La settimana scorsa abbiamo pubblicato una presentazione della lettera apostolica di papa Leone sull’educazione:...
La speranza nel futuro è cura
Come declinare il concetto di futuro in un mondo pieno di sfide come quello che abitiamo oggi? Quanto la velocità che caratterizza questo nostro tempo incide sul dialogo intergenerazionale per costruire il domani? Queste e tante altre domande hanno coinvolto i presenti, riuniti nell’auditorium San Pio X sabato 15 novembre, per l’annuale meeting diocesano di Pastorale giovanile. A guidare le riflessioni Katia Provantini, psicologa e psicoterapeuta dell’istituto “Il Minotauro” di Milano, che ha declinato il tema “Se ti dico futuro? Tra paure e speranze” in una lettura dei bisogni dei giovani e della loro relazione con l’adulto. Perché la costruzione dell’avvenire passa anche per il confronto con la generazione precedente, a partire dal mondo (fisico e non) che l’adulto lascia alle generazioni future. “In questo momento storico se chiedete ai giovani di cosa hanno bisogno, vi diranno che hanno bisogno di ascolto e di dialogo, non di risposte”, osserva la relatrice, e la chiave è la conoscenza di questo mondo nuovo e veloce che abita il giovane, per creare spazi di ascolto e confronto dove si possa pregustare il futuro. E ancora “in un figlio c’è una parte che richiama qualcosa di me, ma c’è anche altro, ci sono parti che non riconosciamo come nostre, nei nostri figli: perché parti di un futuro non ancora scritto in questo nostro presente: amare questo “altro” è un passaggio su cui dobbiamo allenare la nostra vita, per rendere possibile lo svelamento del futuro e non limitarci ad amare ciò che è solo uguale a noi”. Certo la dimensione della cura resta uno degli strumenti più potenti che abbiamo, definita come “possibilità di spazio protetto, dove la Vita può manifestarsi e sperimentarsi, con l’idea che quello che viviamo ora non ha in sé tutto quello che succederà domani. La speranza, in questo periodo così difficile, è strumento di cura che deve riguardare tutti: chi è coinvolto con i giovani deve essere testimone di speranza rispetto al futuro. Garantire un domani pieno di speranza prevede - idealmente - un adulto sicuro di sé: l’adulto certo ha il ruolo di “guida”, traghettando il giovane verso il futuro, ma questo ruolo può rimanere tale anche senza essere impositivo, semplicemente declinandosi nello “stare a fianco, stare nella difficoltà, senza dare illusioni e senza la corsa a fornire soluzioni immediate, ma accogliendo la precarietà”. Perché, di fatto, non possiamo sapere tutto del domani e quanto prima ne prendiamo atto, tanto più saremo guide credibili e autentiche.
L’intervento, ricco di domande finali su tematiche cardine come la scuola, la natalità, l’ambiente familiare si è poi concluso con una fortissima testimonianza di una giovane coppia. Beatrice e Davide hanno raccontato della prova affrontata quando hanno scoperto di aspettare il loro primo figlio. L’emozione e la felicità iniziale hanno presto lasciato posto allo sconforto dopo che i medici hanno diagnosticato al bimbo una disabilità fisica. “Sarà mai felice?”, era la domanda che li aveva accompagnati in quei giorni. Aiutati dalle loro famiglie e dal loro padre spirituale, hanno trovato la forza di affrontare e sostenere la scelta di portare a termine la gravidanza con serenità. In un futuro fatto di incertezze, hanno voluto fidarsi ed affidarsi a Dio, dando fiducia al futuro, anche per il loro piccolo Matteo: “La fatica, le sofferenze, il fatto che non tutto vada in modo perfetto come avevamo programmato, non ci ha precluso la felicità”.
A conclusione, il vescovo Michele è intervenuto ringraziando i presenti e rilanciando al “futuro della pastorale”, affinché sia sempre in atto quella conversione missionaria tanto auspicata anche da papa Francesco. Buon cammino a tutti! (La segreteria di Pastorale giovanile)



