sabato, 05 ottobre 2024
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Gli scout trevigiani sul confine italo-francese, per comprendere le rotte migratorie

Esperienza forte che va messa a frutto, creando consapevolezza

Esperienze che non si fermano una volta concluse, che rilanciano l’impegno e provano a costruire narrazioni nuove e più aderenti alla realtà dei fatti, rispetto a temi troppo spesso ancora divisivi, infarciti di luoghi comuni, complessi. Quella vissuta la scorsa estate dal clan fuoco “Tesoro nascosto” del gruppo scout Agesci Treviso 6 appartiene a questo genere di vicende. Una decina di ragazzi, tra i 17 e i 19 anni, accompagnati dai loro capi, sono andati fino a Ventimiglia, per svolgere attività di servizio con la Caritas locale e soprattutto conoscere il tratto drammaticamente noto della rotta dei migranti verso la Francia.

“Era già da un paio di anni che ci interrogavamo su questo tema - racconta Enrico, capo clan -; abbiamo conosciuto la realtà di Giavera del Montello, i volontari dell’associazione Lungo la rotta, l’esperienza del prof. Calò. E così quest’anno abbiamo deciso di conoscere da vicino la realtà di Ventimiglia”.

Spariti nel 2023 i passaggi dalla rotta balcanica che hanno caratterizzato gli ultimi anni, sulla frontiera italo francese premono in questo periodo soprattutto gli africani. L’Italia per loro è un molo, si approda e dopo poche settimane di esperienze nei centri di accoglienza straordinaria ci si presenta alle frontiere con la Francia, chiuse dal 2015, per passare nel cuore d’Europa. In media occorrono due o tre tentativi, ma quando respingimenti e nuovi arrivi si sommano, la situazione - normalmente d’estate - si complica anche per carenze strutturali. Nella cittadina dove terminano Italia e Liguria, manca ad esempio da tre anni un centro di accoglienza per evitare che i migranti in transito giornalieri stazionino in strada e in spiaggia prima di provare la traversata. La sede Caritas è il riferimento per i pasti e l’assistenza per questo popolo di strada. Qui collaborano Diaconia valdese, We world e Save the children.

“Abbiamo unito insieme l’esperienza del servizio con l’ascolto di testimoni chiave e l’approfondimento - raccontano -. Ci siamo incamminati sul «sentiero della morte», abbiamo visto, toccato con mano, conosciuto molte storie di migrazione”. Rientrati, gli scout si sono organizzati e hanno proposto una veglia a tutta la comunità parrocchiale e al quartiere di San Zeno, già di per sé realtà multiculturale, e ora stanno pensando a quali altre prospettive di impegno possono aprirsi per loro. “Questa in fondo è la domanda delle domande: come mettere a frutto l’esperienza vissuta? Ce lo siamo chiesto e abbiamo capito che innanzitutto possiamo favorire un cambio di sguardo, un nuovo racconto e una nuova consapevolezza a partire dai nostri coetanei sui fenomeni migratori”. Solo in questo modo è possibile trasformare i sentimenti iniziali che hanno provato, di rabbia e di ingiustizia, in bene e fare la differenza.

“Nessuno di noi si aspettava di vivere un’esperienza tanto forte e significativa - concludono -. Ora non ci mancano le idee (e le occasioni) per trovare modi di renderla capace di trasformare la nostra quotidianità”.

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