Penso che molti, come me, siano rimasti inizialmente un po’ sorpresi dalla elezione al pontificato del...
Lega nazionale? Bene, ma non diventi lepenista
Marzio Favero, “spirito libero” del Carroccio, commenta la svolta di Salvini: “Il federalismo deve unire l’Italia, battaglia giusta, ma, ribadisco il mio giudizio sulla Le Pen. Il sovranismo e il contrario del federalismo". E al segretario consiglia di moderare il linguaggio.

Nazionale e non più settentrionale. “Lepenista” più che federalista (in Francia il partito di Marine Le Pen è sempre stato nazionalista). E’ la nuova Lega 2.0 di Matteo Salvini, che si candida a guidare la destra, saldandosi con i movimenti populisti e nazionalisti. Una svolta che porta Salvini a manifestare a Napoli, in un clima di tensione e scontri. E che porta il fondatore Umberto Bossi a sconfessare apertamente il suo successore.
Inevitabile chiedersi se qualche mal di pancia stia sorgendo anche in Veneto. Espulso dalla Lega Bepi Covre, a guidare gli “spiriti liberi” del Carroccio è rimasto Marzio Favero, sindaco di Montebelluna. Era stato proprio lui a scrivere quattro anni fa, nel momento buio del suo partito, un manifesto per il rilancio firmato anche da Covre. “E non solo, molti sindaci lo avevano firmato, tra cui l’attuale segretario nazionale della Liga Veneta Toni Da Re”, aggiunge l’interessato.
Favero, le piace la svolta nazionale di Salvini?
Il federalismo ha una forza centripeta, e non centrifuga, che provoca unioni leali tra realtà diverse. Finora lo Stato centralista non è stato in grado di governare le diversità. Ritengo che la battaglia federalista sia valida per tutte le regioni, e quindi l’idea di Salvini è corretta e generosa. Si tratta di un altro modo di intendere lo Stato, più partecipativo. La proposta c’era già nel mio documento di quattro anni fa. Poi si può discutere sui toni e sui modi...
Non le sembra però che la Lega si dia una dimensione nazionale per altre ragioni? Il federalismo sembra finito in un cassetto...
Non è così, Salvini lo ha detto e ribadito: la missione è federalista, a costo di creare un gruppo trasversale che combatta l’Europa della burocrazia, cosa ben diversa rispetto all’idea di Europa. Norberto Bobbio scriveva che per il vero federalista lo Stato è troppo grande rispetto al locale e troppo piccolo rispetto alla dimensione internazionale.
Non avrà mica cambiato idea sulla svolta lepenista di Salvini, in passato da lei avversata?
No di certo, ribadisco il mio parere sulla Le Pen e sul Front National. Mentre la battaglia federalista è strategica, ci possono poi essere delle alleanze tattiche. Ma resto convinto che il “sovranismo” sia il contrario del federalismo. Io credo nell’Europa dei popoli, ma dobbiamo partire dal fatto che lo Stato moderno è ormai un relitto della storia, uno strumento superato.
Il referendum sull’autonomia del Veneto che Zaia vuole fare che senso avrebbe nell’ottica di una battaglia nazionale?
E’ un’occasione straordinaria, saremmo i primi a porre il problema e ad indicare la strada alle altre regioni italiane. Del resto Zaia ha sempre ricordato il valore dell’unità nazionale.
Per Bossi dare vita ad una Lega nazionale è un errore, che ne pensa?
In realtà anche Bossi aveva cercato di lanciare una forza nazionale, forse i tempi non erano maturi, ora c’è una classe dirigente più matura. Proporre la secessione fu però un errore. E poi... mi lasci dire, c’è un’età per tutto. Da Bossi e da Berlusconi mi aspetterei più saggezza.
Intanto a Napoli la presenza di Salvini ha provocato scontri e polemiche.
Ma chi è l’incivile? Chi cerca un dialogo o chi impedisce all’altro di parlare? Lo squadrismo può essere rosso o nero, ma sempre squadrismo è.
Salvini però non è certo un agnellino, pensiamo al suo modo di parlare, al suo linguaggio aggressivo, non trova?
Vorrei precisare che sul mio documento di quattro anni fa veniva posta anche la questione del linguaggio e del pensiero nel nostro movimento, con la necessità di una sua evoluzione. Trovo però che in tutto questo ci sia una corresponsabilità forte dei media: per essere ascoltati bisogna urlare. E così il linguaggio degrada.