Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Papa Francesco: una carezza della sofferenza agli "ultimi della fila"
Papa Francesco ha celebrato la Coena Domini nel Centro riabilitativo "Santa Maria della Provvidenza" della Fondazione don Gnocchi a Casal del Marmo, periferia geografia ed esistenziale di Roma. Osvaldinho, Orietta, Samuele, Marco, Angelica, Daria, Pietro, Gianluca, Stefano, Hamed, Giordana, Walter: a loro Francesco ha lavato, asciugato e baciato i piedi. Fra di loro tre stranieri e un musulmano.

Casal del Marmo, periferia geografica ed esistenziale di Roma. A distanza di un anno, Papa Francesco torna in questo quadrante della città - i due complessi distano poche centinaia di metri l’uno dall’altro - per rendere omaggio agli “ultimi”, alle vittime di quella “cultura dello scarto” che mina le fondamenta della nostra società, tarpando le ali proprio ai più fragili. Un anno fa, erano i detenuti del carcere minorile, oggi sono i disabili: anziani non autosufficienti, affetti da Alzheimer e Parkinson, malati terminali, persone con gravi cerebrolesioni o in stato vegetativo. Qui al Centro riabilitativo “Santa Maria della Provvidenza” della Fondazione don Gnocchi 12 ospiti, 8 maschi e quattro femmine, tre gli stranieri tra i quali un musulmano, lo aspettavano con più ansia e impazienza degli altri: è a Osvaldinho, Orietta, Samuele, Marco, Angelica, Daria, Pietro, Gianluca, Stefano, Hamed, Giordana, Walter, che il Papa ha lavato, asciugato e baciato i piedi, rinnovando la “carezza” di Gesù verso chi soffre. E proprio di “carezza” ha parlato il presidente della Fondazione don Gnocchi, monsignor Angelo Bazzari. Salutando il Papa a conclusione della Messa in Coena Domini, che tradizionalmente apre le celebrazioni del triduo pasquale, ha definito il gesto del Papa “una carezza della sofferenza”, non solo per il don Gnocchi ma per tutti “gli ultimi della fila”, la “maglia nera di una certa cultura dell’efficientismo”, che però “nel Vangelo sono i primi”. Al centro della breve ma intensa omelia, pronunciata interamente a braccio sotto forma di meditazione, l’”eredità” di Gesù: “dobbiamo essere servitori gli uni degli altri”, ha esortato il Papa, che dopo la Messa ha salutato uno per uno, i 150 ospiti del Centro, intrattenendosi a lungo anche con gli operatori, i volontari e le loro famiglie. Tra il portico esterno, già affollato fin dalle prime ore del pomeriggio, e la chiesa c’erano almeno 500 persone. “Santità, benvenuto tra noi”, ha subito gridato uno degli ospiti con entusiasmo, appena il Papa è entrato dal fondo della navata, salutato da un fragoroso applauso che si è poi ripetuto alla fine. Hanno concelebrato con il Santo Padre mons. Bazzari e il direttore del Centro, don Pasquale Schiavulli. Tre minuti circa di omelia. Nel pronunciarla, il Papa si è soffermato sul gesto della lavanda dei piedi, da lui compiuto subito dopo, in ginocchio. “Abbiamo sentito quello che Gesù ha fatto”, ha esordito Francesco riferendosi al Vangelo di Giovanni: “È un gesto di congedo - ha spiegato -. È come un’eredità che ci lascia. Lui è vivo e si è fatto servo, servitore nostro. E questa è l’eredità che voi dovete avere: essere servitori gli uni degli altri”. “Lui ha fatto questa strada per amore - ha fatto notare il Papa - anche voi dovete essere servitori per amore”. Servi gli uni degli altri. Lavando i piedi agli apostoli, Gesù “fa un servizio da schiavo, da servo, e lo lascia come eredità a noi: noi dobbiamo essere servi gli uni degli altri”. Con queste parole il Papa ha ricordato che la lavanda dei piedi “è un gesto simbolico, lo facevano i servi: quando arrivava gente a cena, le strade a quel tempo erano sporche, e quando entravano a casa era necessario lavare i piedi”. “Per questo, Gesù quando ha istituito l’Eucaristia ha fatto questo gesto, che ci ricorda che noi dobbiamo essere servi gli uni degli altri”. “Io lo farò - ha concluso il Papa - ma tutti noi nel nostro cuore pensiamo agli altri, all’amore che Gesù ci dice che dobbiamo avere per gli altri. E pensiamo a come possiamo servire le altre persone”. Grazie dell’accoglienza. “Ringrazio tutti voi per l’accoglienza, per la vostra buona volontà, per la vostra pazienza, per la vostra fede, la testimonianza della vostra speranza”. È il saluto di Papa Francesco al termine della Messa “in Coena Domini”, durante la quale ha lavato, asciugato, accarezzato e baciato i piedi di 12 disabili, dai 16 agli 86 anni. “Che il Signore risorto vi visiti - ha proseguito il Santo Padre - vi consoli e sia in mezzo a tutti voi”. Poche ore prima, nella Messa crismale, Papa Francesco aveva inaugurato il suo secondo Giovedì Santo da Pontefice parlando dell’importanza che il gregge custodisca la gioia del suo Pastore. Un sacerdote - e un papa - è “una persona molto piccola” senza il suo popolo: il popolo del “padre dei mutilatini”, incontrando il successore di Pietro nell’anno in cui si celebrano i cinque anni dalla beatificazione di don Gnocchi, certamente non dimenticherà questa giornata. Come Samuele, uno dei 12 “prescelti” per la lavanda dei piedi, al Centro “Santa Maria della Provvidenza” prima da paziente e poi da operatore: “Qui dentro ho vissuto momenti belli e altri meno. Ma quello che ho provato oggi è qualcosa che non si può descrivere”. O come Giordana, che prima di Francesco aveva già incontrato personalmente Giovanni Paolo II. Due papi che le hanno insegnato “a non arrendermi, a dare una mano a non perdere la speranza ai miei fratelli di sofferenza”.