Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Uova dal gusto amaro
La denuncia di Andrea Mecozzi, fondatore di ChocoFair, rete di produttori, cooperative e trasformatori, volta a garantire un approvvigionamento sicuro e tracciabile di cacao di qualità: "I produttori africani di cacao sfruttati dalle multinazionali. Per un uovo di cioccolato fondente al contadino va meno di un centesimo di euro"

Il cioccolato ha un retrogusto amaro per milioni di lavoratori africani, mentre sulle tavole di almeno 7 famiglie italiane su 10 per Pasqua – malgrado la crisi sanitaria ed economica – non mancheranno le uova di cioccolato. Non è una questione di materia prima, ma di sfruttamento. Le grandi industrie alimentari si sono rifiutate di pagare per il cacao della campagna 2020-21 un prezzo più dignitoso, adducendo come motivazione la crisi legata al Covid-19.
Il prezzo attuale in borsa è di 2 euro e 30 centesimi al chilo per le fave di cacao, ben diverso da quello che troviamo in negozio. In una disputa come questa, i consumatori possono dire la loro, ovvero mostrare coi loro acquisti da che parte stanno. A cominciare dal leggere con attenzione le etichette dei prodotti, per approfondire poi la filiera di produzione.
Marchi e certificazioni possono infondere nel consumatore l’idea che il prodotto che sta comprando sia, sotto i profili etico e ambientale, privo di macchia. Non sempre è così. Persino le organizzazioni umanitarie, che vendono uova per scopi benefici, spesso usano il cioccolato industriale che alimenta lo sfruttamento dei lavoratori e la deforestazione.
Per capire meglio la filiera del cacao, abbiamo intervistato Andrea Mecozzi, fondatore di ChocoFair, una rete di produttori, cooperative e trasformatori volta a garantire un approvvigionamento sicuro e tracciabile di cacao di qualità, creato nel rispetto della terra e delle persone.
Anche quest’anno per Pasqua si prevede la vendita di migliaia di tonnellate di uova di cioccolato. I prezzi per i consumatori si attestano tra i 26 e i 30 euro al Kg per il cioccolato industriale. Qual è invece il prezzo per i produttori?
Premetto che un prodotto di qualità, trasformato in Italia o Francia con cacao da filiera tracciata (Bio, Premium o Equosolidale) e di profilo aromatico superiore, non costa meno di 45 euro al chilo e può arrivare tranquillamente a 120. Posto ciò, un produttore della Costa d’Avorio riceve circa 1.000 Franchi Cfa, ovvero 1,52 euro al Kg per le proprie fave di cacao. Da un chilo di fave di cacao si ottengono 780 grammi di massa di cacao o 390 grammi di burro di cacao.
Quali sono le principali aree di produzione del cacao?
La produzione di cacao è assorbita per il 78% dai paesi dell’Africa Occidentale. Su una media annua mondiale di 4 milioni di tonnellate, la Costa d’Avorio ne produce circa 2 milioni, il Ghana 650mila e il Camerun 250mila; poi a ruota Togo, Nigeria, Sierra Leone, Congo e Sao Tomé. Il resto della produzione proviene in gran parte da Indonesia, Ecuador, Brasile e Papua Nuova Guinea.
Fino a qualche anno fa l’“Oro bruno” ha garantito prosperità ai Paesi produttori. Il 90% del mercato del cacao è però in mano a sole tre grandi multinazionali, che hanno fatto cartello per abbassarne il prezzo a scapito dei produttori...
Il cacao è una coltivazione che in Africa è stata portata dai colonizzatori europei dal Sudamerica, dove la pianta nasce nei bacini fluviali che vanno ad alimentare il Rio delle Amazzoni. A partire dagli anni ‘60 del ‘900, la Costa d’Avorio ha moltiplicato le aree a coltivazione “cacaotera”, facendo di questa materia prima la fonte per la creazione di infrastrutture, scuole, ospedali e tutto l’apparato statale nato dalla decolonizzazione francese. Ciò ha creato uno squilibrio a fine anni Novanta, quando la crisi economica innestata dall’ideologia neoliberista ha spinto il Governo ivoriano a liberalizzare la catena di filiera cacao, mettendo l’export del cacao ivoriano in mano a 3 multinazionali. Questa anomalia ha fatto sì che un sistema nato come monopolio statale per finanziare opere pubbliche, sia diventato un oligopolio privato, che finanzia multinazionali straniere e mette sul lastrico i contadini ivoriani.
Quanto guadagnano in media gli oltre 3 milioni di coltivatori ivoriani e ghanesi al giorno?
Una famiglia agricola ivoriana o ghanese, con almeno 8 ettari di campagna, ha un reddito pro-capite di circa 1.000 euro all’anno. I dati di settore indicano che il consumo di cioccolato è in crescita, soprattutto in Europa, dove la media pro-capite è di 8 chili all’anno.
Su un uovo di cioccolato industriale da 100 grammi, il cui prezzo di vendita al supermercato si aggira sui 4 euro, quanto va in tasca all’agricoltore africano?
Il calcolo è facile, se l’uovo è fondente e quindi c’è almeno il 50% di parte cacao, sono 50 grammi di massa di cacao, per cui servono 60 grammi di fave di cacao. A un prezzo pagato di 1.52 euro al chilo, alla famiglia del contadino va neanche un centesimo di euro.
Come mai siamo così ghiotti di cioccolato?
L’Italia, per 400 anni, è stata la culla della cioccolata di alta qualità: Firenze e Venezia, nel 1606, venivano descritte dai cronisti spagnoli (che all’epoca erano tra i pochi che potevano consumare cioccolata), come le due città dove la cioccolata era di eccellente gusto e sapore, diversa da tutte le altre zone dell’Impero spagnolo. L’Italia, però, a fine ‘800 ha perso il treno dell’industrializzazione del cioccolato solido, perché la nostra borghesia ha sviluppato il consumo del caffè. Ciò ha fatto si che la grande conoscenza dei tantissimi tipi di cacao e delle variegate ricette di cioccolata italiane si siano perse nelle nebbie della storia e che le nostre conoscenze sul prodotto siano state plasmate sulla mediocrità del cioccolato standardizzato di stile nord-europeo, che nulla ha a che vedere coi nostri palati.
Quindi, possiamo dire che le uova di cioccolato non sono tutte uguali: una questione non solo di gusti, ma anche di giustizia e di sostenibilità. Come scegliere?
Il cioccolato è come tutti gli altri alimenti, ci sono tanti tipi e tante qualità.
I laboratori artigianali producono uova di sapore superiore, non confondibile con i prodotti standardizzati, biologici e di filiera sostenibile. Inoltre, restando in tema di cacao, oggi ci sono in Italia tanti gelatieri italiani, e nello specifico veneti e siciliani, che hanno ricominciato a produrre il gelato al cioccolato dalla massa di cacao e non dalla polvere, che è uno scarto. Il gelato artigianale italiano sta diventando il volano dell’accesso dei produttori di cacao africani a un mercato diretto ad alto valore aggiunto. E’ la qualità che può cambiare le cose nella catena del cacao, e soprattutto è solo la qualità che può bloccare lo sfruttamento ambientale e tutelare la salute dei consumatori, che con questa pandemia hanno ben compreso quanto tutto ciò sia molto importante.