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XVII domenica del Tempo ordinario: “Quando pregate, dite: Padre!”

Il testo di questa domenica ci propone la richiesta di uno dei discepoli a Gesù: “Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi” (Lc 11,1).
Una preghiera che nasce da una relazione. Il discepolo fa questa richiesta avendolo visto pregare, come tante altre volte. È forse la richiesta di una preghiera che li distingua da altri, dai discepoli di Giovanni il Battezzatore. Quelli che lo seguono avvertono, infatti, che il suo è cammino nuovo, e nasce dalla sua esperienza. È certamente collocato all’interno del lungo percorso di Israele, della vicenda sofferta e talvolta contraddittoria di un intero popolo, sempre segnata da fragilità e infedeltà, nella quale, tuttavia, viene incontro una fedeltà continuamente rinnovata da parte di Dio. Ma al cuore di questo lungo cammino, Gesù esprime l’esperienza di una relazione profondamente personale: quella di un figlio nei confronti di suo padre, con tutta la valenza profonda dei momenti migliori che ciascuno può aver vissuto con il padre suo.
Da questa esperienza ,che dà forma a tutta la vicenda di Gesù, nasce il Padre Nostro. Sia nella “versione breve” (Lc 11,2-4) sia nella “versione lunga” (Mt 6,9-13), va accolto e compreso alla luce della vita di Gesù nella profondità del suo essere figlio. Anche noi, se avremo “ascoltato la sua Parola”, come Maria nella casa di Marta (Lc 10,39), se lo avremo “visto pregare” (11,1), soprattutto nell’ora dell’angoscia (23,39-46), potremo pregare imparando da lui, dall’esperienza e dalle parole che lui ci consegna, attraverso la testimonianza dei Vangeli.
Una preghiera unica “dall’inizio alla fine”. Alla “lettura” che proporrò ora mi ha condotto dapprima una domanda, forse comune anche ad altri cristiani: nel dire “sia fatta la tua volontà” mi sorgeva in cuore un’apprensione: “Che cosa mi chiederà ora Dio? Quale croce nuova da portare?”. E insieme a tale domanda, una sensazione, come se l’abituale divisione in due parti del Padre Nostro mi mettesse a disagio: il chiedere che Dio si manifesti come Dio, che il suo Regno venga, che la sua volontà si compia pienamente anche fra noi, è proprio così “altro” rispetto ai bisogni tanto “terra terra” della seconda parte, il pane per oggi e per domani, i nostri debiti reciproci, le tentazioni e il male che sperimentiamo ogni giorno?
Ed è giunta una considerazione, che ho confrontato anche con qualche amico studioso della Bibbia: e se, al posto di un “punto fermo”, alla fine delle “richieste che riguardano Dio” ci fossero invece i “due punti”? Se fosse così, le richieste della prima parte troverebbero una inattesa “risposta” nelle richieste della seconda: “Ti chiediamo, Padre, che tu ci faccia sperimentare il tuo essere davvero Dio, che tu faccia venire il Regno fra noi, che la tua volontà finalmente si compia anche nella storia del mondo donandoci ogni giorno il pane necessario al nostro presente e al nostro domani, perdonandoci affinché diventiamo capaci di perdono, facendoci sentire il tuo sostegno nel tempo della tentazione e sperimentare la tua azione che ci libera dal male”. Che quindi questa sia la sua volontà: il pane per tutti, il perdono reciproco, l’affrontare la tentazione sentendoci accompagnati, e vivere nella fiduciosa speranza della liberazione dai mali che ci tribolano.
Una preghiera resa possibile da un dono. Questo modo di intendere la volontà del Padre si ritrova nella vicenda e nell’esperienza di vita di Gesù, nella sua azione e nella sua Parola, così come le hanno intraviste e sperimentate i discepoli e le hanno consegnate a noi.
Per intravedere tale esperienza nel cuore del nostro sentire, personale e comunitario, è necessario però un intervento, una grazia da parte di Dio stesso: la conclusione del brano, “quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!” (11,15), è chiara al proposito. C’è un dono da chiedere, come premessa a ogni nostro pregare. Questo dono è lo Spirito Santo, la presenza e l’azione di Dio stesso, che crea relazione tra il Padre e il Figlio e che la crea anche fra lui e noi, rigenerando continuamente la nostra esperienza di figli e figlie suoi. Anche e soprattutto e perfino quando ci sentiamo più soli e abbandonati. Grazie a questo dono, offerto a ogni uomo e donna, noi sperimentiamo che la nostra preghiera, anche la più semplice e urgente: “Salvami!”, è sempre e comunque risposta alla chiamata che lui ci rivolge fin dal principio, fin da quando si è sognato di me, di noi: “Figlio mio! Figlia mia! Figli miei!”.
Chiedere che Dio si mostri Padre ci restituisce al nostro vivere più autentico. Il Padre Nostro così inteso chiede di riconoscere, con continua meraviglia e gioia, che la volontà del Padre è che noi viviamo pienamente, da figli suoi e da “fratelli e sorelle tutti”. Ciò che lui vuole e desidera si fa concretissima azione dentro il nostro quotidiano per rendere possibile una simile esistenza. Certo, all’interno di questo vivere opera delle scelte e spinge noi a farle: quel pane perché sia davvero per tutti chiede giustizia nella ripartizione delle risorse e condivisione nell’uso dei frutti delle nostre mani; fra ciò che è indispensabile chiedere vi è la cura delle relazioni, affinché il debito-colpa non rovini ciò che davvero ci è fondamentale per vivere. Vi è ancora l’esperienza della fragilità, che sperimentiamo così spesso nella “tentazione” più radicale, quella di non fidarci che lui ci è vicino, e continua a operare per liberarci dal male, anche quando noi non glielo lasciamo fare...
Pregare imparando a vivere, vivere imparando a pregare. Nella genialità del suo insegnamento, Gesù insegna a quel discepolo - e a noi oggi - a vivere in un certo modo la relazione con Dio: da figli, che per questo ritrovano nel quotidiano della vita tutto ciò che è necessario chiedere. E in quanto figli di un unico Padre, ci indica l’impegnativo indispensabile cammino per vivere da fratelli e sorelle. Sì, imparare a pregare il Padre Nostro è un cammino. E un cammino reso possibile dal dono sempre disponibile dello Spirito Santo, che ci mette al seguito di Gesù, che apre con noi modi sempre più profondamente umani di vivere in questo mondo, fino a oltrepassare la stessa morte quotidiana, fino a sperimentare la liberazione della vita intera, la mia, la nostra, quella di tutto il creato.
Un suggerimento: è bene recitare lentamente ad alta voce il Padre Nostro anche nella preghiera individuale, per ascoltare ciò che chiediamo e renderci consapevoli delle conseguenze per la nostra vita.