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Leone XIV ai giovani: “Aspirate a cose grandi”

Da Tor Vergata, nella messa a conclusione del Giubileo dei giovani, il Papa chiesto loro di alzare gli occhi e aspirare a cose grandi, come hanno fatto Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis. Perché la fragilità non è un tabu’, “è parte della meraviglia che siamo”. Non spegnere la speranza “con surrogati inefficaci”. Al termine, l’appuntamento a Seul, nel 2027, per la Gmg

“Aspirate alle cose grandi”, come Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, perché la fragilità non è “un tabù” e “la pienezza della nostra esistenza non dipende da ciò che accumuliamo né, da ciò che possediamo”. Papa Leone XIV parla ad oltre un milione di giovani radunati a Tor Vergata per il momento conclusivo del Giubileo dei giovani e dimostra di prendere sul serio la loro condizione, a partire da una sete di infinito che brucia forte nel cuore e che non chiede altro che di essere saziata. Paragona l’itinerario compiuto in questi giorni dal “popolo giovane”, incontrato per la prima volta, al cammino compiuto dai discepoli di Emmaus e descrive la speranza come uno sgabello che serve ai bambini per affacciarsi alla finestra di Dio. “E’ bello, anche a vent’anni,” spalancare quella finestra sull’infinito, imparando a dire noi ai “surrogati inefficaci” della speranza. Perché, come diceva Papa Francesco durante la Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, “non siamo malati, siamo vivi”, e siamo fatti per “non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore”, gli ha fatto eco Prevost. “Una cascata di grazia per la Chiesa e il mondo intero”: così il Papa ha definito il Giubileo dei giovani, durante l’Angelus, in cui ha affidato ancora una volta al Signore le due pellegrine scomparse in questi giorni e ha citato i giovani di Gaza e dell’Ucraina, insieme a tutti i giovani che soffrono “in ogni terra ferita dalla guerra”.

“Dopo questo Giubileo, il pellegrinaggio di speranza dei giovani continua e ci porterà in Asia”, ha poi detto dando ai giovani l’appuntamento a Seoul, per la Giornata mondiale della Gioventù, dal 3 all’8 agosto 2027 sul tema: ‘Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo’”. Alla fine, fuori programma, acclamato dall’immensa platea di giovani che scandiva il suo nome, Leone XIV è tornato a sorpresa sul palco, per salutarli ancora una volta con un appello a braccio: “Chiedo che voi portiate un saluto anche a tanti giovani che non hanno potuto stare qui con noi, in tanti Paesi dove era impossibile uscire. Portate questa gioia, questo entusiasmo a tutto il mondo! Voi siete sale della terra, luce del mondo: portate questo saluto a tutti i vostri amici, a tutti i giovani che hanno bisogno di speranza. Grazie di nuovo a tutti voi e buon viaggio!”

La fragilità “non è un tabu”, “è parte della meraviglia che siamo”, l’esordio dell’omelia, in cui il Papa si è soffermato sull’incontro con il Risorto “che cambia la nostra esistenza, che illumina i nostri affetti, desideri, pensieri”. “Siamo fatti così: siamo fatti per questo”, il paragone con i fiori nei prati: “Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore”.

“Aspiriamo continuamente a un ‘di più’ che nessuna realtà creata ci può dare”, il ritratto dei giovani: “sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere”. “Di fronte ad essa, non inganniamo il nostro cuore, cercando di spegnerla con surrogati inefficaci!”, ha esclamato il Pontefice: “Ascoltiamola, piuttosto! Facciamone uno sgabello su cui salire per affacciarci, come bambini, in punta di piedi, alla finestra dell’incontro con Dio. Ci troveremo di fronte a Lui, che ci aspetta, anzi che bussa gentilmente al vetro della nostra anima. Ed è bello, anche a vent’anni, spalancargli il cuore, permettergli di entrare, per poi avventurarci con Lui verso gli spazi eterni dell’infinito”. Poi la citazione di Sant’Agostino: “Tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità”. “Sono parole molto belle”, ha commentato Papa Leone in spagnolo, che ricordano quelle pronunciate da Papa Francesco durante la Giornata mondiale della Gioventù di Lisbona: “Ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a intraprendere un viaggio, a superare se stessi, a andare oltre, a un decollo senza il quale non c’è volo. Non allarmiamoci, quindi, se ci troviamo interiormente assetati, inquieti, incompleti, desiderosi di senso e di futuro. Non siamo malati, siamo vivi!”.

“C’è una domanda bruciante nei nostri cuori, un bisogno di verità che non possiamo ignorare, che ci porta a chiederci: cos’è la vera felicità? Qual è il vero significato della vita?”, ha detto il Papa in inglese: “Cosa può liberaci dall’essere intrappolati nell’insulsaggine, nella noia e nella mediocrità?. La pienezza della nostra esistenza non dipende da ciò che accumuliamo né, da ciò che possediamo. È legata piuttosto a ciò che con gioia sappiamo accogliere e condividere”,’ il segreto offerto ai giovani. Comprare, ammassare, consumare, non basta. Abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto, alle cose di lassù, per renderci conto che tutto ha senso, tra le realtà del mondo, solo nella misura in cui serve a unirci a Dio e ai fratelli nella carità, facendo crescere in noi sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, di perdono, di pace, come quelli di Cristo”.

“Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno”. E’ la consegna del Papa ai giovani. “La nostra speranza è Gesù”, ha ribadito Leone XIV: “È Lui, come diceva San Giovanni Paolo II, che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna”. “Teniamoci uniti a Lui, rimaniamo nella sua amicizia, sempre – la raccomandazione del Pontefice – coltivandola con la preghiera, l’adorazione, la comunione eucaristica, la Confessione frequente, la carità generosa, come ci hanno insegnato i beati Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis, che presto saranno proclamati canti”.

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