Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
I cimeli, la storia, la pace. A Monastier la mostra casalinga di Angelo Brisotto
Una passione, alimentata per decenni, alla fine ha preso la forma di una mostra casalinga sulla Grande guerra, che non ha nulla da invidiare a musei pubblici, molto più grandi e blasonati.

Una passione, alimentata per decenni, alla fine ha preso la forma di una mostra casalinga sulla Grande guerra, che non ha nulla da invidiare a musei pubblici, molto più grandi e blasonati.
Classe 1941, di professione agricoltore, Angelo Brisotto è un “recuperante” appassionato da sempre dei fatti della Prima guerra mondiale. “È un hobby che ho coltivato fin da piccino – racconta – quando io e i miei fratelli andavamo nei campi intorno a casa, in via Bosco a Monastier, alla ricerca di cimeli e residuati bellici, che vendevamo per poche lire, quelle che bastavano per comprarci un gelato la domenica. Del resto, non era difficile recuperare pezzi od oggetti: quella zona, a ridosso dello scolo Palumbo, durante il conflitto mondiale aveva rappresentato il secondo fronte, appena dopo quello del Piave. Dovunque, comparivano reperti. Inoltre, ero affascinato dai racconti di guerra del mio papà”.
Per anni Angelo, che nel frattempo aveva messo su famiglia, ha continuato a mettere da parte nel magazzino agricolo dietro a casa i pezzi più belli fra quelli recuperati, a leggere libri di storia e a frequentare mercatini di settore. Ad un certo punto, una ventina di anni fa, aveva accatastato così tanti materiali, che era un peccato tenerli nascosti. “D’accordo con mia moglie Giovanna e dopo aver registrato tutto con le forze dell’ordine, iniziai ad allestire una sorta di mostra monotematica nell’appartamento sotto casa, dove un tempo abitarono i miei genitori e mio fratello”.
Ne è uscita una sorta di mostra casalinga sulla Prima guerra mondiale, unica nel suo genere. Che amici, appassionati, scolaresche, tramite il passaparola, vengono sempre più di frequente a visitare. Anche dall’estero. I cartelli e le etichette che Angelo ha attaccato in giro per le stanze espositive, rassicurano sul suo carattere pacifista. “Conoscere la guerra, per non fare la guerra”. E ancora: “Con questa piccola mostra, oltre a custodire numerosi reperti, vogliamo ricordare a tutti le atrocità e le sofferenze che le genti di questi paesi e di tutto il mondo hanno dovuto subire”.
Quest’anno in particolare, nel centenario della fine della Prima guerra mondiale, la mostra di Brisotto ha suscitato particolare interesse. A poche centinaia di metri da casa sua, il 19 giugno 1918 – nell’ambito della più nota Battaglia del Solstizio – si combatté quella che è passata alla storia come la Carica di San Pietro Novello, che prende nome proprio dalla piccola frazione di Monastier. I Cavalleggeri di Milano, dall’alba al tramonto, si scontrarono con gli austro-ungarici, che erano riusciti ad oltrepassare il Piave, e li costrinsero ad arretrare. “Quel giorno, in prossimità di Casa Milioni (poi Peruzzo) sul campo perirono 38 dei nostri lancieri, ma il contrattacco italiano andò a buon fine”. Brisotto conosce nel dettaglio quella battaglia, poiché è riuscito a recuperare le fotocopie di un libro edito nel 1936 dal corpo dei Cavalleggeri, in cui si descrivono i fatti con estrema minuzia. La stessa che Angelo Brisotto applica ai suoi cimeli. “Tengo tutto in penombra, altrimenti la luce del sole schiarisce i documenti e li macera”.
Per quanto riguarda gli oggetti, sono suddivisi per utilizzo. Ci sono granate, fucili, filo spinato, cesoie, divise militari, selle da cavallo, una bici che era utilizzata al fronte, bandiere, libretti di propaganda e poi tutto ciò che serviva ai soldati in trincea per la vita di ogni giorno: gavette, borracce, elmetti, zaini, maschere antigas, scudi antigranata, kit di primo soccorso, stufette da campo, strumenti di misurazione, brandine, telefoni e scrivanie, lampade. C’è addirittura un foulard in cotone, con stampato il vademecum dei soldati per la tenuta del fucile e dell’igiene personale, in cui si raccomanda agli uomini al fronte di lavarsi i piedi almeno una volta al mese. “È interessante notare le differenze negli equipaggiamenti: gli italiani all’inizio della guerra arrivarono al fronte con borracce di legno, addirittura senza elmetto; gli austriaci, invece, avevano gavette più moderne, in metallo smaltato; gli americani, fra i quali c’era anche il volontario della Red Cross Ernest Hemingway, avevano gavette in alluminio, con soluzioni innovative sull’ingombro”.
Angelo Brisotto, che ogni sera dedica due ore del suo tempo a studiare documenti o riordinare i tanti oggetti della sua collezione, è un “pozzo” di informazioni e di curiosità sui fatti di guerra di cento anni fa. Fra i tanti aneddoti, ad esempio, racconta di tutti gli animali – mucche da latte, ma anche pollame e suini – che venivano allevati a ridosso delle truppe, per sfamare i tanti uomini al fronte. E poi mostra una gabbietta che serviva per custodire i colombi viaggiatori, utilizzati per trasferire i messaggi da una postazione all’altra.
Oggi la sua maggiore soddisfazione è quando riesce a “salvare” del materiale storico (“mano a mano che qualche anziano muore, i nipoti svuotano i granai, io recupero quel che resta, che altrimenti sarebbe destinato al Cerd”) e poi quando qualcuno lo contatta, per visitare la mostra. Si potrebbero ascoltare per ore i suoi racconti, tanto è l’entusiasmo che riesce a trasmettere. Inoltre, insieme all’amico zensonese Sebastiano Lazzarato, Angelo dedica parecchio del suo tempo alle nuove generazioni, andando nelle scuole a parlare della Prima guerra mondiale.
Il senso di tutto questo, ancora una volta, è in un cartello appeso nella mostra di Monastier. “Le grandi imprese ed i sacrifici umani, diventano inutili solo quando li si dimentica”.