Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Intervento: La speranza della vostra vocazione
Sabato 7 maggio Carlo Breda sarà ordinato sacerdote, mentre Amos Patarini diventerà diacono

Le ordinazioni presbiterali sono un momento di festa per la Diocesi e in particolare per il Seminario diocesano. Celebrare questa festa non è solo ringraziare il Signore per il dono di un nuovo presbitero nella Chiesa di Treviso, neppure fare memoria del cammino percorso dai giovani nelle comunità del Seminario, quanto aprirsi alle energie nuove dello Spirito Santo, sempre presente ed efficace nel cuore di ogni esistenza.
L’inizio di una nuova disponibilità
Il giorno dell’ordinazione, infatti, non è il punto di arrivo, la meta dopo anni di discernimento e di formazione, ma l’inizio di una nuova disponibilità ad accogliere il dono della scelta di Dio sulla propria vita.
Dal momento dell’ordinazione presbiterale lo sguardo dei credenti deve orientarsi sulle «possibilità promesse» a chi si impegna ad annunciare il Vangelo e a sostenere, con la propria fede, questa «nuova partenza» del giovane prete.
L’ordinazione di un prete non è solo un evento che coinvolge il candidato e il Seminario, ma l’intera Chiesa è coinvolta nella scelta di Dio. Certo, la vocazione è un evento fondativo, nel quale Dio irrompe nella vita di una persona aprendogli una nuova possibilità di vivere la sua esistenza. Ha scritto p. Silvano Fausti: «Il Suo chiamarmi per nome è il mio stesso esistere nella mia verità: il mio io è il mio nome detto da Dio! Conoscere come Lui mi chiama è raggiungere la mia identità».
Accompagnare la risposta. Tuttavia, la festa per un nuovo prete diventa appello alla Chiesa diocesana a sostenere e ad accompagnare la sua risposta vocazionale. Questo si realizza a due condizioni: anzitutto la vocazione può essere favorita solo da una società di adulti dove ognuno si comprendere e vive fino in fondo la sua vocazione. Per accompagnare altri è fondamentale aver chiaro la propria vocazione e questo vale per sposi, preti, consacrati.
La seconda condizione è che un adulto può accompagnare la risposta di un giovane solo «camminando insieme», cioè facendo un’esperienza di salvezza condivisa nell’ascolto reciproco.
Il cammino sinodale della Chiesa diventa impegno ad assumersi nuovamente la responsabilità, affidata a tutti i battezzati, nell’annuncio della vita come vocazione e nella costruzione della vita stessa come singoli e come comunità. Come ricorda Gregorio di Nissa «diveniamo infatti, in certo qual modo, padri di noi stessi, quando mediante il retto volere plasmiamo, generiamo e partoriamo noi stessi. E questo facciamo accogliendo in noi Dio e diventando figli di Dio, figli della Potenza, figli dell’Altissimo».
Preoccuparsi delle vocazioni, pertanto, non significa stare in ansia per i numeri, quanto prendersi cura che la vita di Dio, il suo sangue (Mc 5,25) scorra con forza dentro le nostre Comunità cristiane; occuparsi che la vita di ciascuno, del prete giovane, come della nuova famiglia affacciata in comunità, sia custodita nel suo cuore senza perdersi in cose vane.
Rispondere nella polis. “Camminare insieme” chiede a tutti di mettersi in gioco e di fare rete. Interessante osservare come la risposta alla propria vocazione passa anche dall’idea di rete, perché «l’ascolto nasce dalle connessioni». Infatti, accompagnare un giovane in discernimento vocazionale e poi accompagnare un giovane prete a muovere i suoi primi passi nel ministero significa collegare il grafo della sua vita che si compone di nodi e di archi, momenti, studi, relazioni, affetti, per comprendersi all’interno di una storia ecclesiale e di un percorso di fede già tracciato e insieme da cercare e da rinnovare sempre.
Accompagnare la risposta vocazionale di un giovane prete significa permettere a lui e alla comunità cristiana, con la quale cammina insieme, di essere «presenza profetica e politica nelle póleis globali dei nostri giorni. Persone chiamate per nome che, come il lievito, portano a compimento processi buoni e costruiscono progetti di bene per tutti».
Quando il Signore chiama per nome un giovane non pensa solo al giovane nel momento dell’ordinazione, ma a tutto ciò che lui potrà essere camminando insieme ad altri e rendendosi disponibile alle sorprese di Dio.
Non lasciamoci rubare
la speranza. Sabato 7 maggio con l’ordinazione presbiterale di Carlo Breda e diaconale di Amos Patarini facciamo nostro l’accorato appello di papa Francesco: «Non lasciamoci rubare la speranza». «E’ questo l’elemento distintivo dei cristiani, il fatto che essi fanno un futuro […] e solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente» (Benedetto XVI, Spe Salvi).