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San Donà, il sindaco Teso sul caso della comunità islamica e i luoghi di culto: “Un cammino culturale”

La sede dell’associazione culturale Arrahma, sita in via monte Popera, nel popoloso quartiere Mussetta di sotto, è finita al centro di un acceso dibattito politico a San Donà. L’associazione, che riunisce la comunità musulmana del Sandonatese, ha trasformato la propria sede in una piccolo luogo di culto, andando contro il regolamento comunale. Quale percorso intraprendere per vivere insieme? “Questo percorso richiederà una o due generazioni, ma va intrapreso. Dire, poi, rimandiamoli a casa è una follia, ed è contrario al nostro interesse”
28/11/2025

La sede dell’associazione culturale Arrahma, sita in via monte Popera, nel popoloso quartiere Mussetta di sotto, è finita al centro di un acceso dibattito politico a San Donà. L’associazione, che riunisce la comunità musulmana del Sandonatese, ha trasformato la propria sede in una piccolo luogo di culto, andando contro il regolamento comunale. Quale percorso intraprendere per vivere insieme? Ne abbiamo parlato col sindaco, Alberto Teso.

Il dialogo con questa comunità sembrava promettente: appena eletto li aveva accolti recitando la shahada, appresa durante gli studi universitari...

Poi è successo che la sede di via Monte Popera, locale prima adibito ad attività commerciale, è stato trasformato in luogo di culto e di insegnamento dell’arabo. A seguito di segnalazione, sono stato convocato in Prefettura. Mentre la preghiera individuale è libera, un luogo di culto con 200 persone è un’altra cosa: ci sono prescrizioni urbanistiche da rispettare. L’area va destinata a tale scopo. L’ex ristorante di Chiesanuova, acquistato dalla comunità rumeno-ortodossa, aveva ottenuto il cambio di destinazione nella precedente Amministrazione, per diventare una chiesa.

Una moschea in via Popera non è consentita, e abbiamo revocato l’agibilità: personalmente mi è dispiaciuto perché vedo questa comunità impegnata nell’integrazione.

Molti membri della comunità si vogliono integrare, donando il sangue in ospedale e un defibrillatore di comunità. C’era frustrazione...

Il problema è duplice. In primo luogo, c’è un aspetto normativo: il consiglio di Stato impone che ci vuole un’area destinata a realizzare luoghi di culto collettivi. In secondo luogo, c’è resistenza da parte di alcuni, avversi a vedere luoghi di culto di cittadini integrati. Dobbiamo creare una modifica culturale, che consenta a tutti di capire che questi sono i nuovi italiani, con un approccio pragmatico: studiano e giocano con i nostri figli, vivono e lavorano con noi: pensiamo all’edilizia o alla ristorazione. Hanno una religione diversa dalla nostra, ma non ci dovrebbe essere nessuna ragione per impedire loro di professare il loro credo, nel rispetto delle leggi. Questa è l’apertura che dobbiamo dare: controlliamo i nostri confini, ma al tempo stesso diamo loro gli strumenti per imparare la lingua e insegnare e far vivere una serie di principi fondamentali e costituzionali, agli uomini e soprattutto alle donne, che in molti casi arrivano in situazioni di analfabetismo: sia bambini che bambine devono andare a scuola e avere gli stessi diritti. Idem, il matrimonio libero e la libertà economica e finanziaria delle donne, ma quante di queste donne hanno un conto corrente intestato? Questo percorso richiederà una o due generazioni, ma va intrapreso. Dire, poi, rimandiamoli a casa è una follia, ed è contrario al nostro interesse.

Per questa comunità si può individuare un luogo dove realizzare una moschea nella nostra città?

Ci sta pensando Venezia, ma richiede una variante al piano regolatore. A dire il vero non c’è stata neanche una richiesta, in tal senso, a San Donà.

Il cimitero cittadino è pronto a dedicare un’area alle sepolture di altra religione?

Questo è presente nel nostro programma, ma deve essere rivista l’organizzazione del cimitero: è una cosa a cui personalmente credo. I tempi, però, non saranno brevi.

Come far partecipare attivamente questi cittadini alla vita della nostra comunità?

Siamo impegnati per organizzare nel centro culturale Arrahma iniziative di formazione con le associazioni della città. Pensare con noi a condivisione di qualche ricorrenza, in modo da festeggiarla insieme, e forme di conoscenza reciproca. A ottobre, la giornata dell’immigrazione-emigrazione, alla casa delle associazioni, è stata un momento di confronto molto interessante. Partendo dalle difficoltà riscontrate in altre realtà del Nordest, dobbiamo appunto lavorare su una terza via: né contrapposizione, né apertura indiscriminata, ma convivenza e condivisione di principi fondamentali. Deve esserci sforzo comune e apertura da entrambe le parti. Cerco di dar loro una mano: sono anche il loro sindaco.

L’associazione “Accogliere” impegnata nei corsi di lingua per stranieri, vede riconosciuto dalla comunità il suo impegno, ma chiede un aiuto per pagare l’affitto.

Per la prima volta, quest’anno, abbiamo dato un aiuto economico all’associazione, che supplisce a una mancanza della Pubblica amministrazione in maniera egregia. Io stesso, promuovo nelle varie realtà produttive il loro progetto di corsi di italiano e sono alla ricerca di altri spazi per attivarli in altre fasce orarie.

Il suo pensiero è supportato dalla sua maggioranza?

La maggioranza mi supporta con sensibilità diverse. Nella libertà di pensiero, ci sono principi fondamentali che tutti condividono.

In città, ci sono appartamenti affittati a stranieri con irregolarità?

Lo scorso anno la polizia locale scoprì un appartamento irregolare. Facciamo spesso controlli su segnalazione dei volontari. Dietro tutto questo c’è chi approfitta; sfruttare le persone più bisognose è un comportamento criminale. Su questo chiedo assoluta severità alla polizia locale.

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