sabato, 08 novembre 2025
Meteo - Tutiempo.net

Corazzin voce libera contro i fascisti

All’inizio del 1923, Corazzin fondò e diresse “L’Idea”, prefiggendosi di lottare contro il nascente regime, sempre più violento, e di difendere le leghe sindacali e l’attività politica
di ispirazione cattolica
08/11/2025

Fin dal 1921, gli agrari cominciarono a servirsi dello squadrismo fascista, che, per la verità, stentò ad attecchire nella Marca per la carenza - come ammettevano gli stessi fascisti trevigiani - di forze giovanili. Le camicie nere impiegate, quindi, nelle prime operazioni squadristiche venivano fatte affluire da fuori provincia. Nel famigerato assalto di Treviso del luglio 1921, da parte di fascisti provenienti da tutto il Veneto venne distrutta, tra l’altro, la tipografia del “Piave”, il primo importante periodico di Corazzin, il quale uscì qualche giorno dopo in formato ridotto, intitolando “Esce mutilato per la barbarie distruggitrice dei così detti restauratori dell’ordine”. Il giornale non poté più continuare le sue regolari pubblicazioni. All’inizio del 1923, tuttavia, Corazzin fondò e diresse “L’Idea”, settimanale dell’azione sociale cristiana, a mezzo del quale il sindacalista di Arcade si prefiggeva di lottare contro il fascismo e di difendere le leghe sindacali e l’attività politica di ispirazione cattolica.

Vessazioni quotidiane

Le ormai quotidiane vessazioni fasciste, la conseguente flessione degli aderenti alle leghe (anche per timore di rappresaglie padronali), l’impossibilità di tenere comizi ridussero, dal 1923, i margini di contrattazione collettiva e la libertà d’azione del sindacato bianco, mentre i proprietari avevano buon gioco nell’imporre, di volta in volta, i termini più consoni ai propri interessi.

La reazione padronale era palesemente diretta a tornare alla vecchia mezzadria dell’anteguerra, ad annullare le concessioni strappate dall’Unione del lavoro e a ristabilire le odiate “onoranze”. Dalle pagine di “L’Idea”, si tentò di impedire fino all’ultimo la distruzione e l’assorbimento delle organizzazioni cattoliche da parte del regime fascista. Frattanto, il fronte antifascista di ispirazione laico-socialista si era polarizzato sul repubblicano montebellunese Guido Bergamo, eletto deputato nel 1924.

Costretto, ormai, a un’azione puramente difensiva, il sindacato cristiano non poteva che ribadire i principi informatori del suo programma e, nei limiti consentiti dalla censura, denunciare le connivenze tra i nascenti sindacati di regime e la classe padronale, nonché le contraddizioni teoriche e pratiche del corporativismo fascista.

L’ultima attività dell’Unione del lavoro, come un’assemblea di leghe, tenuta nell’aprile 1925, non poté che limitarsi ad appassionate rivendicazioni della libertà sindacale conculcata e della bontà della sociologia cristiana.

Le polemiche tra “L’Idea” e “Camicia nera”

L’ultimo giornale di Corazzin fu bersagliato da continue calunnie e istigazioni alla violenza, da parte del quotidiano fascista di Treviso. L’incrollabile antifascismo di Corazzin fu dettato non solo dalla ripulsa per la violenza, eretta a metodo di lotta politica, ma, altresì, dall’impulso a smascherare un’ideologia che gli appariva totalitaria, intrinsecamente anticristiana e antidemocratica, asservita agli interessi borghesi. Per questo, egli rimase molto amareggiato, quando certi compagni di partito, per opportunismo o perché catturati dagli ammiccamenti di Mussolini, abbandonarono il comune campo di battaglia, per aderire al Centro nazionale, movimento fiancheggiatore clericofascista. Egli rimase irremovibile al suo posto, sino alla fine, continuando a denunciare senza tregua violenze squadristiche, intimidazioni e brogli elettorali.

Bepi Corazzin, in definitiva, fu cattolico tutto d’un pezzo, integrale, ma non integralista: nella fede cristiana rinvenne la fondamentale motivazione etica della sua militanza, ma seppe anche maturare una concezione dell’autonomia riguardo ai mezzi e alle forme dell’impegno sociale, senza che fosse implicata una diretta ingerenza da parte della Chiesa. In ogni caso, va sottolineata la modernità del concetto di democrazia di Corazzin, per il quale essa, sulla scia del pensiero di Toniolo, per essere integrale doveva estendersi alla vita economica, prima ancora che alla sfera politica.

Fascisti contro leghe bianche e Partito popolare

Da rilevare che nel 1925 i sindacati provinciali fascisti, i soli in condizioni di operare, non contavano neppure 5.000 iscritti, reclutati quasi esclusivamente tra i professionisti e i ceti impiegatizi cittadini. I rurali, però, rimasero in larga misura iscritti alle leghe cattoliche. È significativo, infatti, che, ormai in piena dittatura, fossero ancora iscritti al sindacato bianco 30.000 contadini, a riprova della coralità dei consensi che l’organizzazione bianca continuò a godere sino alla fine, tra le masse contadine trevigiane. Una relazione dell’Ispettore di pubblica sicurezza per il Veneto rilevava, nel 1925, la perdurante “formidabile posizione” in provincia di Treviso del Partito popolare, guidato da laici e parroci giovani e battaglieri, e la presenza ancora di numerosissime organizzazioni cattoliche.

