaNews l'avvocato Naeem Shakir, uno dei legali della donna, spiega che "i giudici hanno ascoltato le arringhe difensive e la requisitoria finale, aggiornando il procedimento". Tuttavia, poco dopo è stata diffuso il verdetto scritto in cui "è stata confermata la condanna a morte". Il vescovo di Islamabad/Rawalpindi Rufin Anthony parla di "decisione straziante" dei giudici e lancia un appello ai fedeli di tutto il mondo, perché "si uniscano alla preghiera per Asia Bibi e le altre vittime di blasfemia". P. Asher James, sacerdote dell'arcidiocesi di Lahore, annuncia per "domenica 19 ottobre eventi e iniziative di solidarietà" e invita "tutta la comunità a partecipare". 

Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Decine gli episodi di violenze, fra attacchi mirati contro intere comunità (Gojra nel 2009 o alla Joseph Colony di Lahore nel marzo 2013), luoghi di culto (Peshawar nel settembre scorso) o abusi contro singoli individui (Sawan Masih e Asia Bibi, Rimsha Masih o il giovane Robert Fanish Masih, anch'egli morto in cella), spesso perpetrati col pretesto delle leggi sulla blasfemia.

“Una notizia molto triste e dolorosa”, anche se “un po’ prevista”; “in ogni modo, io ho comunque ancora speranza, in quanto questa non è una fase definitiva: ci sono altre fasi in cui si può fare ricorso”. Con queste parole Paul Bhatti, leader dell’Apma (All Pakistan Minorities Alliance, che da sempre si batte in difesa delle minoranze religiose) e fratello dell’ex ministro pakistano per le minoranze, Shabbaz, ucciso dagli estremisti, commenta a Radio Vaticana la sentenza di condanna a morte per Asia Bibi, la donna cristiana accusata di blasfemia e condannata in primo grado nel 2010, confermata oggi dall’Alta Corte di Lahore, in Pakistan. Bhatti guarda ora all’appello alla Corte suprema, convinto che “questo darà una speranza e forse una soluzione al problema”, dal momento che “fino ad ora nessuno è stato condannato a morte dalla Corte per questa legge”. Il leader dell’Apma osserva come, in Pakistan, la giustizia sia spesso “influenzata dai gruppi estremisti” ed è scettico circa una possibile azione a livello internazionale (“Penso che le mobilitazioni a livello internazionale per Asia Bibi non servano a far pressione sul governo”); piuttosto, “serve un gruppo di avvocati che possa gestire, discutere e portare alla Corte delle prove nuove, perché anche se queste due sorelle hanno testimoniato contro Asia, ci sono tanti altri punti da cui lei potrebbe essere prosciolta”.

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