Indubbiamente, quello che ci appare nel racconto è un Gesù umano, compassionevole e misericordioso verso...
Etiopia: fisioterapisti senza frontiere
Serena Pizzato, di Salzano, è rientrata dalla missione a Wolisso, dove ha seguito i bambini con disabilità. Nel Paese è in corso una guerra che ha già provocato almeno 50 mila vittime

Ci sono organizzazioni che, anche in questo tempo difficile, riescono a varcare i confini per contribuire a progetti importanti di scambio e cooperazione internazionale nei paesi in via di sviluppo. E’ il caso dei “Fisioterapisti senza frontiere” e dell’associazione Cittadinanza onlus di Rimini. Quest’ultima ha organizzato la settimana scorsa un incontro online con soci e simpatizzanti per fare il punto sulla situazione dell’Etiopia e sui progetti avviati nel Paese a favore delle persone con malattie psichiche e dei bambini con disabilità. Insieme al prof. Uoldelul Chelati Dirar, docente di Storie e Istituzioni dell’Africa all’università di Macerata, è intervenuta la dottoressa Serena Pizzato, presidente di “Fisioterapisti senza frontiere”, appena rientrata dalla missione a Wolisso, dove ha seguito il progetto di Cittadinanza onlus nella regione dell’Oromia. Serena Pizzato, 50 anni, sposata con Paolo, due figli, vive a Salzano ed è fisioterapista all’ospedale di Noale, specializzata in riabilitazione per l’età evolutiva. Da molti anni partecipa a progetti in alcuni Paesi africani, dalla Tanzania, al Kenya, all’Egitto (sull’esperienza in un lebbrosario egiziano ha scritto la sua tesi), all’Etiopia, con trascorsi anche nel Kurdistan iracheno. Dopo aver contribuito a organizzare ambulatori e palestre per la fisioterapia nei diversi Paesi, negli ultimi anni si dedica soprattutto alla consulenza e alla formazione, ossia a preparare e aggiornare colleghi e altro personale sanitario locale, sempre su richiesta di piccole associazioni, di missionari o di organizzazioni come il Cuamm – Medici con l’Africa o Emergency.
“Sono convinta che i talenti bisogna coltivarli e condividerli, e quello che facciamo non è una missione umanitaria - racconta -, ma un vero scambio di professionalità, che parte dalle risorse e dalle opportunità locali e arricchisce tutte le persone coinvolte. Per me è l’unico modo di aiutare le persone: fare pezzi di strada insieme”. Il progetto “Semi di futuro” dell’associazione Cittadinanza ha promosso due corsi di formazione per il personale sanitario dei distretti e dell’ospedale di Wolisso, dando le basi dello sviluppo psicomotorio del bambino, in modo che i vari professionisti possano riconoscere i ritardi in questo sviluppo e intervenire, aiutando i genitori a gestire i figli. Un primo corso ha registrato 35 partecipanti, un secondo, più specifico per gli infermieri della Pediatria, 15. “E per modelli avevo una valigia di bambolotti per i quali ho dovuto dare spiegazioni alla dogana” racconta. Parte integrante del progetto è trovare soluzioni adatte alle situazioni, a partire dalla creatività e dalle risorse locali, artigiani compresi, che costruiscono gli ausili necessari, tra cui stampelle e sedie speciali “perché i bambini con disabilità possano restare seduti e non distesi a terra giorno e notte perché le madri non hanno alternative. E questo permette di restituire dignità alle persone disabili, che ancora vivono sulla loro pelle stigma ed emarginazione”. I prossimi passi del progetto prevedono di sviluppare i collegamenti con il territorio, stilando dei protocolli, in modo che il bambino in carico all’ospedale possa poi essere seguito dalle associazioni nei villaggi.
Il gruppo dei Fisioterapisti senza frontiere nasce quasi 30 anni fa dall’incontro di professionisti che hanno avuto esperienze di lavoro, cooperazione e volontariato nei Paesi a basso reddito, all’interno dei progetti gestiti dalle Organizzazioni non governative che operano in ambito sanitario e della riabilitazione.
La presenza di questi professionisti diventa un segnale di speranza e la dimostrazione che si possono aiutare le fasce di popolazione vulnerabile, in sicurezza, anche in questi tempi complicati dalla pandemia, e anche in situazioni di instabilità come quella che sta vivendo l’Etiopia, segnata da un conflitto nel nord del Paese, dopo l’offensiva lanciata il 4 novembre scorso dal primo ministro Abiy Ahmed contro le autorità dello stato federale del Tigray. Una guerra molto rischiosa per tutta la regione, che secondo le Nazioni Unite sta causando una fuga di massa dalla zona e ha già provocato almeno 50mila vittime.