Questo tempo particolare, che ci vuole preparare nella duplice attesa del Natale del Signore e del suo...
Nuova enciclica: ritornare al Cuore per amare
“Quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore”: lo scrive papa Francesco nella sua quarta enciclica, “Dilexit nos” - sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù, presentata il 24 ottobre, durante una conferenza stampa nella sala stampa Vaticana, dal teologo mons. Bruno Forte, vescovo di Chieti - Vasto, e da sorella Antonella Fraccaro, trevigiana, responsabile generale dell’Istituto religioso delle “Discepole del Vangelo”, che sta curando la pubblicazione dell’opera omnia di Charles De Foucauld. A lei abbiamo chiesto di raccontarci il nuovo documento del Papa.
Sorella Antonella, come le è stato rivolto questo invito a presentare l’enciclica e con quali sentimenti ha accettato?
Sono stata contattata da Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa del Vaticano. Poiché in Dilexit nos (“Ci ha amati”, Rm 8,37) è citato più volte san Charles de Foucauld, immagino che il direttore abbia cercato una persona che conoscesse la figura e la spiritualità di questo santo. Ho accolto con disponibilità e fiducia l’invito. Ero emozionata e nello stesso tempo contenta di conoscere questa nuova enciclica che tratta dell’amore di Gesù e del suo Cuore; ma anche desiderosa di conoscere il pensiero del Papa su questo tema. Immaginavo, infatti, che lo avrebbe sviluppato con la stessa forza spirituale e con la vivacità umana con le quali ha scritto le precedenti encicliche, in particolare la Laudato si’ e la Fratelli tutti.
Com’è strutturato il documento e quali sono i principali contenuti?
Il testo si sviluppa in cinque capitoli, in cui papa Francesco ci fa sostare, anzitutto, sull’importanza che ha il nostro cuore; si sofferma, poi, su come Gesù ha agito “di cuore” nella sua vita. Ci ricorda come il Sacro Cuore è stato venerato e pregato nei secoli, che cosa o chi è “il Sacro Cuore” e come va pregato oggi. Per offrirci l’esempio di testimoni, nel quarto capitolo, presenta i passi biblici e le figure che nella storia della spiritualità parlano del Cuore di Gesù e del suo amore e cosa è significato per i santi affidarsi, nella loro vita, al Sacro Cuore. Ci sono figure molto belle e conosciute che hanno saputo far tesoro, per sé e per gli altri, dell’amore di Gesù, che il Cuore di Dio fatto uomo trasmette a ciascuno di noi. Nell’ultimo capitolo, il Papa, dopo averci fatto familiarizzare con l’amore di Gesù, ci incoraggia ad andare incontro, a vicini e lontani, per condividere l’amore che abbiamo ricevuto.
Per il Papa questo cuore è sia il luogo che il modo con il quale il Signore si manifesta a noi. Ma c’è anche il nostro cuore, che il Papa chiama in gioco, con quali accenti?
Questa Enciclica mette bene in evidenza che il cuore di Gesù non è una realtà alla quale affidarsi semplicemente nella preghiera, ma esprime l’amore di Gesù, il modo di amare della sua persona; il suo amore chiama in causa il nostro modo di amare. Il Papa ci invita ad andare al cuore della nostra esistenza, poiché, se è vero che abbiamo una parte del nostro corpo che “pulsa” la vita, la scandisce, la fa esistere, è vero anche che il cuore è una sede importante, perché è il nucleo dei nostri pensieri, delle nostre azioni, dei nostri affetti. «Io sono il mio cuore» (DN 14), ci fa dire il Papa, perciò ci rinvia al nostro cuore e ci chiede di osservarlo, di interrogarlo, di formarlo a immagine del Cuore di Gesù, per imparare ad amare come Lui ama. Nel Vangelo troviamo come Gesù ha agito, cosa ha desiderato per noi, come ci ha amati e impariamo a voler bene come Lui ha voluto e vuole bene. «Tutto è unificato nel cuore, che può essere la sede dell’amore» (DN 21). Siamo, perciò, invitati a coinvolgere il cuore nelle relazioni che intrecciamo, perché i rapporti che costruiamo con gli altri, se non passano attraverso il nostro cuore, rischiano di restare freddi, “digitali”, anziché essere rapporti caldi, che rassicurano, consolano, che danno speranza. A volte rischiamo di vivere relazioni con gli altri cercando in loro lo specchio di noi stessi, anziché persone che ci arricchiscano, con le quali confrontarci, rivedere le nostre scelte. Francesco scrive: «Una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo» (DN 17). Il nostro cuore, allora, quando è «unito a quello di Cristo è capace di questo miracolo sociale», perché può edificare con Dio e con gli altri «il Regno d’amore e di giustizia» (DN 28).
