lunedì, 12 maggio 2025
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Cina, silenziata l'opposizione di Hong Kong

Padre Gianni Criveller esprime preoccupazione e dolore per le ultime notizie.

L'accordo rinnovato sulla nomina dei vescovi cinesi tra Santa Sede e Cina, duramente contestato da molti e celebrato con eccessivo entusiasmo da altri, non risolve molti problemi su diritti e libertà religiosa

Raggiungiamo il trevigiano padre Gianni Criveller, impegnato nella didattica a distanza nel Seminario del Pime di Monza, dove è preside dello Studio Teologico internazionale, mentre da Hong Kong arrivano notizie per nulla confortanti. L’agenzia di stampa Asianews ha appena battuto la notizia delle dimissioni di tutti i parlamentari democratici, a seguito dell’estromissione di quattro parlamentari dell’opposizione voluta da Pechino.

Per alcune settimane, prima e dopo l’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale, lo scorso luglio, i media internazionali aveva puntato l’attenzione sulle massicce proteste nella regione amministrativa speciale della Cina. Ora i riflettori si sono spenti. “Non è perché la questione sia risolta o sia meno grave – ci dice padre Gianni -. E’ vero che a Hong Kong non ci sono più le manifestazioni oceaniche. Questo è un periodo di transizione, di preoccupazione e di incertezza. Dato che non si sa quali siano gli effetti di questa legge, chi andrà a colpire, c’è la tendenza a essere prudenti. Un po’ per sfinimento e un po’ per paura, tra le persone non si parla più degli aspetti pubblici. Lo vedo anche tra i miei conoscenti”.

Come hai colto la notizia che è arrivata, oggi, mercoledì 11 novembre, delle dimissioni di tutta l’opposizione del Parlamento ad Hong Kong?
E’ un ulteriore episodio dello stillicidio di iniziative da parte delle autorità di governo e di polizia, e di chi è incaricato ad applicare la legge. Ci sono arresti di tante persone, a cui spesso fa seguito il rilascio su cauzione. Ci sono anche licenziamenti di professori nelle Università, o l’impedimento a portare avanti alcune iniziative “politicamente sensibili” e di imporne di “politicamente corrette” in molte istituzioni. E’ una notizia che mi addolora molto, anche perché penso che andrà sempre peggio.

Non c’è alcuna speranza che le elezioni che dovevano tenersi a settembre e che sono state rinviate al prossimo anno, causa Covid, possano migliorare la situazione?
Le elezioni si sarebbero potute tenere a settembre in tutta sicurezza, perché la pandemia ha colpito questa regione in maniera molto marginale, visto che la gente è molto preparata, disciplinata e non ci sono negazionisti. Il rinvio è stato strumentale e con la scusa del contagio erano state cancellate anche tutte le marce previste per le ricorrenze del 4 giugno e del primo luglio. Temo che non ci saranno le elezioni il prossimo anno. Se si terranno, saranno elezioni fasulle, non democratiche: verrà impedito a un certo numero di partiti di opposizione di presentarsi e a certi attivisti politici di candidarsi. D’altronde, ad aprile hanno arrestato persino Martin Lee, il fondatore del Partito democratico, una delle persone più pacifiche che ci siano.

Non credi, quindi, che si possa parlare più di “Un paese, due sistemi”, con un alto grado di autonomia per Hong Kong?
Lo ritengo finito dal punto di vista politico anche se formalmente i due sistemi giuridici esistono ancora. L’Ufficio che dal 1° luglio deve attuare la Legge sulla sicurezza nazionale agisce come un “governo ombra”: è lì che di fatto si governa Hong Kong.

Il nome, legge sulla sicurezza nazionale, dovrebbe essere rassicurante: prevede di combattere sovversione, secessione, terrorismo, collaborazioni con forze straniere. Cos’è che non va allora?
I quattro reati sono gravi e perseguiti in qualsiasi Paese del mondo, ma in Cina ed ora anche a Hong Kong vengono utilizzati per la repressione del pensiero contrario al governo. Colpiscono chi difende i diritti delle minoranze etniche o religiose o di chi si impegna per costruire un sistema libero e democratico. E’ secessione chiedere diritti per le minoranze? Far passare le proteste in piazza come secessione è inaccettabile, non corrisponde alla realtà. Il terrorismo è una piaga del nostro tempo: ma sono terroristi quelli che manifestano agitatamente e senza autorizzazione? E’ una legge che potrà essere applicata in modo imprevedibile, e ha ottenuto il risultato che si prefiggeva: mettere fine alle manifestazioni. So bene che nel movimento ci sono stati eccessi non condivisibili: i pochi violenti (istigati da chi?) non hanno affatto rappresentato il sentimento della gente di Hong Kong, che è pacifica e disciplinata.

C’è un altro tema importante, quello dell’accordo rinnovato sulla nomina dei vescovi cinesi tra Santa Sede e Cina, duramente contestato da molti e celebrato con eccessivo entusiasmo da altri, come scrivi in un tuo articolo pubblicato su Mondo e missione. Qual è il tuo pensiero?
Credo che non sia la risoluzione dei problemi sul campo e che in questi due anni, dal 2018, abbia dato meno risultati di quanto ci si potesse aspettare. Un accordo che penso sia più utile alla Cina che al Vaticano. E c’è la possibilità che sia un astuto inganno da parte cinese di mostrare accondiscendenza verso la Chiesa di Roma per poi attuare, sul campo, misure repressive contro i cattolici cinesi. Se da parte del Vaticano vedo buona fede e ricerca di dialogo, temo che non sia così per la Cina.

C’è chi contesta questo accordo con il solo scopo di attaccare papa Francesco, ma non perché siano interessati al bene dei cattolici in Cina. Ma c’è anche una ingiustificata retorica entusiastica di chi vede in questo accordo risultati meravigliosi che non si sono visti, e riportano solo le notizie positive e sottaciono quelle negative. Devo dire che il Segretario di Stato Parolin, che abbiamo incontrato il 3 ottobre al Pime di Milano, è piuttosto prudente, e riconosce che la gran parte dei problemi rimangono sul tappeto, e che si sono fatti meno passi in avanti di quanto si era sperato. Ora il Papa ha il diritto di nominare i vescovi. E tutti i vescovi cinesi (sono un centinaio) sono riconosciuti dalla Santa Sede. Questi sono ottimi risultati, ma ottenuti già due anni fa.

In questi due anni ci sono state pochissime nomine di vescovi, tra l’altro scelti precedentemente. Rimane a tutt’oggi che il papa non può scegliere i vescovi e che la Cina non riconosce un buon numero di vescovi ancora “clandestini”. Per questo dico che l’accordo rimane asimmetrico. La realtà è che in questo periodo è aumentata la pressione su vescovi e su preti per aderire alla politica religiosa ufficiale. Ci sono numerose restrizioni che valgono per tutte le religioni. La più odiosa è secondo me la proibizione ai minori di partecipare alla messa e di essere istruiti nella fede. Questo divieto c’era, in teoria, anche prima, ma non veniva applicato. Ora i funzionari entrano nelle chiese e fanno uscire i minori, seguiti ovviamente dai genitori, impauriti. Questo inasprimento è avvenuto dal primo febbraio 2018. Così si interrompe la trasmissione della fede nelle famiglie cattoliche cinesi.

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