Questo tempo particolare, che ci vuole preparare nella duplice attesa del Natale del Signore e del suo...
III domenica di Pasqua: Testimoni dell’incontro con il Risorto
Il terzo Vangelo ci propone un incontro con il Risorto particolarmente incisivo. Da un lato insiste sulla realtà corporea della sua presenza, dall’altro invia i suoi ad annunciare le conseguenze della sua morte e risurrezione come testimoni credibili non solo dei fatti, ma anche della trasformazione che l’incontro con lui genera in chi lo accoglie.
L’incontro con il corpo del Risorto
La prima parte del brano si colloca in un contesto in cui la concezione della natura umana era di tipo dualistico (ambito greco-ellenistico), composta di anima e corpo: è molto simile a quanto abbiamo ereditato noi all’interno di una tradizione che in parte ha “dimenticato” il modo semitico di considerare tale natura, e le sue profonde influenze sulla concezione biblica al riguardo. Nell’ambito biblico, infatti, uno dei modi prevalenti di trattare la realtà umana considerava il corpo, di carne ossa e sangue, come il centro del vivere e dell’essere uomini e donne. Un corpo capace di relazioni che lo rendono ciò che è, una persona, come diremmo oggi. Le tre fondamentali: il “respiro”, relazione con il mondo della vita, il “cuore”, relazione con il mondo degli altri, lo “spirito”, relazione con Dio, colui che l’ha creato e lo ama come un proprio figlio. Non “parti” diverse, ma relazioni vitali che qualificano ciascuno ciascuna in quanto persona. E così Gesù si presenta ai suoi non come un «fantasma» (=uno «spirito») così come si intendevano le «ombre» dei morti nell’aldilà biblico, ma come colui che aveva relazioni vive con i suoi e che le ha trasformate, ma non perdute: mani e piedi suppongono i segni dell’appeso alla croce, il mangiare davanti a loro richiama la ricchezza della commensalità vissuta con chi lo aveva seguito. La continuità della sua identità è assicurata dal suo corpo trasformato nella Pasqua insieme a tutte le esperienze della sua vita, così come lo esprimerà Paolo parlando di “corpo glorioso”, “corpo spirituale” (1Cor 15,43-44). E’ la presenza che hanno incontrato i «testimoni»: «quello che noi abbiamo udito, che abbiamo veduto con i nostri occhi, che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita» (1Gv 1,1-3). A ricordare per sempre a chi accoglie l’annuncio che è la concretezza di chi siamo, corpo intero di esperienze e vita, ad essere stata fatta propria per sempre dal Figlio amato e in lui per sempre amata dal Padre.
Testimoni grazie al dono dello Spirito
Ed è quella presenza che ha attraversato la morte, presenza che da un lato spaventa dall’altro travolge nella gioia, è quella presenza ad essere una volta ancora centro di relazioni strabordanti, annunciate nel dono di «colui che il Padre ha promesso» (Lc 24, 49): lo Spirito Santo, il grande protagonista del tempo della Chiesa narrato negli Atti (At 1,2.8; 2,4ss). E la conseguenza principale di tale dono è la comprensione di quanto è accaduto a Gesù a compimento di un lungo cammino maturato nelle Scritture. La sua passione e risurrezione diventano realizzazione paradossale del sogno di Dio per tutta l’umanità: una vita così piena da esser capace di attraversare perfino la morte, ogni morte attraversi i nostri giorni. In Lc 24, «Pasqua è il giorno delle aperture: apertura del sepolcro (v. 2), degli occhi (v. 31), delle Scritture (v. 32), dell’intelletto (v. 45)» (F. Bovon). E’ aprirsi a un’incredibile prospettiva straripante di vita che diventa trasformazione profonda dell’esistenza dei discepoli e insieme possibilità di cambiamento per «tutti i popoli», l’umanità intera (Lc 24,47).
Comunità capaci di testimonianza
Il cammino della comunità cristiana originaria è giunto fino a generare la comunità ecclesiale nella quale viviamo: come siamo accompagnati in essa all’«apertura della mente», della nostra interiorità, alla «comprensione» del sogno di Dio espresso nelle Scritture? Come siamo introdotti all’esperienza di convivialità con il Crocifisso Risorto mangiando con lui nella celebrazione dell’Eucaristia? Come da tutto questo nasce la testimonianza di una vita rinnovata dal Risorto? Sono domande cui siamo chiamati a rispondere in quanto comunità inviata a «essere testimone» per il dono dello Spirito Santo: di generazione in generazione tale responsabilità è giunta a noi. Non sentiamocene schiacciati, non chiudiamoci nella depressione per i “tempi difficili” in cui ci ritroviamo a vivere. Siamo piuttosto chiamati ad “aprire” il cuore e l’attenzione ai semi di risurrezione già presenti nella storia e nelle vite nostre e di coloro che incontriamo, “Chiesa in uscita” non a parole, ma con i fatti. Siamo chiamati ad accogliere nuovamente il dono dello Spirito del Crocifisso Risorto, dono concreto e impastato nell’esperienza dei nostri corpi, delle nostre comunità, delle nostre relazioni, delle nostre celebrazioni, e che già ci precede da sempre nella stessa storia “di tutti i popoli”, dell’umanità intera.