Il Governo Netanyahu
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“L’Amministrazione comunale ha approvato già nel 2016 il Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e Amministrazione per la cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani. Un’iniziativa a cui i sandonatesi hanno risposto con grande generosità, permettendo di rispondere ad esigenze piccole e grandi”. Così spiegava l’ex-sindaco, Andrea Cereser dopo l’approvazione di uno degli ultimi patti di collaborazione, stipulati durante i due quinquenni della sua Amministrazione.
Una generosità che, evidentemente, si è andata affievolendo: se, infatti, nei primi cinque anni dall’approvazione del Regolamento, dal 2016 al 2021, sono stati approvati oltre venti patti di collaborazione (in media 3-4 patti all’anno), negli ultimi quattro anni, dal 2022 al 2025 ne sono stati stipulati solo 4. In pratica uno all’anno, ma in realtà con una tendenza sempre più negativa: ne sono stati infatti stipulati due nel 2023, solo uno nel 2024 e nessuno nel 2025.
Attraverso questo regolamento, il Comune di San Donà di Piave intende promuovere e valorizzare forme di cittadinanza attiva per interventi di cura e di rigenerazione dei beni comuni urbani, attraverso la formulazione di proposte di collaborazione tra cittadini e Amministrazione comunale.
Possono presentare proposte di collaborazione tutti i soggetti, individui singoli, associati o comunque riuniti in formazioni sociali (gruppi informali, comitati, associazioni...), anche di natura imprenditoriale o a vocazione sociale (fondazioni, imprese, cooperative ecc), che intendono attivarsi per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani.
I beni comuni urbani sono quei beni che i cittadini e l’Amministrazione riconoscono essere funzionali al benessere individuale e collettivo, attivandosi di conseguenza nei loro confronti, per condividere la responsabilità della loro cura o rigenerazione, al fine di migliorarne la fruizione collettiva sulla base del principio di sussidiarietà. Nello specifico sono ammesse proposte di collaborazione riguardanti beni materiali (strade, piazze, portici, aiuole, parchi e aree verdi, aree scolastiche, edifici...), beni immateriali (inclusione e coesione sociale, educazione, formazione, cultura, sensibilizzazione civica, sostenibilità ambientale, riuso e condivisione...), beni digitali (siti, applicazioni, social, alfabetizzazione informatica...).
Gli interventi possono riguardare la cura, rigenerazione e gestione condivisa di spazi pubblici o gravati di servitù di uso pubblico, di edifici in stato di parziale o totale disuso, la promozione della creatività urbana, l’innovazione digitale o la promozione dell’innovazione sociale e dei servizi collaborativi.
Considerato, quindi, l’andamento degli ultimi anni, da cosa può dipendere questa desuetudine nella nascita di nuovi patti di collaborazione?
Abbiamo interpellato il sindaco Alberto Teso, contattandolo telefonicamente, il quale ci ha assicurato che l’Amministrazione ha cercato di favorire e dare seguito a ogni proposta pervenuta; anzi, auspicherebbe che tale strumento possa diventare una modalità di collaborazione non solo con privati cittadini, ancorché organizzati, ma anche con le imprese.
A suo dire, quindi, si tratterebbe solo di una fisiologica diminuzione delle proposte, a fronte delle molte attività già avviate negli anni precedenti, che, di fatto, ha ridotto i possibili ambiti di collaborazione tra i cittadini e l’Amministrazione.
Un vero peccato, anche perché “il Regolamento è uno strumento potente perché dà attuazione al principio di sussidiarietà e rende possibile l’autonoma iniziativa dei cittadini”, stabilita dall’art. 118 della Costituzione.
“I cittadini attivi non sono sostituti del Comune o di altre istituzioni pubbliche, ma si affiancano, condividono, co-progettano e realizzano progettualità per rendere la propria città più bella. Grazie ai patti di collaborazione, l’attività di cura esce dall’ambito familiare e si estende alla città, diventando collettiva e condivisa”, ci ha dichiarato Silvia Lasfanti, vice-sindaca durante la seconda giunta Cereser e che dei patti di collaborazione a San Donà di Piave è stata l’artefice, spendendosi in prima persona per seguirne l’iter di approvazione.
“Questo modello di collaborazione tra cittadini e Comuni - continua Lasfanti - è stato ed è tuttora attenzionato dall’Ue. Alcuni anni dopo che aver adottato il regolamento, il prof. Gregorio Arena, già docente di Diritto amministrativo all’Università di Trento, uno dei padri dei patti di collaborazione, è stato invitato a presentare i patti di collaborazione a Strasburgo, al Parlamento europeo”. Ora, il modello si sta diffondendo anche in altri paesi Ue, ma l’Italia rimane “l’unico Paese in Europa a essersi dotato di questa normativa”. “Per una volta l’Italia è modello e non l’ultimo della classe; nel 2016 fummo il primo Comune del Veneto Orientale a dotarci di questo prezioso strumento e, purtroppo, San Donà è ancora l’unico del territorio”.
“In un tempo di crisi delle istituzioni e di disaffezione all’impegno pubblico - conclude Lasfanti -, favorire e supportare le cittadine e i cittadini attivi, attraverso la stipula dei patti di collaborazione, diventa un mezzo per riavvicinarsi alla dimensione più autentica della politica”.