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Messa nella notte di Natale in Cattedrale: “Il Signore abita la nostra vita, nelle vicende del nostro tempo”

Fidandoci dell’annuncio del Natale potremo imparare a fare il bene, a desiderare in ogni situazione di vivere e donare tutto l’amore possibile, che ci apre ad orizzonti infiniti come l’Amore di Dio, vivendo “con sobrietà, con giustizia e con pietà”. Così il Vescovo, nell’omelia

“Fidandoci dell’annuncio del Natale potremo imparare a fare il bene, a desiderare in ogni situazione di vivere e donare tutto l’amore possibile, che ci apre ad orizzonti infiniti come l’Amore di Dio, vivendo “con sobrietà, con giustizia e con pietà”. Così il vescovo, mons. Michele Tomasi, nell’omelia della celebrazione nella notte di Natale in cattedrale. Ricordando l’annuncio dell’Angelo ai pastori (“Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”), il Vescovo ha sottolineato come “da quel momento in poi, fino ad oggi e per sempre, non siamo più soli, il cielo è venuto tra noi sulla terra, non siamo più “stranieri né ospiti”, bensì “familiari di Dio e concittadini dei santi” (Ef 2,19): il Signore Dio abita tra noi, nella nostra vita, nelle vicende del nostro tempo”.

IL TESTO INTEGRALE DELL’OMELIA

Carissimi fratelli e sorelle, abbiamo appena sentito l’annuncio dell’Angelo ai pastori:

“Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.

Da quel momento in poi, fino ad oggi e per sempre, non siamo più soli, il cielo è venuto tra noi sulla terra, non siamo più “stranieri né ospiti”, bensì “familiari di Dio e concittadini dei santi” (Ef 2,19): il Signore Dio abita tra noi, nella nostra vita, nelle vicende del nostro tempo.

Accogliamo con gioia questo annuncio, tanto antico ma sempre nuovo, perché portatore della novità dell’amore di Dio nelle nostre esistenze, che sempre ne possono risultare rinnovate.

Nella lettera a Tito abbiamo sentito, nella seconda lettura, lo stesso annuncio: “Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”.

Davvero è apparsa “nella pienezza dei tempi” la grazia, l’amore gratuito del Signore, la sua stessa presenza nella carne, nella concretezza della vita dei noi tutti. L’Apostolo ci dà anche qualche indicazione, per farci imparare qualcosa da questo annuncio anche nel nostro di vivere e di amare.

La grazia di Dio, infatti “ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”.

Fidandoci dell’annuncio del Natale, dunque, potremo imparare a fare il bene, a desiderare in ogni situazione di vivere e donare tutto l’amore possibile, che ci apre ad orizzonti infiniti come l’Amore di Dio, vivendo “con sobrietà, con giustizia e con pietà”.

La sobrietà è la capacità di non fuggire da dove siamo. Di non cercare esaltazioni in mondi artificiali (che siano il consumo, la fretta, il superlavoro, la costante presenza nei social, il desiderio di sensazioni sempre più intense), ma anche la capacità di non lasciarci deprimere da un racconto della vita che veda solamente i lati negativi, i difetti, gli errori, le cose che non vanno. Se siamo sobri cerchiamo di fare il nostro meglio con quello che abbiamo, incontriamo il Signore anche nelle cose apparentemente più piccole ed insignificanti, e possiamo essere consolati anche nelle prove e nelle difficoltà.

La giustizia è la capacità di dare a ciascuno quanto gli compete, di tenere conto di quanto spetta a noi e agli altri. Ci aiuta a cercare il bene di tutti, a impegnarci là dove il Signore ci fa vivere ed operare, e a collaborare per la ricerca della pace, ad ogni livello.

La pietà è il giusto rapporto con Dio, significa amarlo come sommo bene, ascoltare la sua Parola e tentare di metterla in pratica, trovarsi insieme a pregare e ad innalzare lodi gioiose al suo infinito amore per noi.

Il fondamento per tutto ciò non è la nostra buona volontà ma è sempre suo dono. Infatti “Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone”.

Il bambino adorato dai pastori vuole che noi ci vogliamo bene tra di noi, per essere insieme suo popolo, per camminare insieme nella storia, testimoniare a tutti il suo amore, seminare pensieri, parole ed azioni di pace.

Cerchiamo insieme anche nelle pieghe delle nostre vite, delle famiglie, delle comunità, sulle strade e per le vie delle nostre città semi di speranza e di riconciliazione, di solidarietà e di dignità umana. Guardiamo a chi fa fatica a vivere e a sperare, a chi è escluso dalle nostre mense e dai nostri cuori, non tiriamoci indietro e scopriremo una forza che viene a sorreggerci a trasformarci quando ci prendiamo cura dei fragili e dei deboli, una forza che ci dà coraggio e squarcia i cieli plumbei dell’indifferenza e del sospetto reciproco.

Guardando al Bimbo nella mangiatoia vediamo il volto vero e luminoso dell’amore, vediamo la gloria di Dio, vediamo la verità e la bellezza di ogni persona. Nel Bimbo con Maria santissima e san Giuseppe, noi vediamo l’amore. Quell’amore che papa Leone ha descritto nell’esortazione apostolica Dilexi te sull’amore verso i poveri, con parole poetiche e profetiche:

“L’amore cristiano supera ogni barriera, avvicina i lontani, accomuna gli estranei, rende familiari i nemici, valica abissi umanamente insuperabili, entra nelle pieghe più nascoste della società. Per sua natura, l’amore cristiano è profetico, compie miracoli, non ha limiti: è per l’impossibile. L’amore è soprattutto un modo di concepire la vita, un modo di viverla. Ebbene, una Chiesa che non mette limiti all’amore, che non conosce nemici da combattere, ma solo uomini e donne da amare, è la Chiesa di cui oggi il mondo ha bisogno”.

Il Natale ci dona questo amore. E in questo amore aspiriamo ad un amore sempre maggiore, eterno e grande come Dio, e viviamo, come ci confermano ancora le parole dell’Apostolo Paolo “nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”.

E sentiremo ancora oggi gli angeli cantare: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.

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