Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Vento nazionalista in Est Europa


Dopo l’esito del voto alle politiche dello scorso fine settimana in Slovacchia, sono giorni caldi in Polonia, in vista del voto di domenica prossima 15 ottobre.
Argomento principale della campagna elettorale polacca è la retorica anti-migranti. Il Governo populista di destra, in carica dal 2015, ha sfruttato la crisi dei rifugiati per promuovere un’incessante campagna che dipingeva i rifugiati e i migranti non europei, soprattutto dal Medio Oriente, come “terroristi”.
Tra l’Ungheria e l’Ucraina
Stessa tematica al centro delle elezioni in Slovacchia di fine settembre, dove i risultati hanno consegnato il primo posto all’ex-premier e leader della socialdemocrazia filo-russa, Robert Fico.
Esito che preoccupa Bruxelles, anche per le conseguenze nella compattezza dell’Unione europea nel supporto all’Ucraina. Fico ha puntato tutta la sua strategia in campagna elettorale su una retorica anti-ucraina e anti-sanzioni contro la Russia, accusando Bruxelles e gli alleati occidentali di aver “solo prolungato il conflitto” con il sostegno armato, e di aver “danneggiato più l’Ue che la Russia” con la politica di misure restrittive contro Mosca. Tesi che fa da spalla alla posizione filo russa dell’Ungheria di Viktor Orbán (in carica dal 2010) e della Serbia di Aleksandar Vucic (in carica dal 2017), la quale - pur non essendo membro Ue - sta tenendo alta la tensione nei Balcani.
Polonia al voto
Se il partito di destra, Diritto e Giustizia, di Mateusz Morawiecki riuscirà a conquistare un nuovo mandato il prossimo 15 ottobre, Slovacchia, Ungheria e Polonia potrebbero imporre una linea durissima al Gruppo di Visegrád (alleanza che comprende anche la Repubblica Ceca) nel disturbare l’azione dell’Unione europea in numerosi campi, tra cui lo Stato di diritto, la politica di transizione verde e le riforme interne all’Ue.
Come altra strategia per portare voti a sé, i conservatori hanno deciso di far coincidere le elezioni con un referendum che chiederà ai polacchi se sono disposti ad accettare migliaia di migranti da Africa e Medio Oriente come previsto dal piano di ricollocazione dell’Unione Europea (lo scorso giugno i ministri degli Interni Ue hanno trovato un accordo sulla questione, al quale la Polonia si è fortemente opposta). Il referendum conterrà anche un quesito sulla necessità di ampliare il muro anti-migranti a confine con la Bielorussia.
La narrativa dei “muri”
La retorica anti-migranti in Polonia è cresciuta significativamente negli ultimi tre anni quando sono scoppiate due diverse crisi di rifugiati ai confini occidentali del Paese.
La prima è iniziata nell’ottobre 2021 e ha visto migliaia di rifugiati e migranti, principalmente dal Medio Oriente e dall’Africa sub-sahariana, tentare la traversata dalla Bielorussia, mentre l’altra è iniziata nel febbraio 2022, quando la Russia ha lanciato la campagna di annessione dell’Ucraina, riversando milioni di profughi ucraini in Polonia.
La prima crisi è stata colta dai partiti di destra, che l’hanno incorporata in una narrativa propagandistica esistente volta a generare paura per una “invasione” di non europei.
Quando si è verificata la seconda crisi dei rifugiati, semplicemente non si è verificata la stessa reazione. Al contrario, il sostegno della popolazione ai rifugiati ucraini è stato immediato e generale così come in tutto lo spettro politico. Con il passare dei mesi e l’impantanarsi della guerra in Ucraina e le difficoltà economiche congiunturali della Polonia hanno portato dalla scorsa primavera un cambiamento nella retorica tra i partiti di destra per includere sentimenti anti-ucraini. E, non solo a causa delle importazioni di grano ucraino a minor prezzo, la pancia sociale polacca ha cominciato a covare reazioni di chiusura.
Questo ha portato – in prospettiva delle elezioni politiche di ottobre – anche gli altri partiti, per non perdere consenso, a sostenere una risposta ferma ai rifugiati e migranti non europei che entrano nel Paese.