Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Paraguay, una chiesa missionaria, samaritana e sinodale
Così l'ha delineata il vescovo di San Juan Bautista de las Misiones Pedro Collar che racconta la visita pastorale nelle comunità parrocchiali di Yabebyry e Villalnìn, dove prestano servizio i nostri missionari fidei donum

Una Chiesa che vuole essere “missionaria, samaritana e sinodale”. E’ questo l’obiettivo che si sta ponendo la diocesi paraguagia di San Juan Bautista de las Misiones, guidata dal vescovo Pedro Collar Noguera. E in questa sfida sono pienamente inseriti i missionari fidei donum della nostra diocesi. Un’occasione per ribadire tali priorità, e per farle entrare nel tessuto ecclesiale, è la visita pastorale che mons. Collar sta effettuando, e che nelle scorse settimane ha toccato proprio San Francisco Solano di Yabebyry e l’Immacolata Concezione de Villalbín, le comunità parrocchiali dove (assieme a quella di Laureles) prestano servizio pastorale i nostri missionari, don Paolo Cargnin, don Lorenzo Tasca, le cooperatrici pastorali Germana Gallina e Debora Niero, mentre il nuovo missionario, don Claudio Sartor, si trova in queste settimane nella capitale Asunción, per apprendere la lingua e ambientarsi nel nuovo Paese prima di raggiungere i nuovi compagni di strada.
La visita del vescovo alle “nostre” parrocchie è anche l’occasione per fare con lui il punto della collaborazione tra le Chiese di San Juan Bautista e di Treviso.
“La Chiesa che cammina nel mezzo della pandemia – afferma mons. Collar spiegando la logica che sta guidando la sua visita pastorale – è quella di sempre, cioè la Chiesa di Gesù Cristo, e da qui accompagna la vita umana e della società. Riconosce la presenza reale di Dio nella storia e il fatto che egli opera con generosità nei confronti degli uomini, offrendo loro grazia e benedizione”. Sempre di più, emerge, poi, il riconoscimento che questa Chiesa “dev’essere missionaria, samaritana e sinodale. Da qui deriva il fatto che la partecipazione attiva dei fedeli cristiani e in particolare dei laici nella missione, è essenziale, per essere una Chiesa con queste dimensioni e testimoniarlo. A partire da questa prospettiva, si può affermare che la Chiesa annuncia all’uomo la salvezza di Dio, gli offre e gli comunica la vita divina attraverso i sacramenti, lo orienta a partire dalla Parola di Dio, lo rafforza nel vivere i comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo”.
Una prospettiva nella quale, come si diceva, sono ben inseriti i nostri missionari. “Per il miglior accompagnamento dei fedeli e perché il compito di evangelizzare sia effettivo – racconta il Vescovo – durante la mia visita pastorale nelle parrocchie di Yabebyry e di Villalbín ho designato ufficialmente come cooperatrici pastorali parrocchiali Germana Gallina e Debora Niero, e rispondere così alle esigenze pastorali delle due comunità. Entrambe, inoltre, offrono il loro servizio a livello diocesano. Infatti, Debora è la responsabile della Pastorale giovanile del vicariato di Ñeembucu, e Germana è coordinatrice della catechesi a livello diocesano. Ancora, Debora fa parte della Commissione diocesana per la revisione del piano pastorale”. Ma, oltre a questo, “la visita pastorale è stata l’occasione propizia per stare più vicino all’équipe pastorale di Treviso, e per ascoltare le famiglie, i giovani, le catechiste, gli operatori pastorali, animare e orientare tutte queste persone, confermarle nei compiti che stanno portando avanti con sacrificio, affidamento e speranza. Mi sono, poi, riunito con le autorità politiche e civili, con le forze dell’ordine, i responsabili dell’educazione e della sanità, esortando tutti al lavoro insieme e al dialogo, nella ricerca permanente del bene comune. A tutti ho cercato di portare un messaggio di speranza e gli insegnamenti di papa Francesco”.
Un ascolto che, per il Vescovo, ha significato entrare nella vita quotidiana delle persone: “Don Paolo Cargnin ha individuato delle famiglie che mi hanno ospitato durante la visita, sono stato ben accolto e ho conosciuto tanta ricchezza, è stata un’esperienza davvero bella e interessante”. Ci confida mons. Collar: “I missionari della diocesi di Treviso sono molto coinvolti nella loro missione, il loro è uno stile edificante e sono tutti molto apprezzati, portano un grande impulso alla pastorale dei giovani e delle famiglie, hanno anche lasciato un bel ricordo nelle precedenti comunità dov’erano stati presenti fino a qualche anno fa”. A loro si aggiungerà presto don Claudio Sartor: “L’ho chiamato al telefono, prima di incontrarlo personalmente in occasione dell’assemblea della nostra Conferenza episcopale. Ho colto che si sta introducendo bene alla nuova realtà, in un paio di mesi penso raggiungerà le parrocchie”.
Certo, l’attività pastorale, anche in Paraguay, come in tutto il mondo, è condizionata dal Covid-19. Il virus ha colpito qualche settimana fa anche mons. Collar: “Per fortuna l’ho avuto in forma leggera e l’ho superato, sono stato in isolamento per venti giorni”. L’attività pastorale continua a essere ridotta e le restrizioni hanno colpito anche la recente festa della patrona del Paraguay, la Vergine di Caacupé, compresa la sempre partecipata novena. I vari riti sono stati trasmessi dai mass media e dai social network. La pandemia ha portato ulteriori difficoltà e squilibri sociali, dentro a “situazioni complesse”. Mons. Collar accenna “ai molti problemi sociali, alla lunga chiusura con la frontiera dell’Argentina, mentre solo da poco è stata aperta quella con il Brasile”. Inoltre, nei mesi scorsi “tantissimi incendi hanno coinvolto vaste zone del Paese”, e nel nord prende vigore la guerriglia dell’Epp, che opera attraverso vari sequestri di persona. “Ovunque la Chiesa è presente, lavora per la giustizia, per il dialogo e la pace”, conclude il vescovo di San Juan Bautista che conclude inviando “un saluto cordiale al vescovo Michele, che spero di conoscere presto”.