“L’Idea” non poteva, ormai, che limitarsi a registrare i sempre più frequenti episodi di minacce e coartazioni da parte del fascismo locale. Essa denunciava puntualmente le pressioni fatte per costringere le Amministrazioni comunali legate al Partito popolare a dimettersi. Il settimanale di Corazzin denunciò come, a partire dal giugno 1923, l’organo fascista locale avesse iniziato una campagna “forte stile” contro il Partito popolare, le organizzazioni sociali cristiane, “L’Idea”, don Pasin, Corazzin: “Violento sfoggio di insolenza contro i bianchi, contro i popolari di sinistra e contro i popolari di destra se questi non si staccheranno da quelli... campagna violenta che ha evidentemente due precisi obiettivi: «L’Idea» e Corazzin, e un obiettivo meno prossimo, ma più agognato: la distruzione del Partito popolare e delle leghe bianche in provincia”.

Nell’autunno 1923, in occasione delle nuove elezioni Amministrative, le intimidazioni fasciste indussero molti elettori a non presentarsi ai seggi. In certi Comuni - rilevava “L’Idea”, con amara ironia - molti erano andati a votare “perché gli automobili fascisti andavano a rastrellarli per le case, e si sa che la vista del fascista per oggi non aumenta la facoltà del... libero arbitrio, specialmente se porta un po’ di manganello. E tutti pensano che... morir martiri per un voto non vale la pena”.

Il fratello di Bepi Corazzin, l’on. Luigi, in un’intervista rilasciata al “Popolo” di Roma, che tanto urtò i nervi di “Camicia nera”, confermava come le dimissioni dei Consigli comunali e provinciali fossero state dettate dalla necessità di “tutelare l’incolumità personale dei singoli membri minacciati dagli elementi locali fascisti e dopo che il Governo aveva richiesto di difendere i nostri... non seppe fare che come Pilato... consigliarci ad andarcene”.

Anche la campagna per le elezioni politiche del 1924 fu contrassegnata da un clima di crescente intolleranza e da innumerevoli violenze, perpetrate contro i candidati popolari. Le stesse autorità politiche, in primo luogo il prefetto, erano ormai totalmente asservite al regime, e non più in grado di garantire il rispetto della legalità.

Sequestri e censure

Corazzin, in una lettera aperta al prefetto divenuto, dopo il decreto sulla stampa, il suo nuovo direttore responsabile, scriveva: «L’Idea» potrà uscire o no, il sottoscritto essere diffidato e dalla nuova carica essere anche dimesso d’autorità”. “Per virtù del nuovo graziosissimo decreto - soggiungeva con amarezza - per farmi perdere i miei diritti civili, basta che lei mi scomunichi politicamente”.

Sequestri e censure bersagliarono ripetutamente “L’Idea” nei suoi ultimi anni di vita. Il primo numero del 1925, ad esempio, non poté uscire. Per quale motivo? “Essa è stata sequestrata in blocco - se ne dava notizia ai lettori - e non per articoli specifici: interrogato il questore sui punti incriminati, fu risposto che tutto era incriminato: compreso evidentemente anche il passo del Santo Evangelo! Usciamo in questo numero con le novelle di Pierino, un terno al lotto, ecc., confidando che così non vi sarà pericolo di denigrare l’Italia all’estero e di compromettere l’ordine pubblico all’interno”.

Ma, già nel febbraio 1924, Corazzin aveva lamentato: “Ormai i prefetti possono disporre a capriccio della stampa. Ristamperemo a puntate I promessi sposi? Con don Rodrigo, i bravi, l’Innominato? Troppo chiara allusione: ti sequestrano il giornale. Allora Quo Vadis? Nerone il despota, i cristiani innocenti, i pretoriani: ti sequestrano anche la tipografia”.

Dopo il delitto Matteotti, “L’Idea” colse l’occasione per riaffermare gli ideali del popolarismo: la fede nei principi della democrazia cristiana, la necessità di legalizzare le associazioni sindacali, l’obbligatorietà giuridica dei patti collettivi di lavoro, la rappresentanza proporzionale degli elettori, la magistratura del lavoro, il decentramento amministrativo, la libertà della scuola.

Contro l’Aventino

Corazzin respinse risolutamente il progetto corporativo fascista, per le sue tendenze monopolistiche, per la subordinazione al Partito nazionale fascista e perché non avrebbe consentito le giuste rivendicazioni delle classi dipendenti più deboli. Particolarmente significativo, l’intervento del sindacalista di Arcade al V congresso nazionale del Partito popolare, tenutosi a Roma nel giugno 1925, in cui dichiarò di ritenere superata la protesta aventiniana, in seguito alla profonda violazione della costituzione determinata dai progetti di legge sulla stampa, sui pieni poteri e all’impossibilità di esercitare il mandato elettorale. Proponeva, perciò, le dimissioni dei deputati dell’opposizione per assumere nuove più incisive forme di lotta contro la dittatura fascista: la sua coraggiosa proposta, tendente al superamento della tattica astensionistica, non fu, tuttavia, recepita dalla maggioranza del Partito. Dopo la sua morte prematura, avvenuta il 18 novembre per una sopraggiunta peritonite, la stampa trevigiana di ogni colore politico tributò, unanime, un sincero omaggio al forte organizzatore cristiano, riconoscendone la lealtà e le idealità che lo avevano contraddistinto.

SEGUICI
EDITORIALI
archivio notizie
30/10/2025

Il Governo Netanyahu

In questo, il Governo di Benjamin Netanyahu, tenuto sotto scacco dalla destra estrema,...

09/10/2025

Sentiamo anche il dovere di segnalare la difficile e a volte critica situazione in cui versa oggi nel...

TREVISO
il territorio