venerdì, 31 ottobre 2025
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Verso le regionali: torni l’assessorato al Sociale

Tra le questioni più importanti, approfondiamo quelle di famiglia, disabilità, dipendenze, anziani

Uno degli ambiti che il prossimo presidente del Veneto dovrà affrontare è quello del welfare. Nonostante di strada ne sia stata fatta e non manchino le convergenze tra le diverse forze politiche, la prossima giunta regionale dovrà impegnarsi fattivamente nel sociale, accogliendo le sfide poste, tra gli altri, dal mondo della disabilità, delle dipendenze, degli anziani, della famiglia

Perché, quindi, non tornare ad un assessorato al Sociale sganciato da altre deleghe e con una dotazione adeguata di risorse per far fronte alle tante criticità d’oggi?

Disabilità. Graziella Lazzari Peroni, presidente regionale dell’Anffas, ha le idee ben chiare sulle urgenze del settore disabilità, frutto di una lunga esperienza “sul campo”. “Innanzitutto serve una «cabina di regia», che accompagni e fornisca informazioni ai disabili e alle loro famiglie. Oggi ognuno deve cercare, per conto proprio, servizi, supporti, sussidi: è un impegno gravoso e spesso si perdono opportunità”. Seconda emergenza, la carenza di personale: “Non c’è stata programmazione - osserva Lazzari - e così ci troviamo molto sguarniti. Per coprire i buchi si sta abbassando l’asticella del livello di preparazione degli operatori. Invece si dovrebbe fare l’opposto: offrire una formazione specifica per ciascun settore, perché assistere un anziano non è la stessa cosa di accompagnare una persona con problemi psichici”.

Tale questione è legata strettamente al capitolo remunerazione: “Il lavoro nel sociale non è attrattivo perché pagato male. Gli stipendi degli operatori sono fermi da anni, non c’è neppure l’adeguamento all’aumento dei prezzi dell’Istat. Per forza che il personale scappa. Per poter aumentare gli stipendi, sarebbe necessario un aumento delle rette degli assistiti, ma i Comuni dicono di non avere fondi in bilancio”.

Un capitolo a parte merita la psichiatria: “I fondi sono risicatissimi - evidenzia Lazzari -, e i centri di salute mentale fanno quello che possono. Una strada da perseguire è quella dei laboratori diurni, cioè centri di aggregazione specifici per persone con disturbi psichiatrici, in cui si sperimenta la vita insieme, anche in vista di un possibile inserimento in gruppi appartamento, e si riceve formazione in vista di un reinserimento lavorativo. In passato esistevano servizi di questo tipo, ma per carenza di fondi sono stati chiusi o ridotti al minimo e le persone rimaste a casa sono ora a carico delle famiglie».

Tutti i servizi e le iniziative, dovrebbero avere come sfondo e orizzonte il “progetto di vita” della persona con disabilità. “Dopo 25 anni dall’introduzione dell’obiettivo del “progetto di vita - conclude Lazzari - siamo molto distanti dalla sua realizzazione, perché mancano le persone formati e i fondi necessari per consentire a una persona con disabilità di arrivare alla sua realizzazione”.

