Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Io, missionario in Corea, vi spiego quanto è grande l'attesa per la visita del Papa
Padre Diego Cazzolato, originario di Biadene, svolge il suo servizio nella diocesi di Daejeon, dedita al dialogo interreligioso, dove si svolgerà la Giornata della Gioventù Asiatica alla presenza di papa Francesco, impegnato dal 14 al 18 agosto nella visita pastorale nella Corea del Sud. Lo abbiamo intervistato.

Sono 9 i religiosi della Consolata, suddivisi in tre comunità, che operano da diversi anni in Corea del Sud in strettissima collaborazione con le diocesi locali. Si occupano, in prevalenza, di animazione missionaria, di accoglienza degli immigrati che giungono soprattutto dalle Filippine, da altri Paesi asiatici, da alcuni Paesi dell’America Latina e dell’Africa e di dialogo interreligioso.
Fra questi c’è padre Diego Cazzolato, originario di Biadene, che svolge il suo servizio proprio nella diocesi di Daejeon, dedita al dialogo interreligioso, dove si svolgerà la Giornata della Gioventù Asiatica alla presenza di papa Francesco, impegnato dal 14 al 18 agosto nella visita pastorale nella Corea del Sud. Lo abbiamo incontrato a pochi giorni dal suo rientro in Corea, previsto per il 10 agosto.
Qual è la realtà della religione cattolica in Corea, una Chiesa giovane che ha anche subito un lungo martirio?
La Chiesa cattolica coreana è molto vivace, attiva ed è in continua crescita proprio grazie all’azione missionaria, in particolare dei suoi laici. La religione cattolica, quando noi della Consolata siamo arrivati in Corea nel 1988, era diffusa fra il 3% della popolazione, adesso i cattolici superano il 10%, un dato molto significativo per un Paese asiatico. Inoltre la Chiesa coreana conta su una struttura solida e ben strutturata, eredità del confucianesimo che prevede per l’appunto una società ben organizzata, anche dal punto di vista gerarchico. I vescovi e i sacerdoti sono pertanto rispettati e ascoltati, rappresentano delle figure cardini, delle autorità, un po’ come accadeva da noi qualche decennio fa. I fedeli poi sono aumentati pure per l’attività dei laici, o meglio delle laiche, perché la Chiesa coreana per l’80% è formata da donne. In tale ottica è estremamente significativo il movimento della Legio Mariae, che è suddiviso in gruppi che si occupano di opere di carità, visitano i malati o le persone che soffrono. Proprio questa presenza capillare, questa dedizione dei laici nelle famiglie e nelle comunità, nelle situazioni di dolore, accresce il numero di persone che frequentano le parrocchie.
La Chiesa coreana ha avuto anche un importante ruolo sociale…
Soprattutto negli anni ’80 e ’90 ha svolto un ruolo sociale particolarmente significativo sia fra i contadini sia fra gli operai, e ciò è avvenuto attraverso una grande figura di riferimento qual era il cardinale Kim, morto alcuni anni or sono. Era diventato veramente la voce della coscienza nazionale. Parecchie volte anche il governo del Paese chiedeva l’opinione del cardinale Kim, per qualsiasi tipo di legge o provvedimento. In questi ultimi anni la Chiesa coreana si è un po’ ritirata dall’impegno sociale, non dalle opere di assistenza e aiuto alle persone bisognose, ma come presenza viva nella società e come coscienza critica, preferendo investire tutte le forze nella migliore formazione alla fede dei cattolici (catechismo, gruppi di spiritualità e di preghiera, ascolto della Parola di Dio). Complessivamente però la comunità cattolica è viva, nonostante emergano delle criticità. Innanzitutto la fuga dei giovani, un fenomeno che purtroppo si manifesta in gran parte delle comunità cristiane del mondo e che interessa tutte le religioni, dai protestanti ai buddisti. C’è un alto numero di cattolici battezzati, per esempio, che tuttavia con il trascorrere degli anni non frequenta più la Chiesa e in alcuni casi la percentuale si avvicina pericolosamente al 50%. In questo contesto le vocazioni sacerdotali sono ancora numerose, mentre sono in flessione quelle negli ordini religiosi maschili e femminili. Bisogna anche ricordare che la Corea del Sud negli ultimi 10-15 anni è diventato il paese con il minore tasso di natalità al mondo, tanto che la maggior parte dei nuclei familiari hanno un solo figlio.
