Il Governo Netanyahu
In questo, il Governo di Benjamin Netanyahu, tenuto sotto scacco dalla destra estrema,...
Ufficialmente, il Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia verrà chiuso dall’81ª Assemblea generale della Cei che si incontrerà ad Assisi, dal 17 al 20 novembre, quando ci sarà la ricezione del Documento di sintesi, approvato a Roma il 25 ottobre scorso dalla Terza Assemblea sinodale. Un appuntamento al quale i Vescovi italiani arriveranno anche con l’aiuto di un testo, che viene elaborato in questi giorni da un gruppo di Vescovi, nel quale saranno indicate priorità e note, proprio a partire dal Documento. Successivamente - come ha stabilito il Consiglio permanente della Cei a fine settembre -, alla luce del Documento di sintesi e delle riflessioni dell’Assemblea generale, questo stesso gruppo, supportato da esperti, preparerà le prospettive pastorali che accompagneranno le Chiese in Italia nei prossimi anni. Anche il nostro Vescovo si sta preparando alla nuova tappa del percorso, l’Assemblea di Assisi, con la gioia per quanto vissuto a Roma.
Come valuta il lavoro dell’Assemblea di fine ottobre e il clima che si è respirato?
L’atmosfera di rinnovato incontro tra delegati è stata piacevole, costruttiva. Pur non essendo stata prevista dall’inizio, quella tappa, causata dalla nota battuta di arresto di aprile, arrivavamo consapevoli del valore di un documento che aveva fatto ulteriori passi positivi buoni, con un grande miglioramento. Sapevamo che l’impegno della votazione non sarebbe stato foriero di nuove tensioni, ma che portava a maturazione un percorso che, pur nella densità, è stato fatto bene. Per noi del Triveneto, inoltre, l’incontro a Santa Giustina Bellunese, prima dell’Assemblea, è stato un passo importante: la nostra delegazione regionale ha potuto presentare delle note, degli emendamenti puntuali che in parte sono stati recepiti nel Documento.
I delegati hanno vissuto anche dei momenti insieme alle équipe sinodali da tutto il mondo, riunite per il loro Giubileo.
Sì, è stato particolare vivere l’Assemblea nel contesto del Giubileo delle équipe sinodali, che allargava lo sguardo sul mondo intero. Noi trevigiani eravamo quasi al completo come équipe diocesana: una parte viveva l’Assemblea, da delegati, e l’altra era presente agli appuntamenti giubilari, con qualche occasione insieme, in particolare l’incontro iniziale con papa Leone e l’appuntamento del sabato pomeriggio con le testimonianze da tutto il mondo, oltre, naturalmente, alla messa a San Pietro la domenica mattina. Era bello per me sapere che, mentre ero in assemblea, c’erano cinque persone della nostra équipe che partecipavano al resto delle proposte, facendo cose diverse, ma nello stesso spirito e nella continuità del lavoro. Il respiro mondiale dei momenti condivisi, poi, ci ha permesso di capire che quello che stiamo facendo noi a Treviso e nelle altre diocesi italiane, viene fatto in Oceania come negli Stati Uniti, in Africa e in America latina. E questo, a me personalmente, ha fatto bene, perché dà un respiro universale al cammino, ritrovando, però, in tutti i momenti le stesse tracce del percorso diocesano, italiano, e della Chiesa universale. Ascoltando testimonianze di famiglie, di sacerdoti, di laici e laiche, abbiamo scoperto che, pur nella molteplicità delle situazioni, un certo modo condiviso di vivere la realtà ecclesiale si sta facendo strada. Questo cammino, insomma, non è una solo una sovrastruttura. Certamente, poi, deve raggiungere la vita quotidiana di tutte le nostre comunità, e qui ci sarà ancora della strada da fare.
Come proseguirà questo cammino?
La ricaduta è già il modo con cui tentiamo di affrontare le questioni, la modalità del lavoro, la condivisione per quanto possibile dell’esperienza, del vissuto, la compartecipazione di tutti e il tentativo di mettere in campo una corresponsabilità che fa parte della natura stessa della fede, con il suo mandato missionario radicato nel battesimo. Papa Leone ci ha detto fin dall’inizio che la sinodalità è un modo di vivere la vita della Chiesa, di camminare insieme, è uno stile più che un metodo. E questo lo stiamo sperimentando. Però, deve coinvolgere sempre più persone, sempre più comunità, e quanto più sentiremo importante questo, tanto più poi vivremo anche i necessari cambiamenti e riforme in una maniera più serena e con meno paure.
Cosa sarete chiamati a fare ad Assisi?
Rispetto al documento, che è molto vasto, con considerazioni, suggerimenti, proposte su tanti aspetti della vita della Chiesa, come Vescovi siamo chiamati a stabilire delle priorità, gli aspetti da cui partire, che cosa si può fare tutti insieme come Chiesa italiana, che cosa si può iniziare a impostare come conferenze regionali - per noi il Triveneto - e che cosa viene lasciato al percorso delle diocesi. In primavera, noi a Treviso avremo un incontro congiunto dei Consigli, quello presbiterale e quello pastorale diocesano, per vedere come continuare il lavoro su queste priorità.
Ci sono alcuni aspetti del Documento in cui risuona quanto stiamo vivendo come Diocesi?
Il percorso sulle Collaborazioni pastorali è la ricezione di quanto, in alcuni passaggi del Documento nazionale, viene chiesto alle Chiese: è una priorità che sento urgente e importante, perché ci aiuterà a organizzare il nostro modo di essere Chiesa missionaria, che annuncia, con la sua vita e con le parole, il Vangelo in questo nostro tempo. Anche il nostro investimento sul fronte della formazione, in particolare degli organismi di partecipazione, come i Consigli, incrocia un tema centrale e trasversale del documento, come anche dei testi del Sinodo dei Vescovi. Altra dimensione centrale, che papa Leone ci ricorda continuamente, è quella di una Chiesa che si fa povera con i poveri: è la vita secondo il Vangelo che ci viene consegnata in “Dilexi te”, ed è una dimensione fondamentale della forma che vogliamo dare alla nostra Chiesa. In questo percorso ho riscontrato, con piacere, la centralità della conversazione nello Spirito in tutte le esperienze, in tutto il mondo. Dobbiamo imparare a farla bene, e anche la formazione per i facilitatori che abbiamo avviato in Diocesi va in questa direzione.
Un ultimo ricordo della messa con papa Leone in basilica?
Per me è stata la prima volta che ho concelebrato nella basilica di San Pietro con il Papa, ho sempre vissuto fuori in piazza le celebrazioni insieme a lui. Era forte il senso di una celebrazione che ci costituisce Chiesa universale.