Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
“Tu sei il Cristo!”. Ma quale?

Scelgo di commentare l’intero brano di Mt 16,13-27, che nella liturgia viene annunciato nelle due domeniche 21ª (27 agosto) e 22ª (3 settembre) del tempo ordinario anno A, per mantenere insieme alcuni riferimenti che aiutano a comprendere meglio il percorso proposto dall’evangelista. (d.B.B.)
La provocazione di Gesù ai discepoli relativamente alla sua identità è presente in tutti e tre i Vangeli sinottici, e per certi versi anche in Giovanni (cf. Gv 6,66-69); precede l’esperienza della trasfigurazione sul monte, che confermerà la sua identità profonda di Figlio di Dio.
Gli uomini e il «Figlio dell’uomo»
In Marco e Matteo il racconto è collocato nei dintorni di Cesarea di Filippo, prospera città verso il confine con il territorio di Tiro e Sidone, resa tale da Filippo, uno degli eredi di Erode il Grande. Forse vi è sotteso un riferimento a un confronto con i “grandi” di quel tempo. In effetti, Gesù chiede ai suoi, letteralmente, come «gli uomini» considerino lui, il «Figlio dell’uomo». E i nomi indicati dai discepoli rivelano che non lo hanno riconosciuto nel suo volto più autentico: un’identità che supera i pur importanti riferimenti a Giovanni il battezzatore, al grande profeta Geremia, rifiutato dai suoi, o addirittura a Elia, il capostipite dei profeti, che sarebbe dovuto ritornare per annunciare il Messia.
Pietro e gli altri discepoli e il “Figlio del Dio vivente”
Alla provocazione di Gesù, che coinvolge direttamente i discepoli, risponde Pietro a nome di tutti, confermando quanto già avevano proclamato sulla barca in tempesta (Mt 14,33): «Tu sei il Cristo, il Messia, il Figlio del Dio vivente». La figura di Simone - Pietro, in questo brano, è al centro nella sua ambivalenza quasi costitutiva, tra accoglienza della rivelazione del Padre e radicamento miope nelle proprie attese e progetti: incarna la complessità esistenziale di ogni discepolo, è davvero rappresentante di tutti noi.Non è il caso di affrontare qui la secolare questione relativa al compito di Pietro e alla sua continuazione nel ministero pontificio. Basti dire che il servizio dell’autorità nel contesto apostolico non può che far riferimento allo stile di Gesù, l’unico Maestro e Signore, che tale autorità l’ha incarnata fino alla morte e alla morte di croce, traducendola in servizio autentico di crescita per ogni uomo e donna. E’ lui l’unico capace di costruire, sulla “pietra” da lui trattata come “roccia”, una comunità in grado di resistere ad ogni alluvione di morte che possa traboccare dalle porte degli inferi.
Pietre fragili, costruzioni solide
E Pietro dimostra subito quanto fragile sia quella “pietra”: appena Gesù rende chiaro quale sia il suo futuro, quale sia il volto inatteso del Messia che lui incarna, Pietro si sente in dovere di “rimetterlo sulla retta via”, rimproverandolo con forza, ergendosi a suo custode. E’ lo sconcerto di fronte a un Messia che si rivela radicalmente diverso dalle attese sue e degli altri, è il timore di doverne condividere una simile sorte a farlo agire con tanta decisione. Ma Gesù con altrettanta forza lo rimanda al suo posto, l’unico posto di ogni discepolo, cioè “dietro” a lui. Altrimenti, se Pietro crede di metterglisi davanti, diventa satàn, l’Avversario, e la “pietra di fondazione” diventa “sasso d’inciampo” al cammino che Gesù intravede come conseguenza della sua fedeltà al Padre, verso il Regno più autentico, quello della misericordia e dell’amore senza condizioni.
Fidarsi di un cammino di vita, “dietro” a Gesù
E il cammino dietro a Gesù chiede ancora una volta una scelta di fede: fidarsi di lui, fidarsi che la sua decisione sia quella giusta per trovare la vita che il “Dio vivente” dona in pienezza. Smettendo di credere che mettere al centro noi stessi possa giungere a qualche risultato migliore del vederci la vita sfuggire tra le dita... Allora non si tratta di mortificazioni e di rinunce: si tratta, invece, di una scelta lucida e determinata, che ha riconosciuto in Gesù quel tesoro inatteso, quella perla preziosa, quella semente eccezionalmente abbondante capace di sostenere tutta la nostra esistenza. Decidere la relazione con lui come centrale, significa farla diventare criterio di scelta tra le altre relazioni: ci orienta a scegliere chi è più disgraziato, umiliato, disprezzato, coloro che portano le croci più pesanti in questa storia, diventandone solidali, agendo per un Regno di Dio che riconosca la dignità fondamentale di ciascuna e di ciascuno. Scegliere di amare, con larghezza e misericordia, come ha fatto lui, avendo accolto in noi il suo amore: questo ci renderà capaci di “trovare” la vita che oltrepassa perfino la morte. Fidandoci di lui che si fida di noi, della fragile natura della nostra «pietra», e che continuamente ci chiama a lasciarci da lui costruire in comunità in grado di reggere, insieme a tante altre “pietre”, la testimonianza del suo amore. Da soli, rischiamo che la “casa” nostra e di tutti rovini alla prima inondazione. Con lui, cresceranno relazioni capaci di condividere croci, di salvare vite, di guadagnare un futuro di pace e di bellezza al mondo intero.
SCHEDA ARCHEOLOGICA (vd. foto)
“Signore, dove vai? (Domine, quo vadis?)” è quello che Pietro chiese a Gesù in un’apparizione, mentre fuggiva da Roma per paura delle persecuzioni di Nerone contro i cristiani. “Vado a Roma perché mi crocifiggano di nuovo (Eo Romam iterum crucifigi)”, rispose il Signore, e allora Pietro comprese che doveva tornare indietro per affrontare il martirio. Su un rilievo conservato nella basilica di San Sebastiano si notano quelle che, secondo la tradizione, sarebbero le orme lasciate da Gesù sulla strada il giorno dell’apparizione a Pietro.