Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Mauro Tagliapietra, medico geriatra esperto in bioetica, narra in un libro l'esperienza con i malati terminali
Un libro per raccontare una lunga storia professionale, a fianco ai malati, prendendosi cura dei pazienti in tutta la loro globalità.

Un libro che parla di vita mentre racconta frammenti di storie, di pensieri, di riflessioni, vissute da un medico con malati terminali e con le loro famiglie. E’ quello che ha recentemente dato alle stampe Mauro Tagliapietra, veneziano di nascita e castellano di adozione, medico geriatra esperto di bioetica, che dal 1998 ha lavorato nell’unità operativa delle cure domiciliari dell’Ulss 2, occupandosi di cure palliative in ambito domiciliare. “Oggi non voglio più morire, voglio vivere!” è un testo denso di esperienza di vita, delicato nell’accostarsi anche a chi sta per morire, profondo nelle mature riflessioni teoriche nate dalle storie concrete, toccanti, vissute a casa con i malati terminali e le loro famiglie. “In queste pagine - scrive nella sua prefazione mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita - l’autore mette insieme diverse dimensioni: quella medico-scientifica e quella umana. E non è scontato, se pensiamo a quanto spesso abbiamo a che fare con una medicina segnata da mentalità efficientista, che si traduce in operatività proiettata a guarire o a tenere in vita a tutti i costi”. La terza via tra metodiche cliniche per allungare la durata della vita e l’abbandono a se del paziente, se non c’è più nulla da fare è, dunque, urgente: “E’ la strada del prendersi cura dell’altro, anche quando non può più guarire. Alleviare la sofferenza e il dolore è importante, ma è fondamentale anche preoccuparsi del contesto in cui il paziente vive, le sUe relazioni, le sue paure, i suoi desideri”. Prendersi cura è dunque la nuova frontiera di una società dal volto umano, che sappia guardare all’altro e alle sue necessità, con operatori competenti, coscienziosi.
“Scrivo per non dimenticare l’esperienza umana e professionale che mi è stata donata di svolgere come medico palliativista per circa venti anni - sottolinea Tagliapietra -. Con il reverente timore che si addice alla sacralità della vita dell’uomo e della donna, ancor più se sofferenti; con la debolezza consapevole di non aver avuto sempre la migliore risposta o quella più pronta, ma cercando di stare vicino a questa povera umanità dolente”. Ci sono accenni di storie di persone giovani ed anziane, rasserenate ed arrabbiate, sole o circondate da molto affetto; storie di dolore, di speranza, di abbandono alla misericordia di Dio, di dedizione. “Ho toccato con la mia mano - scrive alla fine del suo libro Tagliapietra - i santi che mai andranno sugli altari, uomini e donne, la maggioranza sposati, lavoratori o casalinghe, che portavano con coraggio e semplicità la croce della malattia uniti a Cristo crocifisso. Un esempio forte e quotidiano per la mia paura della sofferenza”. La riflessione sul tempo percorre tutte le pagine: il tempo verso la fine, in cui i legami familiari si fanno più forti, in cui ci si prepara al distacco: “Nel tempo in cui «non c’è più niente da fare» viene chiesto ai familiari di fare molto, tra cura e accudimento - sottolinea nelle sue conclusioni al testo don Francesco Pesce, direttore del Centro della Famiglia di Treviso -. E in questo tempo rimane l’accompagnare, essere presenti e lasciar andare. In questo farsi vicini è possibile riconoscere la medesima condizione di vulnerabilità, con il malato e con tutta l’umanità”.