Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
III Domenica del tempo di Pasqua: Oltre ogni morte: “Seguimi!”

Domenica scorsa, l’incontro di Gesù con la comunità dei discepoli aveva già aperto al tempo della Chiesa: il Vangelo era stato dichiarato concluso (Gv 20,19-31). Come mai oggi ci troviamo di fronte a un capitolo ancora?
Il Risorto continua a cercare i suoi
E’ fare i conti con la difficoltà dei discepoli a intravedere come dare seguito al mandato di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21). Nella narrazione sono ritornati a casa, e sembrano provare a riprendere la vita di prima (Gv 21,1-3). Tornano a pescare, e tuttavia «non presero nulla». Il Risorto si fa presente sul confine di quel fallimento, sulla riva del lago e sul far del mattino (vv. 4-5). Li chiama «figlioli», che nelle lettere attribuite a Giovanni sarà l’appellativo dei componenti la comunità cristiana (1Gv 2,1.28; 4,4). Si tratta, quindi, del rapporto tra il Signore risorto e la sua comunità, nel cammino da lui indicato oltre la sua Pasqua. Gesù il Signore torna a cercare e a incontrare i suoi, tutti: sette, numero che indica la pienezza, e tra costoro anche due di cui non si dice il nome, ovvero tutti gli altri che entreranno nella comunità dei discepoli, fino a oggi. Ritorna a incontrarli per dare loro la forza e dei riferimenti per proseguire nei sentieri della storia.
L’incontro in un «segno» di sovrabbondanza di vita
Sull’orlo del loro fallimento pone un «segno» (Gv 20,30), l’unico dopo la sua risurrezione, un «segno» di vita sovrabbondante, come aveva promesso nell’altro «segno» del pane condiviso (Gv 6,1-14). A svelare in Gesù la presenza di un Dio che si prende cura della vita di uomini e donne, non solo nelle necessità del quotidiano, ma fin nelle profondità di un desiderio che non ha fine (Gv 6,26-58). Qui, quel «segno» si compie in una pesca sovrabbondante («153 grossi pesci», come tutte le specie allora conosciute?) a contribuire al pranzo già preparato dal Risorto per i suoi. Il richiamo alla “presenza attraverso l’eucaristia”, l’incontro nel pasto condiviso, si fa proposta che sfocerà in cena rituale, a partire dalla Pasqua. Un rito efficace per continuare a incontrare il Crocifisso Risorto e la sua vicenda di salvezza: dal mangiare “con” lui al mangiare “di” lui, nutrirsi della sua vita, cibo necessario per continuare a seguirlo nella condizione nuova, di morte -risurrezione.
Plasma due ruoli necessari per il cammino della comunità
E qui il quarto Vangelo propone ulteriori presenze – ruoli che il Signore consolida nella sua comunità: le figure di Pietro e del discepolo amato, entrambi necessari alla comunità per proseguire il cammino.
«Simone figlio di Giovanni», Pietro: l’appellativo riecheggia la prima chiamata (Gv 1,42), chiamata rinnovata oltre il fallimento patito nel seguire Gesù (Gv 21,15-17). E’ un dialogo nel quale Gesù chiede a Pietro circa la “qualità” del suo amore per lui, con termini assai impegnativi: «mi ami più di costoro», «mi ami tu». E Pietro risponde come può: «Ti voglio bene». Risposta che non sembra all’altezza della domanda, finché è Gesù a venire incontro al suo discepolo: «Mi vuoi bene?» e Pietro riconosce che soltanto facendo appello al suo Signore potrà essere davvero autentico nella sua relazione con lui. E compiere così ciò che lui gli chiede: una responsabilità di guida, di attenzione ai bisogni vitali del “gregge dei discepoli”, di sollecitudine e di protezione. Di amore per loro. Questo lo porterà fino al compimento del suo essere discepolo: dare la vita come ha fatto Gesù (vv. 18-19).
Ma non basterà il ruolo di Pietro a rendere la comunità capace di farsi testimone vivente del Crocifisso Risorto: sarà necessario anche il «discepolo amato», ovvero colui che, per la qualità del suo rapporto con Gesù, sarà in grado di intravedere la sua presenza negli avvenimenti della vita e della storia (v. 7), e di consegnare questa sua intuizione in forma di Vangelo scritto. E’ questo il modo in cui quel discepolo «rimane», per volontà del Signore Risorto, al cuore del cammino della comunità (v. 24).
Entrambi, sia lui che Pietro, continuando a seguire Gesù, per le vie della storia, sul continuo confine tra fragilità delle azioni umane e Presenza che dona vita sovrabbondante.
Il cammino che oggi prosegue
Qui, davvero, si apre a noi oggi “il cammino che prosegue”. Un cammino che scopre la fedeltà con cui il Signore Risorto viene a incontrarci sul crinale dei nostri giorni, così segnati da delusioni e fallimenti. Per aprire “pellegrinaggi di speranza”, confidando nel suo amore che rende fecondo anche il nostro fragile amore, confidando nel suo aver cura di noi, anche ora che ci sentiamo più soli e smarriti, alla morte di papa Francesco. Chiedendo di lasciarci convertire a un cammino sinodale, fortemente voluto da Francesco, capace di riconoscere la preziosa necessità nella Chiesa di ogni dono e ministero, di ogni uomo e donna con la propria esperienza di umanità, ferita e salvata. L’ultima parola di Gesù al suo discepolo rimane «Seguimi!». A dire che non siamo lasciati soli, e che il suo amore continuamente nutre i passi del nostro cammino dietro a lui.