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Istantanea dall’inferno dell’Afghanistan: per le donne il ritorno al passato

Dopo il ritorno dei talebani c’è stato un balzo indietro di vent’anni. E nel Paese anche la vita quotidiana è sempre più dura. Lo spiega Sayed Omer Sadaat, funzionario dell’Onu

Nell’agosto 2021, gli occhi del mondo erano puntati sull’Afghanistan, con le scene drammatiche all’aeroporto di Kabul e le persone che si affrettavano a fuggire. Oggi, l’attenzione mondiale si è spostata altrove, ma milioni di afghani stanno affrontando una crisi umanitaria, sia come sfollati interni che come profughi, soprattutto nei vicini Pakistan e Iran. Nel Paese, metà della popolazione fa i conti con la fame e le conseguenze dei cambiamenti climatici. Se ne è parlato, il 19 e 20 febbraio scorso, a Doha, in un vertice internazionale per l’Afghanistan, promosso dalle Nazioni Unite.

Con il ritorno dei talebani, la condizione femminile in Afghanistan ha fatto un balzo indietro di 20 anni: alle donne sono stati proibiti gli studi superiori e le cariche pubbliche, sono state bandite dallo sport, non possono lavorare per le organizzazioni umanitarie e nemmeno andare a tagliarsi i capelli. L’ultima volta che i talebani sono stati al potere in Afghanistan, negli anni ’90, le donne non avevano alcun diritto: non potevano lavorare o studiare. Potevano uscire di casa solo se accompagnate da un uomo. E, nonostante le promesse che questa volta le cose sarebbero andate diversamente, una delle prime misure prese è stata quella di cancellare i volti delle donne da cartelloni pubblicitari e dalle vetrine. E quello è stato solo l’inizio...

Recentemente, è stato addirittura proibito di raccogliere lo zafferano nei campi, perché motivo di emancipazione. Continuano gli arresti e le detenzioni arbitrarie di donne e ragazze accusate di violare i codici di abbigliamento relativi al velo islamico, o hijab.

Diversi decreti dell’ultimo anno hanno spento le speranze e i sogni di metà della popolazione afghana. La maggior parte delle scuole secondarie per ragazze rimane chiusa e molte donne hanno perso il lavoro, mentre altre non possono uscire di casa senza un parente uomo. Poiché molte donne non sono più in grado di guadagnarsi da vivere, le famiglie si sono ulteriormente impoverite, e le ragazze sono costrette a sposarsi.

Della loro grave condizione si stanno occupando anche le Nazioni Unite. Siamo riusciti, non senza difficoltà, a intervistare Sayed Omer Sadaat, funzionario dell’Undp (Programma Onu per lo sviluppo) che vive a Kabul.

Qual è la situazione sociale ed economica oggi in Afghanistan?

E’ una situazione mista. Da un lato, la sicurezza è migliorata sostanzialmente, la corruzione è diminuita, le esportazioni hanno avuto una crescita e il tasso di cambio si è apprezzato ed è stabile. D’altro canto, però, il 69% della popolazione vive ancora al livello di sussistenza, il che significa che semplicemente non ha le risorse per permettersi alcune delle cose più basilari di cui ha bisogno, come alloggio, cibo, servizi pubblici, abbigliamento invernale adeguato, lavoro e altro ancora. La situazione sociale, soprattutto per le donne, è piuttosto disastrosa in Afghanistan. I diritti delle donne all’istruzione, all’occupazione e alla libera circolazione sono stati gravemente ridotti, attraverso una serie di editti emanati dalle autorità talebane, da quando hanno ripreso il potere. Di conseguenza, abbiamo visto la quota di occupazione femminile diminuire drasticamente, fino a raggiungere solo il 6% nel 2023. Le donne, inoltre, dispongono di una minore quantità di cibo rispetto agli uomini. La maggior parte della popolazione non ha accesso a servizi essenziali adeguati come assistenza sanitaria, istruzione, trasporti pubblici e servizi comunali.

La vita quotidiana è più difficile nelle grandi città o in campagna?

La vita quotidiana è più difficile nelle campagne a causa della mancanza di reddito, di opportunità di sostentamento e di accesso a mercati, beni e servizi. Le aree rurali ne hanno molto meno rispetto ai centri urbani. Anche l’insicurezza economica e le condizioni di vita delle donne sono peggiori nelle zone rurali rispetto alle città.

Dopo il ritorno dei talebani nell’agosto 2021, mancano i finanziamenti internazionali senza i quali è impossibile garantire alla popolazione il sostegno di cui ha bisogno?

