venerdì, 11 ottobre 2024
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Adolescenza ed educazione: quei bisogni di crescita

In tantissimi all’incontro con lo psicoterapeuta Alberto Pellai, promosso dalla Pastorale giovanile della città di Treviso

Quanto bisogno hanno, genitori, insegnanti, educatori di capire gli adolescenti di oggi, di essere aiutati a rapportarsi con loro, a capire come accompagnarli da un malessere tipico dell’età a un benessere che li porterà, poi, a scegliere la propria strada? Tanto, tantissimo. Ne è testimonianza la serata organizzata martedì 24 dalla Pastorale giovanile delle parrocchie cittadine, guidata da don Paolo Slompo, dal titolo “AdoleShare: riflessioni e alleanze per adolescenti a Treviso”. Ospite, nell’aula magna del liceo scientifico “Da Vinci”, il medico, psicoterapeuta, ricercatore e scrittore italiano Alberto Pellai. Un vero esperto, seguitissimo in ogni suo intervento. Molte persone non sono riuscite a entrare, altre si sono “accalcate” alle porte, per cogliere chiavi di lettura sui fenomeni sociali recenti, e sull’importanza di un’alleanza educativa allargata, che coinvolga l’intera società. Gli adulti hanno estremo bisogno di strumenti per sostenere i ragazzi nella crescita e consentire loro di allenarsi alla vita, in un contesto, come quello attuale, caratterizzato dall’estrema fragilità e dalla continua trasformazione. Erano presenti, tra gli altri, Mario dalle Carbonare, preside del Da Vinci, e l’assessora alla Politiche giovanili e alla Pubblica istruzione, Gloria Sernagiotto.

“Nessuno di noi è qui per caso - ha detto don Paolo -, siamo qui perché abbiamo a cuore degli adolescenti. La proposta di questa serata è nata in seno alla commissione della Pastorale giovanile delle parrocchie del centro di Treviso che, di fronte ad alcuni fatti di cronaca, si è interrogata e ha detto che non ci sta a considerare gli adolescenti solo come un problema da risolvere e da controllare. Abbiamo il dovere di guardare a questi atti vandalici, nessuno lo nega, ma abbiamo anche il dovere di interpretarli come un grido di aiuto che rivolgono a una comunità che loro meriterebbero adulta, che li accompagni, li sollevi, li incoraggi, ma che spesso scricchiola e fa fatica a tendere loro una mano bella e generativa”.

“Abbiamo davvero bisogno di diventare comunità educante - ha confermato Pellai - e di riflettere intorno ai bisogni di crescita dei nostri figli, dei nostri studenti. So benissimo, con quattro figli, cosa significhi incontrare le sfide evolutive che i nostri figli trasformano per noi, che siamo i loro genitori, in sfide educative. Mi sento anche io molto imperfetto, in continua ricerca di un dialogo e di una relazione con i miei figli, mi domando sempre qual è l’attenzione che serve a loro per diventare grandi. Ho maneggiato l’adolescenza negli ultimi 15 anni e penso che l’adolescenza di oggi, in termini di sfide, di compiti evolutivi, non sia cambiata in nessun modo rispetto a 40/50 anni fa; è un tempo della crescita, dove non sei considerato ancora un soggetto responsabile, non ti viene conferita la caratteristica della responsabilità , ovvero la capacità di dare risposte, ovvero è un tempo di tante domande in cui sei autorizzato a non saper fare, a non saper essere. E’ il mondo degli adulti che deve trasformare la zona in cui è l’adolescente in una sorta di palestra, in cui ci si allena alla vita: tanto più l’adulto sarà in grado di farti fare gli allenamenti che servono, tanto più tu, adolescente, svilupperai le abilità che servono, le life skills, le capacità di affrontare le sfide che la vita ti pone di fronte e, dentro a quelle sfide, di non frantumarti”.

Pellai si è soffermato anche a parlare della preadolescenza, il tempo più trascurato della crescita, a partire dai 10 anni, “chiamata età dello tzunami, di grandissima potenza energetica dal punto di vista emotivo. Significa essere molto vulnerabili, di fronte a tutto ciò che è piacevole, divertente, che fornisce eccitazione istantanea. Tutti i giorni è come andare sulle montagne russe. La sfida molto grande, per noi genitori, è di fornire gli stimoli giusti, nei diversi momenti della crescita, cosa che nella vita reale abbiamo cercato di fare con i nostri limiti, ma oggi siamo di fronte alla vita virtuale: i nostri figli hanno la possibilità di entrare in qualsiasi genere di esperienza e di territorio senza alcuna percezione del limite, senza nessun rispetto dei propri bisogni”. Così il loro mix di percepita potenza, di grande bisogno esplorativo e grande curiosità, oggi, viene più portato dentro la vita virtuale che in quella reale. “Siamo i primi genitori che si trovano a crescere figli che in parte usano, per l’allenamento alla vita, lo spazio della vita reale, e in parte lo spazio della vita virtuale, online. Nell’adolescenza devo avere a disposizione una palestra che mi dà le abilità e le competenze che ancora non possiedo, ma nello stesso tempo è l’occasione per mettere alla prova i miei talenti, per sperimentarmi nella mia abilità, di sentirmi capaci di agire, di lasciare un’impronta nel mio territorio di vita”. C’è sempre stato un potentissimo tiro alla fune con il mondo adulto, che se ieri era per il motorino, oggi è per lo smartphone. “Quando hai da 14 anni in su, il tuo mondo è fuori con i tuoi pari, con gli amici , invece - sostiene Pellai - qualsiasi terapeuta dell’età evolutiva ti racconta che gli adolescenti hanno una sociorelazionalità ridotta, sono molto più soli, fanno molto meno cose rispetto alla propria comunità. Trascorrono tantissime ore nell’ipeconnessione, appartengono a una community e non a una comunità di riferimento, in cui non ci sono amici, ma follower, e il mondo adulto è incarnato in soggetti che si chiamano influencer”. Che non sono certo interessati alla tua crescita, al tuo benessere, ma a farti partecipe della logica del “consumerismo” che genera insoddisfazione di fondo.

Un aspetto molto negativo è che, oggi, gli adolescenti hanno i peggiori indicatori di salute mentale degli ultimi cinquant’anni, e non perché non vogliono stare bene, ma il genere di offerta di vita, di ambiente che mettiamo loro a disposizione non è funzionale al loro star bene. “Dovendo darvi un’immagine, vi direi questo: un undicenne che vi chiede di andare in bicicletta a trovare il suo amico, al campetto, all’oratorio sta facendo una richiesta legittima per la sua età, la risposta che si sente dare spesso è «Ti accompagno io, troppo pericoloso». E’ quel tempo in cui si fanno le prove di autonomia che poi ti permettono di essere autonomo. Siamo oggi genitori «elicottero» che presidiano la situazione dall’alto, e in caso di avversità scendono e fanno l’elisoccorso”. Mettendo un’idea di fragilità nella crescita, che diventa strutturale.

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