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Coronavirus, il lavoro prezioso dei medici di famiglia per dare risposte ai pazienti
Afferma il dottor Umberto De Conto: “Sicuramente in questo periodo ricevo molte più telefonate e registro una riduzione di accessi impropri”. Come a dire che chi ha il piccolo “disturbo” evita di andare dal dottore. E per evitare allarmi generalizzati e ingiustificati, occorre usare termini precisi: “La paziente deceduta all’ospedale di Treviso è morta «con» coronavirus, non «di» coronavirus»”, precisa il dottore.

“I medici di medicina generale stanno dando un contributo prezioso di disponibilità nella gestione di questi difficili giorni del coronavirus. Li ringrazio tutti, uno per uno”. Il ringraziamento, doveroso, arriva dal presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia. Perché sono loro, i medici di famiglia, che hanno il compito più delicato, quello di accogliere, indirizzare e, molto spesso, tranquillizzare i loro pazienti con una disponibilità che in questi giorni non conosce orario. “L’ultima telefonata di ieri era poco prima delle 22, e adesso ho appena risposto a una paziente”, ci risponde il dottor Umberto De Conto, medico di base a Breda di Piave, all’alba di un’altra sicuramente impegnativa giornata, mercoledì 26 febbraio. Tra i suoi 1.500 pazienti, 260 hanno superato i 75 anni. Sono loro i più a rischio, in caso di contagio. Tante le precauzioni che sono stare prese, a cominciare dall’accesso all’ambulatorio “controllato anche per numero di presenze”. Si cerca di prevenire il contagio vietando l’accesso agli ambulatori medici alle persone che hanno tosse e febbre. Per loro è previsto il triage telefonico. “Consiste in una prima valutazione che viene fatta sottoponendo una serie di domande alla persona, tra cui se ha soggiornato in luoghi a rischio e se ha frequentato persone che hanno avuto diagnosi di coronavirus”, ci spiega il dottor De Conto. Domande “ampiamente” saltate, ora che il coronavirus si sta diffondendo sempre più. “Quindi, segue la valutazione clinica, cioè se il paziente risulta avere febbre da più di tre giorni superiore a 37,8°, associata a tosse persistente, a difficoltà di respirazione, a tachicardia, a un importante decadimento fisico, alla pressione bassa, alla difficoltà di svolgere le attività quotidiane e a una diminuzione della lucidità”. Il passo successivo per il medico è quello di recarsi a domicilio del paziente per una visita più accurata oppure di fare la segnalazione alla Ulss che si prende in carico il paziente. Con questo modo di procedere si evita il più possibile l’intasamento dei Pronto Soccorso e anche delle sale d’attesa degli studi medici. Come conferma lo stesso dottor De Conto: “Sicuramente in questo periodo ricevo molte più telefonate e registro una riduzione di accessi impropri”. Come a dire che chi ha il piccolo “disturbo” evita di andare dal dottore. E per evitare allarmi generalizzati e ingiustificati, occorre usare termini precisi: “La paziente deceduta all’ospedale di Treviso è morta «con» coronavirus, non «di» coronavirus»”, precisa il dottore. Come quasi tutti gli altri deceduti in Italia.