Qual è il significato profondo di questa “lettera” che papa Francesco scrive a tutti noi? Perché ha voluto donarcela a questo punto del suo ministero e della nostra storia?
Possiamo valutare questa Enciclica il culmine della proposta evangelica espressa da papa Francesco in questi anni. Dopo averci incoraggiato a riflettere, come fa Laudato si’, sul nostro modo di stare in relazione con le cose, con la natura, con il creato, con la nostra casa comune, e dopo averci fatto riflettere, con Fratelli tutti, sul tema della fraternità tra di noi, con persone di cultura e religione diverse, ora il Papa ci fa sostare su noi stessi e sul Cuore di Gesù, per dare maggiore qualità ai nostri rapporti, con Dio, con gli altri, con le cose. In un contesto sociale sempre più secolarizzato, tecnicistico, in cui le relazioni tra di noi sono spesso “senza cuore” o affidate agli algoritmi, il Papa ci invita a recuperare le dimensioni che danno valore alla nostra vita, le relazioni vissute con la capacità di amare di Gesù, perché il nostro modo di amare è spesso di corte vedute, egoista. Siamo incoraggiati a recuperare il cuore, cioè l’armonia di noi stessi, la dignità per sé e per gli altri, la cura dei poveri, la cordialità, la fraternità, dimensioni sempre più difficili da trovare oggi. Abbiamo tanti contatti sui social e ci stiamo disabituando ai rapporti che contano, che ci consolano, che ci danno serenità e speranza.
Ci sono molti santi citati dal Papa...
Diverse figure, nella storia, si sono appassionate al Sacro Cuore. Ciascuna di esse ci offre delle modalità per amarci; da questo santo o da quella santa impariamo piccoli o grandi gesti che possono dare consistenza al nostro modo di voler bene, in famiglia, tra i colleghi di lavoro, in parrocchia, andando a fare la spesa. Abbiamo bisogno di persone che con la loro testimonianza ci traducano nel concreto della vita quotidiana ciò che il Vangelo ci indica. Santa Teresa di Gesù Bambino valorizza la piccolezza, l’umiltà, un cuore che vive nella semplicità. Francesco di Sales ci offre l’importanza dei piccoli gesti e Charles de Foucauld ha voluto amare come Gesù nella bellezza del quotidiano. Gesù, nei suoi 30 anni a Nazareth, ha vissuto l’ordinarietà della vita, dando qualità ai tre anni di vita pubblica. Noi tendiamo a cercare esperienze straordinarie, mentre la fedeltà del quotidiano ci restituisce la straordinarietà dell’ordinario. Ecco, allora, che i santi ci testimoniano lezioni di amore nella vita quotidiana, ci incoraggiano a guardare con benevolenza ciascuno, in particolare i più piccoli, e a dare valore a chi ci passa accanto. Ci incoraggiano a stare in relazione con chi soffre, non crede, ha una religione o cultura diverse, per evitare il rischio di avere in mente solo noi stessi e i nostri piccoli mondi.
Abbiamo bisogno di riscoprire questa devozione, questo amore al Cuore di Gesù come singoli credenti e come Chiesa, dice il Papa. Perché è importante farlo?
