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Gesù, il Figlio di Dio, “l’amato” - BATTESIMO DEL SIGNORE

Con la manifestazione presso il Giordano ha inizio il suo ministero pubblico

L’Epifania del Signore davanti ai Magi, che da poco abbiamo celebrato, è narrata solo dal Vangelo di Matteo. Tutti e quattro gli evangelisti, invece, concordano nel dire che, con la manifestazione presso il Giordano, ha inizio il suo ministero pubblico. Nel Battesimo di Gesù, che si celebra in questa domenica, lo Spirito, che lo accompagnerà in tutto il suo ministero, si rende visibile “come una colomba”; la voce del Padre si fa sentire per la prima volta, per poi risuonare ancora nell’episodio della Trasfigurazione (Mc 9,7); l’uomo Gesù viene proclamato Figlio di Dio, anche se poi bisognerà attendere fino ai piedi della croce perché un centurione romano lo riconosca come tale (Mc 15,39).
In te ho posto il mio compiacimento
Il brano odierno del Vangelo di Marco presenta due scene (Mc 1,7-11). Nella prima, si riporta la conclusione della predicazione di Giovanni il Battista, con l’annuncio della superiorità di “colui che sta per venire” e del dono dello “Spirito Santo” nel quale egli avrebbe “immerso” gli uomini (vv. 7-8). Nella seconda parte, dopo un fugace accenno al battesimo, l’attenzione si concentra su ciò che avviene appena Gesù esce dall’acqua (vv. 9-11): quell’uomo che viene da Nazaret e di cui si stanno per raccontare le vicende, è proclamato Figlio di Dio, “l’amato”, colui nel quale il Padre ha posto il suo “compiacimento”. L’evangelista comunica ai lettori le parole che vengono rivolte a Gesù, ma sembra proprio che il Padre le abbia pronunciate prima di tutto per lui, quasi a confermarlo in quanto sta per compiere. Marco non offre molti riscontri, come fa invece Luca, riguardo ai vari momenti di dialogo personale con il Padre; però è l’unico evangelista che, nella preghiera al Getsèmani, pone sulle labbra di Gesù il termine aramaico “Abbà” (Mc 14,36), che ben esprime la straordinaria confidenza esistente. All’inizio della sua missione il Padre lo proclama “Figlio”; alla fine della vita terrena, scegliendo di consegnarsi alla volontà di colui che lo ha inviato, Gesù lo riconosce come “Papà”.
L’obiettivo primario del testo, dunque, è quello di rivelare l’identità di Gesù, la sua relazione con il Padre e la presenza dello Spirito nella sua vita. L’insieme della liturgia, però, invita anche a riconoscere che, mediante il battesimo, noi stessi possiamo scoprirci “figli amati” ed essere inseriti nella comunione della Trinità, come evidenziato dalle parole pronunciate nella celebrazione del Sacramento: “Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo
Giovanni, nella seconda lettura (1Gv 5,1-9), conferma che, mediante il battesimo e in forza della fede, i cristiani sono realmente “generati da Dio”. Egli lega inoltre, inscindibilmente, l’amore verso Dio (Colui che ci ha generati) all’amore verso gli altri fratelli nella fede (chi da Lui è stato generato). L’osservanza dei comandamenti è il segno inconfondibile di un autentico amore verso Dio. Ma la sorgente di tale amore non sta tanto nell’uomo, quanto in Dio stesso. Solo nella misura in cui l’uomo si sperimenta “figlio amato”, sarà portato a riamare Dio e ad amare i propri fratelli.
Attingendo a tale sorgente d’amore si può realizzare la vittoria “sul mondo”. Nel linguaggio giovanneo il “mondo” è ciò che si oppone alla luce di Dio e vorrebbe oscurarla, per non permettere di riconoscerlo nella propria vita: ma chi ha fede, cioè chi crede che “Gesù è il Cristo” e “il Figlio di Dio”, ha in sé la luce sufficiente a sconfiggere le tenebre del mondo. Il cristiano, dunque, non ha da temere, ma può contare su una duplice testimonianza, garantita da tre segni: la testimonianza dello Spirito, che permette di riconoscere la verità, e quella del Padre, richiamata, appunto, dal racconto evangelico; i tre segni sono lo stesso Spirito, che ci è stato dato, l’acqua con la quale siamo stati battezzati, e il sangue di Gesù, sparso sulla croce e donato a noi nell’Eucaristia.
Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete
La prima lettura, mentre recupera il simbolismo dell’acqua (Is 55,1-11), fa intuire che il rinnovamento operato dal battesimo è possibile solo grazie alla Parola di Dio, che viene presentata come una sorgente a cui si può attingere gratuitamente, per trovare ristoro; essa, inoltre, è come la “pioggia e la neve”, che scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver portato il frutto per cui sono state mandate. In questo senso si comprende il pressante invito: “venite a me, ascoltate e vivrete”.

Immagine:"Battesimo di Cristo" di Piero della Francesca (conservato alla National Gallery di Londra)

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