Dipendenze. È un tempo di trasformazione per le strutture e i servizi che si fanno carico della prevenzione e cura di persone dipendenti da sostanze. Perché, spiega Floriano Zambon, presidente della “Piccola Comunità” di Conegliano, che da 52 anni accoglie persone con storie di fragilità, in particolare consumatori di sostanze, nonché presidente, in passato, della Conferenza dei sindaci dell’ex Ulss 7 , “alle sostanze tradizionali si aggiungono quelle sintetiche che richiedono percorsi terapeutici adeguati”. C’è, poi, la vasta area delle pluridipendenze, anch’essa in crescita, anche tra i giovanissimi. “Alla nuova amministrazione regionale chiedo di mantenere il sostegno fino ad ora assicurato alle nostre realtà - sottolinea Zambon -. Per l’area terapeutica si tratta di fondi derivanti dal bilancio sanitario, mentre per l’area della marginalità sociale il finanziamento proviene dal bilancio sociale. E qui entrano in gioco i nuovi Ambiti Territoriali Sociali (Ats), che a mio avviso rappresentano un’importante opportunità, se la Regione saprà assicurarne uno sviluppo omogeneo in tutto il territorio con un’adeguata attenzione alle varie emergenze sociali». Anche in questo settore, c’è il problema del reclutamento del personale: “Lavorare con persone dipendenti da sostanze - osserva Zambon - richiede un forte impegno non solo professionale ma anche umano. Questo si traduce in un turn-over che pesa sulle nostre organizzazioni”.

Anziani. “Servono risorse: economiche e umane”. Francesco Facci, recentemente confermato alla presidenza regionale di Uneba, l’associazione di enti operanti nel campo sociale, socio-sanitario ed educativo degli interventi e dei servizi alla persona, coerenti con i principi cristiani, non ha dubbi sulle priorità da chiedere al futuro Governo regionale per l’assistenza degli anziani. “Basti pensare che solo il 15% degli anziani che ne avrebbero bisogno possono accedere alle Rsa, perché non se lo possono permettere o perché le strutture non sono in grado di accoglierli”. La carenza di personale è grave, “e invero è diffuso in tutta Europa, dove nei prossimi anni mancheranno milioni e milioni di lavoratori. Per questo Uneba con Confcooperative ha messo in piedi il Progetto Zefiro, che aiuta gli enti del sociosanitario a trovare Oss, portando in Italia personale già formato, nel rispetto della complessa normativa di settore: nel concreto, abbiamo già avviato contatti con le suore Camilliane nel Perù e con la Caritas in Sri Lanka. Dobbiamo favorire la costruzione di ponti con altre parti del mondo a questo scopo: in questo la chiesa ha canali privilegiati grazie alle missioni. Ma anche l’ente pubblico deve favorire questi ponti”.

Il tema della riforma delle Ipab è sul tavolo da vent’anni: “Il Veneto è l’unica regione a non averla ancora effettuata, e penso non serva aggiungere altro. Ma bisogna parlare anche dell’addizionale Irpef, da dedicare a sostegno del settore sociosanitario: il problema è che in politica spesso si ragiona a compartimenti stagni”. Si avverte l’esigenza di un assessorato regionale specifico per il sociale. “È necessario staccarlo dalla sanità, come invece è stato nel passato, perché serve avere un’attenzione specifica, data la sua complessità e importanza. Pensiamo solo che in Veneto ci sono 34 mila posti letto in Rsa, a fronte di circa 15 mila in ospedale (fonte: relazione socio sanitaria 2024, azienda Zero, ndr)... anche sui giornali finiscono solo interventi chirurgici e macchinari ultramoderni e non la quotidianità delle case di riposo”.

C’è, poi, tema del futuro deve essere l’assistenza domiciliare. “È fondamentale creare delle reti (che coinvolgono tutte le istituzioni e gli enti, a partire dalla Regione) di informazione e formazione, a cerchi concentrici con le strutture sanitarie e sociosanitarie come hub (centri): lì rimangono i casi più gravi, e da lì si trasmettono conoscenze e si offrono servizi per gestire le situazioni meno complesse a domicilio. Queste reti devono curare anche la formazione dei caregiver”. Sul tavolo c’è il tema dell’accreditamento istituzionale, che ha caratterizzato il Veneto, e l’ipotesi della “voucherizzazione”, ovvero la monetizzazione di un aiuto da consegnare direttamente all’interessato, che poi si deve arrangiare. Un’ipotesi che Uneba vuole evitare, per non rischiare discontinuità di servizi e aumento di costi per le famiglie, oltre alle inevitabili difficoltà gestionali.

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