venerdì, 09 maggio 2025
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Cooperativa Solidarietà: pronti a ripartire con i più fragili

Il presidente della cooperativa di Monigo, Luigi Zoccarato, lancia l'allarme sulle categorie meno protette. Intanto l'impresa sociale si riorganizza. Attraverso una co-progettazione con l’Ulss2 si pensa di iniziare a riaprire a piccoli passi il ceod entro la prima metà di maggio, ma non potrà accogliere subito tutti.

Le conseguenze dell’emergenza sanitaria in corso hanno colpito maggiormente le persone più fragili, come quelle con disabilità. A lanciare l’allarme il presidente della cooperativa Solidarietà di Monigo, Luigi Zoccarato, che racconta di come si siano dovuti sospendere i lavori nei centri diurni con 40 persone rimaste a completo carico delle famiglie, con un forte stress per tutti e una sospensione dei progetti individuali di autonomia proposti dalla cooperativa, e di come invece chi viveva nelle comunità alloggio, in totale 27 persone, sia rimasto chiuso dentro, isolato, senza contatto con i familiari e con una routine quotidiana tutta da reinventare.

“Gli operatori si sono dati da fare per mantenere i contatti con tutti – ha raccontato –, per stare vicini ai familiari e sostenerli, ma c’è una certa sofferenza”.

Ora si spera di ripartire, con una diversa organizzazione, per dare sollievo e riallacciare le relazioni, con il supporto, anche economico, dell’Azienda sanitaria: “Siamo impegnati con altre realtà perché ci venga riconosciuto il lavoro che stiamo svolgendo in questo momento, perché gli operatori sono comunque impegnati nell’assistenza; le nostre attività complementari come l’ostello, la sala riunioni e conferenze, le iniziative con i ragazzi invece sono ferme e queste servivano a compensare le spese a beneficio delle persone che seguiamo”.

Dal nove marzo scorso, come ha chiarito la responsabile educativa della cooperativa Lisa Cendron si sono fermati i centri diurni, le visite domiciliari e l’accompagnamento al lavoro, sospesa anche l’accoglienza temporanea negli appartamenti; fermo il progetto “Dopo di noi”, che permetteva alle persone con disabilità di creare un disegno di vita autonomo. Verrà ridisegnato dalle esigenze di sicurezza sanitaria. Solo le comunità residenziali sono rimaste attive.

“Questo comporta una serie di criticità – ha spiegato Lisa Cendron –, dal disorientamento sociale alla perdita della routine giornaliera e alla convivenza forzata all’interno del nucleo familiare. Abbiamo attivato dei servizi di prossimità nella distanza per tenere viva l’autonomia, per esempio attraverso un canale Youtube. Negli alloggi abbiamo dovuto reinventare le abitudini, per le persone con disabilità è stato più difficile comprendere questo cambiamento. Per fortuna le nostre strutture hanno delle risorse esterne, a Monigo la cooperativa agricola Topinambur gestisce la fattoria sociale e didattica e i residenti della comunità hanno potuto prendersi cura delle aiuole al posto delle persone che frequentavano il centro diurno, mentre a Santa Bona si sono occupati degli orti e di alcuni lavori di restauro di mobili”. E’ rimasta, tuttavia, la voglia di riallacciare un legame forte con il territorio. Saltate la festa della Fragola e i progetti con le scuole, si pensa a qualche grande evento per l’autunno, coronavirus permettendo.

La responsabile educativa riflette inoltre sulle conseguenze e sulle sfide per il futuro: “Bisogna capire cosa ci portiamo a casa da questo momento così inaspettato per tutti; sarà possibile una nuova modalità dei nostri servizi? Nei centri diurni dovremo mettere in campo interventi 1 a 1, per poche persone alla volta e dilazionate nel tempo. Andiamo incontro a una forma di welfare molto diversa da quella che conosciamo. Pensiamo anche ad attività aperte sul territorio come gite e passeggiate, per garantire la sicurezza. Di positivo c’è che le persone con disabilità e le famiglie hanno acquisito nuove competenze nell’uso delle tecnologie. Per i nuclei familiari, tuttavia, è difficile trovare nella quotidianità sempre nuovi stimoli e sarebbe importante capire quale sia stato l’impatto psicologico ed emotivo dell’isolamento sociale nelle persone con disabilità”.

Attraverso una co-progettazione con l’Ulss2 si pensa di iniziare a riaprire a piccoli passi il ceod entro la prima metà di maggio, ma non potrà accogliere subito tutti.

“La co-progettazione con l’Ulss è preziosa e porterà sollievo anche dal punto di vista economico. Non bisogna dimenticare che la cooperazione porta posti di lavoro, noi siamo 56 dipendenti e abbiamo sempre lavorato tutti”.

Il futuro, in ogni caso, preoccupa: “Siamo pronti a ricominciare – ha concluso il presidente – accoglieremo in misura ridotta, ma dobbiamo mantenere l’occupazione, perché il lavoro è parte fondamentale del progetto di vita di ogni persona e quando non c’è manca, come mancano le relazioni. Da questa situazione sono state colpite sopratutto le persone più deboli, mi chiedo se con la ripresa delle attività si penserà ancora a loro”.

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