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Due obiettori israeliani a 4Passi festival

A Treviso il racconto di chi ha il coraggio di scegliere la pace

Due giovani obiettori israeliani hanno portato la loro testimonianza nel gremito incontro di sabato 22 novembre, all’auditorium di santa Caterina a Treviso, nell’ambito di 4Passi festival. Oltre 200 persone ad ascoltare la testimonianza di Iddo Elam e Ella Keidar Grenbergi dell’associazione Mesarvot.

Mesarvot, una parola ebraica che significa “noi rifiutiamo”, è anche il nome di una rete di attivisti israeliani contro l’occupazione della Palestina, nata nel 2015. Il loro scopo è quello di sostenere gli obiettori di coscienza, i “refusenikim”, di fronte all’obbligatorietà della leva militare, facendo del rifiuto non una semplice scelta individuale o privata, ma un vero e proprio atto politico per contribuire alla fine dell’occupazione e dell’oppressione del popolo palestinese.

I due diciannovenni hanno raccontato la loro scelta di rifiutare di imbracciare le armi per attaccare i loro fratelli palestinesi, contestando di fatto la politica del governo di Tel Aviv. Una scelta radicale di nonviolenza, in nome della loro coscienza e del valore primo dei diritti umani, costata loro un mese di carcere.

Sono stati invitati a Treviso da “Voci di pace”, un progetto portato avanti da un gruppo di trevigiani in cammino, che sta cercando e sperimentando nuovi modi per raccontare e condividere il valore della pace e della nonviolenza.

Gireranno 8 scuole della nostra diocesi, incontrando i giovani, incontreranno cooperative, associazioni, portando, poi, alla sera, le loro storie e l’invito a scegliere la pace in diverse parrocchie.

In Israele il servizio militare è obbligatorio sia per i ragazzi e le ragazze, a partire dai 18 anni, e dura tra i 24 e i 32 mesi. Fa parte di un modello culturale e di appartenenza che, però, si scontra con la convivenza tra israeliani e palestinesi in territori vicini. Per gli israeliani, hanno raccontato sabato nell’ambito della Fiera 4Passi, la Palestina è unitaria e appartiene a loro e su questo vi è un’ampia convergenza delle componenti politiche interne e delle potenze estere. Hanno raccontato di come la grande speranza di cambiamento interno passi per la pressione che può arrivare dall’estero, per scardinare la cultura sionista. Iddo e Ella hanno precisato che “l’occupazione e la guerra difficilmente finiranno se non ci sarà una collaborazione tra i palestinesi e le persone che vivono in Israele e si oppongono alla guerra. Questo dialogo è possibile solo con l’aiuto della società civile di altri Paesi”.

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