Il Governo Netanyahu
In questo, il Governo di Benjamin Netanyahu, tenuto sotto scacco dalla destra estrema,...
 
 “Un’esperienza unica, realmente di comunione, tra persone di 71 Paesi differenti”. Il cardinale Adalberto Martínez Flores, arcivescovo di Asunción, primo paraguagio a essere nominato cardinale, è consapevole di aver vissuto, dal di dentro, giorni storici.
C’era anche lui, dunque, tra i 133 elettori entrati in Sistina e, qualche giorno dopo, lo accogliamo nella redazione della Vita del popolo, essendo venuto a Treviso per incontrare i diversi trevigiani, sacerdoti e cooperatrici pastorali, che sono stati in missione nel Paese sudamericano, nella diocesi di San Juan Bautista de las Misiones.
Il cardinale Martínez, senza entrare nei particolari del Conclave e delle Congregazioni che l’hanno preceduto, ci fa, però, capire, l’ampiezza e la profondità con cui i cardinali, provenienti da così tante parti del mondo, hanno discusso. Tanto che è forte l’orientamento per tenere, una volta all’anno, un incontro tra tutti i porporati, in vista di una sempre maggiore collegialità della Chiesa. “L’orientamento è emerso - confida l’arcivescovo -. Naturalmente, non è facile che tutti riescano a spostarsi a Roma nello stesso periodo, e perciò abbiamo ipotizzato che questo incontro annuale sia previsto anche in modalità virtuale, come ci siamo, ormai, abituati a fare”.
Nei giorni delle Congregazioni, prosegue, “abbiamo fatto molte riflessioni, a partire dall’eredità di papa Francesco. La sua morte ci ha addolorato, e la gran parte degli interventi è stata nel senso di una continuità con il suo magistero così ricco, è stata data centralità all’evangelizzazione e alla comunione nella Chiesa. E abbiamo chiesto, appunto, che il nuovo Papa lavori più a stretto contatto con il Collegio cardinalizio”.
Quindi, l’ingresso in Conclave: “Si è trattato di un’esperienza unica, soprattutto di preghiera. Il risultato è stato un’elezione molto concorde, non abbiamo dato retta alle notizie su divisioni e cordate. Il cardinale Prevost, per il suo incarico precedente, era molto conosciuto dai vescovi, e i suo nome ha preso forza velocemente. Io ne sono stato molto contento. Lo avevo conosciuto in occasione dell’incontro della Pontificia Commissione per l’America Latina, di cui faccio parte, e che lui presiedeva. La nostra continuerà a essere una Chiesa «samaritana», povera, inginocchiata. Ho apprezzato anche la scelta del nome di Leone, che rivela una particolare attenzione al tema sociale e allo sviluppo umano integrale”.