Sentiamo anche il dovere di segnalare la difficile e a volte critica situazione in cui versa oggi nel...
Verso le regionali: Sanità, un “sì” e non pochi “ma”

Prima regione in Italia per i Livelli essenziali di assistenza, con tanti “ma”. Il Veneto, sulla sanità, ha giocato negli ultimi dieci anni la sua partita e, secondo i dati della fondazione Gimbe - fondazione che monitora scientificamente la sanità italiana -, l’ha vinta con 288 punti, contro i 286 della Toscana e i 278 dell’Emilia. I dati proposti riguardano il 2022, 2023 e 2024, quindi non perfettamente allineati a oggi.
La Regione ha potuto contare su un riparto del Fondo sanitario nazionale pro capite di 2.100 euro nel 2023, più 62 euro rispetto al 2022 (maggiore rispetto alla Lombardia, che è aumentata di 49 euro, ma inferiore all’Emilia-Romagna, +65 euro). Nel 2024 il Veneto ha un riparto di un euro in più rispetto alla media nazionale.
Si rinuncia sempre più spesso alle prestazioni
Tra i “ma”, l’aumento delle rinunce alle prestazioni sanitarie: persone che non attendono la visita o l’operazione, e si rivolgono altrove. Sono quasi l’8 per cento dei cittadini (383 mila persone, 24 mila in più rispetto al 2023: è come se un’intera Ulss 7 Pedemontana non venisse utilizzata dai propri cittadini). In Italia questa percentuale è in media del 10 per cento, in testa la Lombardia, dove più di un milione di persone rinuncia alle prestazioni.
Nel 2024, prendendo esempi relativi alla priorità B, l’Ulss 1 Dolomiti - secondo la programmazione ex ante, ovvero prima di erogare la prestazione - già fatica a garantire l’holter con priorità B. Per l’Ulss della Marca tutto garantito ex ante nel 2024, nel 2025 la colonscopia è in ritardo. A Venezia problemi per la mammografia bilaterale e l’ecografia ostetrica; a Padova solo il 33 per cento dei test cardio da sforzo sono garantiti, metà delle spirometrie; a Vicenza la metà delle Tac dell’addome e l’80 per cento delle visite pneumologiche; a Verona solo il 75 per cento delle ecografie ostetriche.
Il Veneto è sopra la media per il personale sanitario dipendente: 13 unità ogni mille abitanti (11,9 in Italia). Quart’ultimo posto per il personale medico (1,63 medici ogni mille abitanti) e sopra la media per gli infermieri (5,29), con un rapporto infermieri/medici di 3,25 (media Italia 2,54). Ansia per il futuro: all’Università di Padova si registra un calo del 15 per cento delle iscrizioni al corso di Laurea in Infermieristica.
Mancano i medici
Ombre sui medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta. Nel 2024, il corso specialistico che forma i medici di famiglia, gestito dalla Regione e non dall’università, si è ritrovato con 102 candidati in meno rispetto ai posti disponibili (-41 per cento; la media in Italia è di -15 per cento). Va male anche per chi è già in servizio: il massimale di 1.550 assistiti viene superato in Veneto quasi nel 70 per cento dei casi, contro il 50 per cento della media italiana. Ogni medico ha 1.546 assistiti in media (in realtà qualcuno va ben oltre questo numero; la media nazionale è di 1.374). Una carenza ormai strutturale. Per la fondazione Gimbe, dal 1° gennaio 2024, al Veneto mancano 785 medici di medicina generale.
C’è, poi, necessità di 93 pediatri di libera scelta, terza fra le regioni italiane; entro il 2028, 190 pediatri raggiungeranno i 70 anni, età di pensionamento. Il Veneto ha superato il massimale per il numero medio di assistiti dai pediatri: ognuno ha 1.008 assistiti contro un massimale di 1.000 e la media nazionale di 900. Si stima che, dal 1° gennaio 2024, in Veneto manchino 83 pediatri di libera scelta.
Riguardo alla mobilità ospedaliera, il Veneto si colloca nel 2024, nel gruppone con Emilia e Lombardia, che da sole raccolgono il 94,1 per cento del saldo attivo della mobilità sanitaria. Fuori dall’astrazione dei numeri, significa che queste sono le regioni verso cui si emigra per farsi curare. Il Veneto, con il suo credito di circa 500 milioni, è la terza regione per mobilità attiva.
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