Come vivono i cattolici la propria fede? Qual è la realtà soprattutto tra i giovani che il papa incontrerà?
La Chiesa cattolica si muove in molte direzioni (assistenza per anziani, orfani, emarginati, diversamente abili). Non ci sono invece scuole, poiché il governo consente solo l’istruzione pubblica statale. La Chiesa ha comunque molteplici istituzioni di ricerca scientifica, di approfondimento teologico e sociologico. Negli ultimi tempi si è affacciato prepotentemente il problema degli immigrati che arrivano numerosissimi. Ogni diocesi si è attivata con un ufficio di accoglienza, con personale preparato, con un programma ben definito, un budget. Così si riescono a dare delle risposte efficaci a questa problematica sociale. Per quanto riguarda i giovani, secondo me, soffrono molto di solitudine e di senso di abbandono e vivono spesso in un mondo digitale tutto loro. La Corea del resto è avanzatissima nei settori della tecnologia e delle comunicazioni. A ciò si deve aggiungere il fatto che il padre non è sempre presente in famiglia: esce di casa presto al mattino e rincasa tardi. Manca quindi il dialogo con i figli. A scuola devono studiare tantissimo per prepararsi all’esame di ammissione all’università, che per i coreani è un po’ come una sorta di giorno del giudizio, poiché l’esito della prova influenzerà nettamente la loro vita futura (in base ai risultati potranno frequentare gli studi che desideravano seguire o si troveranno tagliati fuori) e rappresenta di conseguenza una svolta radicale nella vita dei giovani. Inoltre il mondo del lavoro per le giovani generazioni è chiuso. In Corea non c’è complessivamente una disoccupazione elevata, ma tra i giovani va oltre il 40%. I giovani che riusciamo a raggiungere fanno parte della comunità cristiana. Gli adulti che partecipano alla vita delle comunità vivono la fede con impegno, ma bisognerebbe verificare quanto la fede incide nelle scelte della vita di ogni giorno.
Quali sono i rapporti con le altre religioni?
Anche in Corea esiste la commissione dei vescovi per il dialogo ecumenico e interreligioso. Sono proposti degli appuntamenti fissi ogni anno. Poi c’è l’intensa attività della Conferenza Coreana delle religioni per la pace, a cui partecipano praticamente tutti i gruppi religiosi e che organizza, fra l’altro, in estate dei fine settimana di conoscenza/esperienza delle diverse religioni. La Chiesa cattolica è quella che spinge di più al dialogo interreligioso. Noi missionari della Consolata abbiamo scelto proprio il dialogo interreligioso come uno dei 3 impegni che portiamo avanti in Corea. Nel nostro piccolo abbiamo costituito dei gruppi di dialogo, formati da laici, grazie ai quali proponiamo delle uscite per visitare qualche tempio o centro religioso, cercando di istaurare un dialogo con le altre religioni che prosegua nel tempo, tramite lo scambio di esperienze (tipo di rapporto con Dio, come si prega…). Si tratta di un seminare di continuo e non si può dire che cosa si raccoglierà: sicuramente migliora la reciproca conoscenza fra le religioni, si abbattono i muri dell’indifferenza, dei preconcetti e dei giudizi negativi e si cerca di avvicinare persone, nel rispetto della propria fede.
Saranno presenti anche alcuni cattolici della Corea del Nord durante la visita del Papa. Che segno può essere questo per i rapporti fra le due Coree?
In Corea del Nord il regime è molto particolare. Ci sono dei momenti in cui è ben disposto e allora il governo invia dei rappresentanti agli incontri asiatici di dialogo interreligioso. Appena sorgono dei contrasti, il vento cambia e tutto si blocca per anni. Se verranno inviati dei rappresentanti ciò accadrà perché il regime della Corea del Nord vorrà far vedere al mondo che da loro c’è libertà religiosa. Cosa non vera. Questo non significa che nel Nord non ci siano cattolici. Secondo noi ce ne sono, però non possono manifestare la loro fede, ricevere i sacramenti, avere assistenza religiosa. Se un gruppo verrà, tuttavia sarà un’apertura significativa verso il dialogo da parte del governo del Nord.