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Quando cristiani "si diventa": le storie dei catecumeni

Le storie dei dodici giovani e adulti che nella notte di Pasqua riceveranno dal Vescovo i sacramenti dell'iniziazione cristiana. Tra loro anche un'intera famiglia

Durante la veglia pasquale in Cattedrale 12 giovani e adulti riceveranno per mano del Vescovo i sacramenti dell’iniziazione cristiana: Battesimo, Cresima ed Eucarestia. Arrivano da paesi diversi e hanno storie profondamente differenti. Ciò che li accomuna è la scelta di entrare a far parte della comunità cristiana dopo un lungo percorso in cui sono stati affiancati dai padrini, dai catechisti e dai loro parroci.
Gabriele, della parrocchia di San Giorgio in Marcon, racconta di un cammino durato due anni per arrivare al momento in cui sigillerà una fede che era già presente, ma che ancora non aveva trovato modo di esprimersi appieno. Il suo cambiamento è iniziato con la preparazione ad una missione umanitaria ed è proseguito grazie alla guida di don Silvano Filippetto. “Ricevere i sacramenti – spiega – sarà la conclusione di una fase della mia vita, ma soprattutto il punto di inizio per qualcosa di molto più grande e difficile da spiegare razionalmente”. Marta invece viene da una famiglia che ha scelto di non battezzarla da piccola perché non credente. “In passato sono stata fortemente contraria alla Chiesa e alla religione cattolica, poi, 5 anni fa, ho incontrato il Signore grazie alla testimonianza di un amico, che mi ha raccontato come l’amore di Dio avesse cambiato la sua vita. Ho iniziato a pormi delle domande, a cercare dentro di me. Ho intrapreso un percorso per vincere le resistenze che avevo. Tutto è cambiato l’anno scorso quando ho conosciuto la missione Belem. Attraverso di loro ho trovato Dio nelle sofferenze del povero, da allora ho cominciato un cammino intenso e partecipato per capire quale sia la sua volontà, il suo progetto per me”.
Marisol è originaria dell’Ecuador e viene da una famiglia cattolica, ma a differenza della sorella più piccola non era stata battezzata. Ora ha chiesto di ricevere i sacramenti per entrare a far parte della comunità cristiana e poter vivere a pieno anche il suo matrimonio.
Molti dei catecumeni sono di origine albanese. Marsel, ad esempio, ricorda come durante il comunismo non fosse possibile professare nessuna fede nel suo paese: “Durante un viaggio in Grecia ho sentito parlare di religione, ma mi sembrava una cosa strana. Con il ritorno della democrazia la parte nord del paese si è riconosciuto nella fede cattolica, mentre la parte sud ha abbracciato la religione musulmana, anche se si tratta di musulmani convertiti, che non rispettano tutte le tradizioni islamiche. Io sono in Italia da 15 anni, inizialmente sono entrato in chiesa per i matrimoni degli amici, per i battesimi dei loro figli; della Messa mi affascinava soprattutto l’omelia. Poi ho iniziato ad entrarci da solo, andavo in Duomo, per pregare a modo mio. In Italia mi sono sposato, e ora ho 2 figli, uno ha già ricevuto il battesimo e il secondo lo riceverà il prossimo inverno. Sono molto emozionato e felice della scelta che ho fatto. Dopo due anni di preparazione, attraverso il catechismo, finalmente entrerò a far parte della comunità cristiana, una comunità aperta e accogliente, che non giudica”. Anche Lorena, sebbene in Albania vivesse in una zona a maggioranza musulmana, ha sempre sentito dentro di sé il seme della fede in Gesù Cristo, e ora ha compiuto questa scelta per stare vicino a suo figlio e accompagnarlo nella strada della fede.
Durante la celebrazione riceverà i sacramenti anche la famiglia Meminaj, di origine albanese e appartenente alla parrocchia di San Mauro di Noventa di Piave. Sono mamma, papà e figlia, mentre un secondo figlio ancora non ha deciso di compiere questo passo. Per loro parla Brisida, la figlia, che ha 24 anni e sta per ricevere la cittadinanza italiana: “Manca solo il giuramento”, spiega. “Io, mia madre e mio fratello siamo arrivati in Italia 13 anni fa, mentre mio padre era già qui per lavoro. Il nostro desiderio di diventare cristiani è nato in famiglia; in Albania non potevamo professare la nostra fede, le chiese erano state rase al suolo, ma non abbiamo neanche mai praticato la religione musulmana. Abbiamo sempre creduto nel Signore e questo ci ha aiutato ad affrontare anche i momenti più difficili. Prima di iniziare questo percorso non andavo sempre a Messa, ora invece lo faccio per me, perché mi fa stare bene, in pace e in comunione con Dio”.

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