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I domenica di quaresima: Desiderare e scegliere il primo passo

Gesù nel deserto: si confronta con il diavolo, ne esce annunciando il Vangelo del Regno di Dio

Ogni anno il cammino quaresimale verso Pasqua inizia con un tempo vissuto da Gesù nel deserto. Pur con le diversità tipiche dei tre vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca), vi sono alcune caratteristiche comuni: è lo Spirito Santo a far andare Gesù nel deserto, dove rimane quaranta giorni, si confronta con il diavolo, ne esce annunciando il Vangelo del Regno di Dio.

Nel deserto. La versione di Marco è la più concisa, non si racconta il tenore delle tentazioni, il confronto è con “l’accusatore” o “l’avversario” (=Satan), sono citate le bestie selvatiche, e gli angeli che si mettono al suo servizio. Il collegamento con l’evento narrato appena prima, il battesimo di Gesù, avviene attraverso un «e subito» che vede protagonista lo Spirito, disceso su di lui. La sua azione è descritta come energica e decisa: lo «spinge con forza». L’evangelista mette in pressante continuità i due eventi: l’esperienza del tutto singolare che Gesù fa nel battesimo, di relazione con il Padre, da Figlio amato; la “necessità” di un tempo nel deserto, in cui “sperimentare” la dura realtà di un mondo esposto al male, in cui è difficile vivere, e dentro al quale anche l’intera creazione (le bestie «selvatiche») patisce il disorientamento di una “selvatichezza” che mette a rischio una relazione armonica al suo interno e con Dio stesso.

Fino in fondo. Quaranta giorni dura quel tempo: il tempo di un’intera generazione, quella che non superò le “prove” dell’esodo dall’Egitto. E’ il tempo di tutta la vita di Gesù, a dire che quell’«essere spinto» nel deserto equivale a un confronto necessario e vitale che dura tutta la sua esistenza. Gesù è uomo fino in fondo, in lui Dio, fino in fondo, fa esperienza di quello che vuol dire «stare» in un mondo continuamente preda del male. Ed è provocatorio che in Marco non si dica esplicitamente che Gesù ha vinto quel confronto. Certo, il versetto conclusivo di questa esperienza rimanda a uno “stare” riconciliato, in cui non solo è superato il pericolo del divenire preda, ma lo stesso insieme più ampio del creato, gli «angeli», riconoscono che in Gesù si compie il sogno del Padre, e si mettono a servire la sua presenza, a servire quell’annuncio del Regno che immediatamente dopo si aprirà. Ma chi ascolta il racconto evangelico già conosce com’è andata a finire: è solo sulla croce che si compirà l’ultimo conflitto, dove viene ridotto «all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo» (Eb 2,14). Il Regno continua a germogliare fra le incerte sorti della storia umana e universale, virgulto che porta frutto fin nelle più avverse condizioni.

Gesù, fin da principio, e poi sempre, non cessa di confrontarsi con la realtà, così com’è, di un’umanità e una creazione continuamente minacciata. In se stesso si confronta con le ombre che tutti ci abitano, fin nel profondo, in se stesso si mette in ascolto delle selvatichezze che, impreviste, si agitano in noi e intorno a noi, e continuamente la sua scelta matura, matura la sua libertà, in una risposta al Padre che sempre più è esperienza di Figlio amato.

Una libertà che matura. La lettera agli Ebrei, già citata, offre il senso profondo dell’esperienza descritta nel testo che apre il cammino verso Pasqua: «proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Eb 2,18). C’è una concretezza del vivere che “mette a prova” o forse, con più acuta espressione, “provoca a maturare” la nostra libertà. Ed è singolare che, sempre nella lettera agli Ebrei, quel Gesù che «viene rafforzato» nel suo diventare uomo grazie alle esperienze umane della vita (Lc 2,52), così facendo divenga «in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio» (2,17). E’ proprio questo suo compiere interamente il cammino di ogni uomo e donna, dentro la fatica quotidiana di sempre fragile scelta, che lo rende “affidabile” (=degno di fede) in ciò che riguarda Dio, ovvero l’inesauribile e sempre sorprendente misericordia del Padre.

Scegliere di lasciarsi accompagnare. Quali conseguenze, allora, per il nostro cammino incontro a Pasqua, quest’anno? Innanzitutto, una consapevolezza che riaccende speranza: proprio dentro questo andare, di ombre e di rischio, proprio dentro il tempo quotidiano personale e di tutta l’umanità, Gesù/Dio-salva continua ad accompagnarci a maturare libertà di scegliere, nei fatti, la volontà di camminare dietro a lui. Senza lasciarci paralizzare dalla paura delle ombre, del male, dei rischi che la scelta di seguirlo ci apre davanti (e neppure dalla fragilità sempre presente nella nostra scelta). Questa è la prima necessaria condizione che richiede l’esperienza quaresimale appena al suo inizio: desiderare di camminare, e scegliere il primo passo, nel concreto dei passi quotidiani. La misericordia del Padre, la fedeltà del Figlio, l’energia dello Spirito porteranno a compimento, perfino oltre ogni nostro peccato, ciò che noi avremo consentito a iniziare.

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