Tornare a pregare il Sacro Cuore significa, in altre parole, tornare ogni giorno a scoprire come Gesù ha amato e continua ad amare. Il bene che circola tra di noi, a volte, è troppo autoriferito o malato: genitori che cercano amici nei figli e non si preoccupano di essere adulti e di educarli con autorevolezza; giovani che stanno insieme per motivi futili, consumistici; persone che si rinchiudono facilmente nel loro mondo e non si forzano di cercare relazioni buone. Papa Francesco incoraggia a uscire, a cercare insieme l’altro, a conoscersi reciprocamente, a fidarsi di chi fa del bene, per camminare con lui e con lei a servizio di un mondo di pace e di speranza. In un contesto sempre più difficile e diffidente, questa Enciclica incoraggia a diffondere gesti di bene, perché il bene dà dignità alla nostra vita, alle nostre relazioni, ci distanzia da forme relazionali consumistiche, che offrono benessere immediato, ma che ci lasciano vuoti dentro, senza speranza, senza prospettive future di vita.
Francesco ci invita a riscoprire il cuore, l’amore, le relazioni fraterne, dentro a questo nostro mondo in cui si moltiplicano le guerre, i conflitti, l’indifferenza, un mondo che sembra stia “perdendo il cuore”...
Il Papa ci mette in guardia dalla trascuratezza del cuore, dal rischio di perdere il cuore, dall’indifferenza sempre più diffusa tra noi (cfr. DN 22) e intorno a noi; pericoli dai quali proteggerci. E ci chiede di fare attenzione alle nostre chiusure di cuore, perché senza fiducia verso gli altri e senza il confronto tra di noi non raggiungiamo vicini e lontani nella loro ricchezza e ci costruiamo un mondo a nostra misura. Tornare al cuore, dunque, non per restare nel “nostro” cuore, chiusi in noi stessi, perché «il nostro cuore non è autosufficiente, è fragile ed è ferito» (DN 30), ma per dimorare, con il nostro cuore, nel «Cuore di Cristo», perché «è lì, in quel Cuore, che riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare» (DN 30) chi ci sta accanto. Papa Francesco ci vuole bene, vuole il nostro bene, proprio perché lui stesso è andato alla scuola del modo di amare di Gesù. Con questa enciclica, allora, ci incoraggia ad arricchirci di questo amore, fidandoci dell’amore di Gesù imparato nella preghiera, nella Parola di Dio, nelle relazioni con quanti credono in Lui. Ci invita a imparare, nelle nostre giornate, ad amarci come Gesù ama, per donare ai nostri vicini, ai nostri figli, ai nostri nipoti, una vita bella, che vale la pena di essere vissuta. Il Papa termina invitandoci a diffondere agli altri l’amore che abbiamo ricevuto da Dio. C’è bisogno che ci lasciamo mandare da Lui a compiere questa missione, ciascuno a modo nostro, con «la gioia di cercare di comunicare l’amore di Cristo agli altri» (DN 216). In un mondo in cui sembra che la nostra dignità dipenda da ciò che abbiamo e consumiamo, accecati dai nostri bisogni immediati, papa Francesco ci incoraggia a tenerci fuori da questi ingranaggi perversi per lasciare spazio in noi all’incontro con il suo amore gratuito, che «libera, vivifica, fa gioire il cuore e nutre le comunità» (DN 219). Ci invita a farlo camminando «insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno» (DN 220).
C’è un filo rosso che lega questa enciclica e il resto del magistero di papa Francesco, in particolare Laudato si’ e Fratelli tutti?
Nella Laudato si’, papa Francesco ha cercato di farci capire come “tutto è legato” e che non possiamo separare il “clamore della terra” dal “clamore dei poveri”. Con Fratelli tutti, ci ricorda che tra di noi siamo “tutti legati”, cioè che c’è tra noi un vincolo prezioso di fratellanza che non ci fa sentire soli e che garantisce la presenza di un fratello o di una sorella che si prende cura di noi e dei quali prenderci cura. In Dilexit nos, il Papa vuole dirci che il cuore è quella ricchezza che abbiamo dentro di noi che ci permette di far circolare l’amore di Dio, un amore sicuro che ci rassicura, ci consola, che ci permette di vivere con speranza anche le giornate più faticose. Approfittiamo di questo regalo che Dio ci fa attraverso papa Francesco. Affidiamoci all’amore del Cuore di Gesù e aiutiamoci a vivere tra di noi con questo amore.