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Eredi e quote del Tfr maturate e non ancora liquidate

Al momento del decesso di un lavoratore, ancora in servizio, maturano tutta una serie di spettanze retributive che il datore di lavoro ha l’onere di liquidare. Queste somme, che evidentemente non possono essere liquidate direttamente al lavoratore defunto, non confluiscono automaticamente nell’asse ereditario, bensì vengono assoggettate a una disciplina diversa a seconda della loro natura. Il legislatore opera una suddivisione tra somme “iure proprio” che sono attribuite ai sensi delle norme del Codice civile a soggetti predeterminati dalla legge e somme “iure successionis” da devolvere ai chiamati all’eredità, secondo le normali regole di successione. Appartengono alla seconda categoria le somme maturate dal lavoratore per effetto delle prestazioni rese fino al momento del decesso e non ancora liquidate quali, ad esempio, la retribuzione dell’ultimo mese, gli straordinari, le ferie e i permessi non goduti, la tredicesima e quattordicesima mensilità. Tali somme vengono liquidate in successione agli eredi - ricordiamo che si diventa erede solo con l’accettazione dell’eredità, sia essa espressa o tacita - previa comunicazione al datore di lavoro della dichiarazione di successione. Appartengono, invece, alla categoria “iure proprio” le somme previste tassativamente dall’art. 2122 c.c., ossia l’indennità sostitutiva del preavviso e il trattamento di fine rapporto. La corresponsione di queste somme, quindi, è indipendente dall’accettazione dell’eredità in quanto le stesse sono assegnate dalla legge ai superstiti, non necessariamente eredi del defunto, e non entrano a far parte dell’asse ereditario. Il Codice civile stabilisce che in caso di scioglimento del rapporto di lavoro (subordinato) il recedente (datore di lavoro o dipendente) deve concedere all’altra parte un termine di preavviso, prefissato dalla legge che, se non rispettato, si trasforma in un’indennità da versare. Se il lavoratore muore, la stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro ai superstiti che, allo stesso modo, hanno diritto di percepire il trattamento di fine rapporto (Tfr), ai sensi di quanto disposto dall’art. 2120 c.c. relativamente alle somme maturate fino alla data di decesso e, ovviamente, non ancora percepite. I superstiti beneficiari di tali somme sono individuati dall’art. 2122 c.c. nel coniuge (o unito civilmente), nei figli e, se vivevano a carico del lavoratore, nei parenti entro il terzo grado (ad esempio il bisnipote in linea retta del lavoratore o il nipote in linea collaterale) e negli affini entro il secondo grado (nonni in linea retta del coniuge del lavoratore o i cognati in linea collaterale). La suddivisione delle somme andrà fatta secondo accordo tra i beneficiari, da comunicarsi al datore di lavoro, oppure secondo il bisogno di ognuno con necessità di ricorso al Giudice in caso di disaccordo. Solo qualora manchino i soggetti indicati dall’art. 2122 c.c., le somme verranno liquidate secondo le normali regole di successione, legittima e/o testamentaria. E se il Tfr è versato in un fondo pensione anziché restare in azienda? Se la morte del lavoratore avviene durante la fase di accumulo, prima che il lavoratore vada in pensione, il fondo viene liquidato ai beneficiari designati dall’aderente, che possono essere familiari, oppure anche persone diverse a seconda dell’indicazione fornita dal lavoratore al momento della stipula del fondo o successivamente, essendo tale scelta sempre modificabile.

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