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C’è bisogno di rispetto per includere

La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ci offre una riflessione semantica che riguarda non solo le persone con disabilità ma il riconoscimento del rispetto, come ha sottolineato recentemente anche papa Francesco quando, proprio a proposito della Convenzione afferma che «si toglie il linguaggio del “il noi e il loro” perché esiste solo un noi».

La precondizione per il pensiero e l’esercizio di parole per persone con disabilità è proprio la sussistenza del concetto di rispetto nella sua accezione semantica, filosofica e pedagogica.

La prospettiva è porre fine all’estrema povertà che spesso è anche conseguenza di mancanza di rispetto istituzionale delle persone con disabilità. Rispetto deriva dal latino “respectus-respìcere”, che significa “riguardare, avere riguardo, prendersi cura”; non soltanto per altre persone, ma per ogni forma di vita, cosa inanimata, norme e istituzioni, ripudiando ogni forma di violenza a cominciare da quella verbale, così pregna di pregiudizi, offese, molestie, torture di identità, ripudio di imperfezioni.

Molto spesso dimenticando di essere l’uno uguale all’altro, non troviamo parole che ci uniscono ma ci prendiamo la libertà di trattare l’altro, la natura o un semplice oggetto come entità inferiori, in virtù di una nostra ipotetica superiorità. ci dimentichiamo che l’altro, la natura o l’oggetto hanno i nostri stessi diritti, tra questi vi è proprio quello di essere rispettati nella nostra unicità e individualità, indipendentemente da ciò che portiamo o meno con noi. È una sfida intrigante, attuale e praticabile.

Si tratta di concepire il nostro mondo e perfino il nostro modo di pensare, come “accessibile”: si tratta di costruire scivoli e ingressi accessibili dentro di noi, per rispettare noi tutti per il nostro individuale comune e giusto valore, oltre le barriere da abbattere. Del resto, diceva Tiziano Terzani: «Il rispetto nasce dalla conoscenza e la conoscenza richiede impegno, investimento, sforzo».

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