Sì. Dopo l’acquisizione del Paese, il bilancio pubblico è stato ridotto del 75%. Ciò è dovuto al fatto che molti donatori e istituzioni finanziarie internazionali hanno interrotto o ridotto significativamente il sostegno al bilancio internazionale e l’assistenza ufficiale allo sviluppo al settore pubblico. Le entrate sono a malapena sufficienti a finanziare i costi operativi ricorrenti del settore pubblico. C’è stato un massiccio calo della spesa in conto capitale per infrastrutture e grandi progetti economici. Tuttavia, va notato che, dall’agosto 2021, l’assistenza internazionale ha impedito a milioni di persone di sprofondare ulteriormente nella povertà, e ha contribuito a prevenire il collasso totale del settore economico e finanziario del Paese.

Le Nazioni Unite sono sempre più preoccupate per la condizione delle donne. Aumenta il numero delle vittime di violenza, le donne hanno la libertà di movimento limitata e non possono studiare.

Questa è una questione che preoccupa non solo l’Onu, ma l’intera comunità internazionale. Oltre al fatto che le restrizioni stanno costando all’economia - secondo le stime dell’Undp, le restrizioni hanno causato una perdita economica di quasi 1 miliardo di dollari, ovvero il 7% del Pil del Paese nel 2022 -, stanno anche portando a una maggiore violenza domestica e a un trauma psicologico enorme per milioni di donne e ragazze che ora si ritrovano confinate nelle loro case, senza la possibilità di uscire per andare nei saloni di bellezza, negli impianti sportivi, nei parchi pubblici, nelle scuole, al lavoro e così via. E’ difficile comprendere lo stress emotivo e psicologico che questa situazione impone alle donne e alle ragazze in tutta la società.

Quanti sogni infranti delle donne afghane?

Dal cambio di regime, nell’agosto 2021, le donne in Afghanistan hanno subito un’enorme battuta d’arresto nei loro diritti, libertà e aspirazioni. Molte di loro avevano perseguito istruzione, carriera e attività sociali, che ora sono severamente limitate dalle autorità talebane. Avevano sperato in un futuro migliore per sé e per le loro famiglie, ma ora si trovano ad affrontare violenza, discriminazione e isolamento. I loro sogni di contribuire allo sviluppo e alla pace del loro Paese sono andati in frantumi.

Inoltre, non possono nemmeno lavorare per le organizzazioni umanitarie, che rendono ancora più complessi gli sforzi per portare sostegno alla popolazione...

Questa è una delle conseguenze negative delle severe restrizioni all’occupazione femminile. Priva il settore umanitario di personale qualificato ed esperto in grado di fornire servizi vitali e assistenza alla popolazione, in particolare alle donne e alle ragazze che affrontano esigenze e sfide specifiche. Viola, inoltre, i principi umanitari di imparzialità, neutralità e indipendenza, che richiedono che gli operatori umanitari siano selezionati in base alle loro competenze e capacità, non al genere o ad altri fattori.

Di cosa vive oggi la gente comune in Afghanistan?

Secondo un recente rapporto della Banca mondiale, il 48,3% della popolazione ha un reddito basso, il che significa che vive con meno di un dollaro al giorno a persona. Le stime dell’Undp mostrano che il 69% della popolazione soffre di deprivazione multidimensionale e non è in grado di soddisfare i propri bisogni di beni di prima necessità, servizi pubblici, mezzi di sussistenza o opportunità di lavoro quotidiano. Molte persone, per sopravvivere, fanno affidamento sul reddito derivante dagli aiuti umanitari, dalle rimesse o da attività informali, ma queste fonti sono incerte e insufficienti per soddisfare le crescenti esigenze e sfide.

C’è qualche problema con il rimpatrio dei rifugiati dal Pakistan?

Sì. Più di mezzo milione di persone sono tornate, molte costrette con la forza, dal Pakistan, e numeri simili sono tornati dall’Iran negli ultimi mesi. Ciò sta aggiungendo ulteriori pressioni sociali, economiche e di altro tipo alla già intensa crisi socioeconomica del Paese.

Quella in Afghanistan è la crisi umanitaria più grave del pianeta?

E’ difficile paragonare le crisi in questo modo. Ci sono molti Paesi in cui assistiamo a condizioni umanitarie molto gravi, che richiedono che la comunità internazionale si unisca per contribuire a trovare una soluzione. Per l’Afghanistan, e questo si basa sulle stime delle Nazioni Unite, quello che vediamo è che 23,7 milioni di persone avranno bisogno di assistenza umanitaria nel 2024 e che 15,2 milioni di persone si trovano ad affrontare una grave insicurezza alimentare. Per affrontare queste condizioni socioeconomiche e umanitarie e migliorare la vita delle persone in modo sostenibile, l’economia afghana deve iniziare a riprendersi e a crescere. Tuttavia, ciò richiede stabilità politica, sicurezza, diritti umani e cooperazione internazionale, che attualmente mancano o sono minacciate nel Paese.

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