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Domenica di Pasqua: Risorgere, precedere e liberare

Gesù di Nazareth, il crocifisso risorto, ci precede nella Galilea della vita

Il Vangelo secondo Marco si conclude in maniera sorprendente: l’ultimo versetto considerato originario racconta che le donne, le prime - le uniche?- ad aver ascoltato l’annuncio che Gesù è risorto e ad essere state incaricate di annunciarlo agli altri, «piene di spavento e di stupore, non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite». Qual è il senso di una simile conclusione?

Un fatto sconvolgente

Stavano andando a rendere omaggio funebre al corpo di colui che avevano amato; si ritrovano, invece, con un fatto inaspettato e incredibile: una tomba spalancata, vuota, e un «giovane vestito di bianco» che annuncia loro, con tutte le caratteristiche di una rivelazione divina: «Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto».

Ed è un annuncio che spaventa: dapprima perché è un fatto inaspettato e incredibile, sconvolgente. Ma soprattutto perché se è proprio il «nazareno» – colui che è venuto da Nazareth e ha compiuto tutto il cammino fino a Gerusalemme; se è proprio il «crocifisso» – colui che è stato crocifisso, con quanto di abbandono, solitudine, maledizione e fallimento totale comportava la crocifissione; se è lui, proprio lui, ad essere stato risuscitato da Dio, allora siamo chiamati a seguirlo fino in fondo per quella via che avvertiamo impraticabile, che ci spaventa per le sue conseguenze. Quali conseguenze? Attraversare ogni morte ci attraversi il cammino, non fuggirla più, affidandoci a questa così incredibile promessa di vita. Ma perché seguirlo su quella via? Perché, se crediamo a quell’annuncio, è l’unica via che non sia fermata dalla morte. E’ l’unica a non lasciar morire per sempre l’amore che rende feconda l’esistenza. E perché colui che l’ha vissuta continua a precederci, nelle concrete Galilee della nostra vita quotidiana; non ci abbandona, anzi ci apre possibilità di attraversare ogni morte ci sbarri la strada, percorrendo con noi quel passaggio stretto verso una vita più piena, in cui sia possibile amare e portare frutti oltre ogni perdita, tradimento, fallimento...

Chi rimane ad annunciarlo? Colui che ci precede

Il Vangelo avverte che seguirlo fino a quel punto supera ogni possibilità umana: falliscono i discepoli uomini, che lo abbandonano e lo lasciano solo a morire in croce, falliscono le discepole donne che pur hanno custodito la sua morte e la sua sepoltura... chi rimane? Rimane colui che era presente fin dal principio, colui che sapeva fin dal principio di chi narrava il racconto dell’evangelo (Mc 1,1), colui per il quale quello stesso racconto è stato scritto: rimane il lettore - ascoltatore. E se l’annuncio comunque fino a lui - fino a noi - è arrivato, vuol dire che qualcuno lo ha portato, lo ha testimoniato, proprio a partire da quello spavento, da quell’assenza di tomba vuota e di silenzio impaurito...

E che l’annuncio sia comunque giunto fino a noi è potuto accadere perché Gesù / Dio-salva ha preceduto ancora una volta i suoi, è andato avanti oltre la morte fino a raggiungere nuovamente la Galilea quotidiana di ciascuno e di ciascuna. Precede i suoi lì dove li aveva incontrati chiamati fin dall’inizio, lì dove aveva annunciato che il Regno di Dio si fa vicino (Mc 1,14-15). E precedendoli ha donato loro la libertà e la possibilità di seguirlo ancora una volta, ridando loro ancora una volta fiducia, oltre ogni abbandono, ogni fuga, oltre ogni spavento impaurito.

Lui che ci precede ci rende liberi di tornare ogni giorno a seguirlo

Perché lui ci precede sempre, ci chiama a partire dal nostro quotidiano, lì dove lui è ancora già nuovamente presente, dove ci incontra fin dentro i nostri smarrimenti, dubbi, fragilità, chiamandoci a seguirlo oltre. E il fatto che lui abbia già liberamente deciso di camminare davanti a noi e di chiamarci dietro a lui, di volerci con lui, ci apre la libertà di riprendere a seguirlo, fin dentro le nostre paure per un cammino così impegnativo, attraverso ogni morte, persino la più maledetta e abbandonata...

Torneremo a ripercorrere quella sua via, quella sua vita, per il seguito del tempo di tutti i giorni, quest’anno, nei Vangeli di domenica in domenica, dopo aver camminato fino a Pentecoste, fino al dono dello Spirito, che porta a compimento la Pasqua nelle nostre Galilee quotidiane... in un mondo in cui soffiano sempre più forti venti folli di guerra, ma anche là dove incontriamo gli altri, quelli come noi segnati dalla paura della morte, quelli che come noi sperimentano ferite e abbandoni e tradimenti... Con loro siamo inviati a condividere l’incredibile verità di un amore che continua ad amarci fin nel pieno dell’odio, della violenza e della tenebra. Un amore che continua a risorgere per quante volte venga ucciso e violato. Un amore che apre il nostro amore perfino a chi ci è nemico, a chi ci ignora nell’ostile indifferenza quotidiana. Un amore che risorge e ci precede, perché anche noi possiamo, oltre ogni morte, riprendere ad amare. Da risorti, annunciando con la vita: Gesù Nazareno, il crocifisso, non è qui, è risuscitato!

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