Sentiamo anche il dovere di segnalare la difficile e a volte critica situazione in cui versa oggi nel...
San Donà: il dizionario dialettale di don Giancarlo Ruffato


Nei giorni scorsi, in libreria “Raggiungibile” di San Donà, è stato presentata l’edizione aggiornata del “Dizionariet del dialetto del Veneto Orientale”. L’opera rappresenta la fatica di una vita di don Giancarlo Ruffato, per anni parroco di Chiesanuova, presidente e animatore dell’associazione culturale “El Solzariol” che dagli anni Settanta mira a preservare la memoria del mondo contadino. Una memoria degli umili che racchiudeva un universo culturale, ideale, di credenze e conoscenze trasmesse soprattutto per via orale e che rischiavano di perdersi senza lasciare tracce storiche.
Nel corso del pomeriggio, l’autore, dialogando con Antonella Benvenuti, insegnante originaria di Meolo e scrittrice di libri in dialetto, ha presentato i numeri della sua rigorosa ricerca: circa 40 anni di lavoro, oltre 6.000 lemmi, conoscenze storiche, geografiche e linguistiche che spaziano dal greco al latino, dal francese al celtico al tedesco.
Don Giancarlo ha spiegato il fine pastorale della sua opera: “Ho iniziato a occuparmi di dialetto, per capire più da vicino la vita delle persone che avevo di fronte, dando importanza al contesto ambientale, in questo caso quella della bonifica, in cui vivevano. Ho intrapreso questa ricerca con un profondo senso di amicizia, come quella di un prete interessato alla condizione dei propri fedeli. Non esiste, infatti, fede senza amicizia”.
Don Ruffato ha, quindi, sottolineato come il dialetto sia stato un canale privilegiato per conoscere la cultura, prettamente agricola, di questo contesto: “Attraverso le parole, i modi di dire e le espressioni del dialetto, entriamo in contatto con secoli di esperienza vissuta e di conoscenze nei campi più disparati. Queste conoscenze rendono possibili le condizioni per un rapporto, alla base di un incontro di fede che, altrimenti, sarebbe molto più difficile da instaurare”, ci spiega.
La conoscenza del dialetto aiuta, quindi, a cogliere il senso e la direzione della cultura locale. Conoscerlo e padroneggiarlo diventa fondamentale, perché parlare una lingua comune permette di creare relazioni e amicizie sincere.
Il dizionario di don Ruffato ricostruisce e analizza l’origine di numerose parole: tra questi, i toponimi con radice Lug- che rimanda al nome di origine celtica riferito al dio della fertilità (Lugano, Lugo di Romagna ecc); oppure, farabutto che deriva dal tedesco freiboit per indicare saccheggiatore, pirata, corsaro, il termine criar (non star criar, non urlare) deriva dal francese. O ancora la maramacoea, parola evocativa per mettere in guardia i bambini che si recavano alle fiere di San Donà: altro non è che mater senecta latino: una madre anziana, una strega. Attraverso la descrizione di questo lessico, don Giancarlo ha ricostruito le coordinate del mondo contadino, fatto di riti precisi, come quelli che accompagnano l’uccisione del maiale, in modo da preservare un patrimonio comune.
“La storia è anche nostra: lasciamone una traccia. Senza storia si muore senza lasciare testimonianza”, sottolinea.
Don Giancarlo con quest’opera di grande valore ci lascia una testimonianza di profonda umanità: quella di un prete che per conoscere da vicino le persone a lui affidate con umiltà si è posto in relazione con loro, approfondendo la loro lingua e scoprendo così un immenso patrimonio di parole, modi di dire, espressioni a volte intraducibili, dando loro dignità e preservandole dall’oblio. (Giorgio Boem)