venerdì, 26 luglio 2024
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Superbonus: luci e ombre

Il Veneto ha usato “con giudizio” gli incentivi del 110 per cento, mettendo mano all’efficientamento energetico del 5,6% delle case. Una spinta all’edilizia e alla ripresa economica, ma anche un costo importante per lo Stato che, dice la Cgia di Mestre, avrebbe potuto fare giustizia sociale, con quelle cifre, costruendo o sistemando alloggi pubblici

Se c’è una regione che sembra aver usato con equilibrio, senza esagerare, il Superbonus 110 questa è certamente il Veneto. Secondo la rielaborazione dei dati Istat, curata dall’Ufficio studi Cgia di Mestre, è la regione che ha realizzato più interventi, quasi 60 mila, ma con un importo medio di 194 mila euro, il terzultimo tra le regioni italiane. Superbonus sì, ma con giudizio. Il Veneto ha approfittato del Superbonus intervenendo sul 5,6 per cento delle case presenti nel territorio. A dire il vero non un intervento massiccio, visto che, almeno nella nostra regione, ci sarebbe la necessità di intervenire sul 30 per cento degli edifici per farli diventare green entro il 2035. Gli oneri complessivi a carico dello Stato per le detrazioni maturate in Veneto hanno raggiunto complessivamente gli 11,6 miliardi di euro, pari al 9,5 per cento della spesa totale.

Robin Hood al contrario e ripresa record. Il Superbonus è stato un intervento enorme, quasi 500 mila edifici interessati in Italia per un costo medio di 250 mila euro. Calcolare le conseguenze di questa gigantesca agevolazione fiscale è difficilissimo. La Cgia parla di Robin Hood al contrario, ha tolto ai poveri per dare ai ricchi, mentre l’autorevole quotidiano finanziario inglese Financial Times attribuisce proprio al Superbonus la ripresa record dell’Italia dopo la pandemia con un + 4,2 per cento del Pil, migliore di Francia, Germania e Regno Unito, “circa il doppio del ritmo registrato in Francia e Regno Unito nello stesso periodo”. A chiare lettere il Financial Time dice che bisogna “tenere presente che la performance insolitamente forte è in gran parte spiegata dal Superbonus, il generoso sgravio fiscale sui miglioramenti domestici introdotto nel 2020”.

Incentivo solo all’edilizia privata. L’Ufficio studi della Cgia di Mestre è, invece, categorico: “Fino ad ora il Superbonus 110 per cento è costato alle casse pubbliche 122,6 miliardi di euro di detrazioni fiscali. Ebbene, se lo Stato, anziché finanziare quasi esclusivamente l’edilizia privata, avesse investito queste risorse (pari a oltre 6 punti di Pil) per realizzare alloggi pubblici ad un costo ipotetico di 100 mila euro cadauno, potremmo contare su 1,2 milioni di nuove unità abitative”. Per la Cgia si potevano realizzare anche case nel social housing e risolvere l’emergenza abitativa che colpisce, in particolare, le fasce sociali più deboli dell’Italia. Questa lettura conferma la posizione del Governo e dei detrattori del Superbonus.

Gli effetti positivi. Dall’altra parte si sostiene che non si debba guardare solo alla spesa di cui lo Stato si è fatto carico fino ad ora, ma anche agli effetti economici positivi che esso ha generato. Vale a dire più gettito (Irpef, Ires, Iva), più occupazione, più Pil, più risparmio energetico e meno emissioni di inquinanti. Questa posizione è confermata dal Financial Times che, pur riconoscendo l’enormità della misura, afferma: “Gli investimenti in Italia, comprensivi di quelli edilizi, sono aumentati del 30 per cento rispetto al quarto trimestre del 2019, il tasso più veloce mai registrato nel Paese da quando sono a disposizione dati comparabili, nel 2000”. Basti pensare che in Francia sono saliti solo del 4 per cento e nel Regno Unito del 7 per cento. Nicola Nobile, economista di Oxford Economics, sottolinea che questi dati sono “dovuti ai forti incentivi fiscali nell’edilizia”. E, quindi, il Superbonus. Tanto che anche nell’ultimo trimestre del 2023 la crescita italiana, dello 0,2 per cento, è stata del tutto legata al settore delle costruzioni. Inoltre, a dicembre 2023 la produzione è diminuita del 13 per cento in Spagna, del 7 per cento in Germania, mentre in Italia è aumentata del 40 per cento in quattro anni”. A ciò si aggiunga che nei tre anni di massima produzione degli effetti del Superbonus, 2021-2023, il debito pubblico in rapporto al Pil è sceso di oltre 17 punti. Nel marzo scorso, in Sesta commissione al Senato, è stata presentata una mozione sul trattamento dei crediti fiscali del Superbonus, maggioranza e opposizione si sono affrontate sulla definizione dei crediti “pagabili” o “non pagabili”, che da febbraio 2023 ha provocato l’incaglio di crediti di imposta, una questione che sembra nominale, ma che cambierebbe gli stessi dati di bilancio.

Disavanzo compensato dal Pil. A sostenere che il Superbonus avrebbe generato effetti positivi anche la società di consulenza Nomisma, che in un suo studio rileva che c’è stato un incremento di 641 mila occupati nel settore delle costruzioni e di 351mila occupati nei settori collegati. Nel 2021, un’analisi prodotta dal Consiglio nazionale degli ingegneri prevedeva qualcosa di simile alla constatazione di oggi del Financial Times, ovvero che il disavanzo per le casse dello Stato sarebbe stato compensato dalla generazione di Pil e che la misura sarebbe stata sostenibile per la finanza pubblica nell’arco di 4 o 5 anni.

Trascurati gli edifici residenziali pubblici. Lo studio della Cgia di Mestre, tuttavia, contesta anche gli obiettivi di questo intervento: “Se invece di ricorrere al Superbonus per incentivare quasi esclusivamente gli interventi di edilizia privata ci fossimo avvalsi di questa misura per costruire/rifare solo gli edifici residenziali pubblici, le conseguenze appena richiamate dai «sostenitori» del 110 per cento sarebbero state praticamente le stesse. Con una differenza sostanziale: nel secondo caso avremmo compiuto un’azione di giustizia sociale, che la misura attualmente in vigore ha paurosamente disatteso”.

Un boom per l’inflazione. Su una cosa, invece, pare aver ragione Cgia, senza possibilità di obiezione: il boom dell’inflazione. Al netto dell’aumento delle materie prime, dell’aumento dei costi legati allo scoppio delle guerre, non c’è dubbio che tutti i prodotti e materiali edilizi sono schizzati verso l’alto e i prezzi, regola universale ed eterna, non tornano certo indietro. Grazie all’agevolazione fiscale del 110 per cento è venuto meno il contrasto di interessi tra cliente e costruttore: al cliente, al compratore, non interessava risparmiare, dato che non era lui a pagare, ma il Fisco. Questa situazione ha contribuito ad aumentare a dismisura i prezzi delle materie prime e dei prodotti/servizi correlati, con una ricaduta sui costi di costruzione degli edifici residenziali del tutto ingiustificata, e conseguenze molto negative che si sono scaricate anche sugli appalti pubblici.

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