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Castellana: "Cittadini ovunque" contro la povertà sanitaria
Sono circa 2.500 le persone che, nel distretto asolano dell’Ulss 2, sono prive di assistenza sanitaria di base. Se ne è parlato in un convegno. Aperto anche uno sportello di orientamento in collaborazione con Csv e volontariato castellano

Parlare di povertà sanitaria nel nostro territorio significa intrecciare tante riflessioni diverse: per esempio le sovrapposizioni tra le numerose forme di povertà; oppure l’accesso alla sanità particolarmente “sotto stress”, in questo tempo di pandemia; o, ancora, il discusso rapporto tra sanitario e sociale; le ultime normative regionali che cercano di indicare una rotta; i progetti (non molti per la verità) che aiutano chi si trova in condizioni di fatica rispetto all’accesso alle visite e alle cure. Lo ha coraggiosamente fatto a Castelfranco, la scorsa settimana, l’associazione Cittadini ovunque che, in collaborazione con il Csv Treviso Belluno e il coordinamento del volontariato della Castellana, ha organizzato una ricca tavola rotonda sul tema, anche per inaugurare ufficialmente lo sportello di orientamento sanitario che è stato di recente aperto al patronato della Pieve.
Di fatto, qualsiasi sia la forma della povertà - economica, educativa, di relazioni o di mezzi, sanitaria - nel tempo della pandemia continuano a preoccupare i numeri che crescono anche per l’ampliarsi delle diseguaglianze sociali. Dietro a loro si nascondono i volti e le storie di persone e famiglie che vivono in condizioni di fatica; ma, fortunatamente, accanto si fanno prossimi volontari, iniziative, progetti, in rete tra pubblico e privato.
“Il problema della povertà sanitaria, sia per gli stranieri che per gli italiani, è destinato a diventare uno dei maggiori problemi nei prossimi anni, e va affrontato non solo in termini umanitari ma anche di salute pubblica”, ha spiegato Rosa Di Gaetano, presidente dell’associazione promotrice del convegno e dello sportello di orientamento sanitario che offre informazioni, accompagnamento e supporto ai servizi oltre alla mediazione linguistica.
Sono, infatti, circa 2.500 le persone che, nel distretto asolano dell’Ulss 2, sono prive di assistenza sanitaria di base, in gran parte migranti irregolari, che possono accedere ai pronto soccorso ma non a percorsi di cura. A queste si deve aggiungere chi ha altre difficoltà, per mancanza di lavoro, redditi molto bassi, scarse competenze linguistiche e poca dimestichezza a orientarsi nella rete dei servizi sanitari. Secondo il rapporto Opsan, nel 2020 in Italia ha rinunciato a una visita medica, pur avendone bisogno, il 9,6% della popolazione a fronte del 6,3% nel 2019, mentre circa 4 milioni di persone hanno limitato la spesa per visite e accertamenti. “Su questo terreno - ha proseguito Di Gaetano - le disuguaglianze sono particolarmente accentuate: le persone povere possono infatti permettersi una spesa sanitaria annua pro-capite di 10 euro contro i 65 delle persone non povere.
“La povertà sanitaria è un fenomeno complesso e connesso con le diverse forme di disuguaglianza sociale - ha ribadito Maria Carla Midena, direttrice dei Servizi sociali della Regione Veneto -. Purtroppo la pandemia ha acuito le disuguaglianze di salute, perché il sanitario si è concentrato sulla cura al Covid. Anche per questo il ruolo del terzo settore è stato, è, e sarà in futuro fondamentale”, soprattutto pensando a quelle persone che sfuggono alla presa in carico da parte del servizio pubblico. “Servono strategie multilivello di contrasto alla povertà - ha sottolineato ancora -; anche il provvedimento regionale di questa estate in materia di povertà sanitaria intende promuovere collaborazioni con il terzo settore, in chiave innovativa”.
“Fermo restando che la povertà più grande in assoluto è la solitudine, perché fa perdere la fiducia alle persone - ha incalzato don Davide Schiavon, direttore di Caritas Tarvisina - confido che proprio il Covid rappresenti «la volta buona» per agire nelle politiche di contrasto alla povertà solo dentro alle comunità ricostruite, dove ciascuno fa la sua parte. C’è un tema imprescindibile di accesso alle cure e uno di educazione, perché non per tutti coloro che sono presenti nel nostro territorio è chiaro, ad esempio, il riferimento del medico d base”. Ci sono poi le patologie psichiatriche, il complesso tema della residenza che regola molto dell’accesso ai diritti, la carenza di mediazione culturale, le questioni di degenze post ospedaliere per persone senza fissa dimora.
“Sperimentiamo dunque progetti - ha ribadito Roberto Rigoli, direttore servizi socio sanitari Ulss 2 -, che se vanno bene, devono diventare strutturali ed essere replicati”.