Penso che molti, come me, siano rimasti inizialmente un po’ sorpresi dalla elezione al pontificato del...
Corpus Domini: un Corpo nutrito dalla condivisione di Dio

Il brano proposto quest’anno per la festa del Corpo del Signore valorizza l’offerta sovrabbondante di un pasto distribuito da Gesù alla folla che lo sta seguendo. Racconto ripreso in tutti e quattro i vangeli, giunge a compimento di un precedente prendersi cura di Gesù rispetto alla folla, attraverso l’annuncio del Regno di Dio, fatto in parole e in opere di guarigione.
L’agire di Gesù, il coinvolgimento dei discepoli
Nel vangelo secondo Luca, la narrazione si essenzializza: tutto si incentra sull’opera di Gesù, alla quale egli chiama a collaborare i discepoli. Ed è un’azione che offre nutrimento oltre misura, e ricorda la dichiarazione del profeta Eliseo, in un episodio simile: «Ne mangeranno a sazietà e ne avanzerà pure!» (cf. 2Re 4,42). Richiama, nella memoria della comunità primitiva, la cena eucaristica e il “prendersi cura” di Gesù nei confronti dei suoi che sta per lasciare: le «dodici ceste» aprono all’intero popolo di Dio per il quale il Signore si fa pane di vita. I discepoli (e non solo «i Dodici», gli apostoli) sono chiamati a collaborare: sia nel mettere a disposizione quel che hanno, sia nel distribuire alla folla quel che ricevono da Gesù. Ed è in quel passaggio che si compie il mistero di un dono sovrabbondante: in un «benedire» e uno «spezzare» che sono opera di Gesù solo. Come altrimenti potrebbe bastare quel quasi nulla di «cinque pani e due pesci» a quei «cinquemila uomini»?
Non una moltiplicazione ma una con-divisione
Va notato che non viene ricordata una moltiplicazione, quanto una divisione: uno spezzare che è fare parte con gli altri, con tutti. E’ dal “dividere” che si moltiplica in un “condividere” che nasce il miracolo: un cibo che supera ogni bisogno. Più che sul “prodigio di moltiplicazione”, sembra si metta l’accento sul miracolo della “condivisione del pane”: come se l’esempio di Gesù che condivide con la folla il poco che il suo gruppo aveva per cena abbia fatto in modo che tutti condividessero quel che avevano con gli altri, evento che già in se stesso è annuncio di un Regno di Dio in cui ci si prende reciprocamente a cuore i bisogni gli uni degli altri...
Chiesa corpo reale di Cristo
Proporre questo racconto nella festa del Corpo del Signore ci provoca ad accogliere il volto di un Dio che si prende cura del suo popolo come del suo stesso corpo. Nella primitiva tradizione dei Padri della Chiesa, “corpo reale” del Signore era intesa la comunità ecclesiale, “corpo mistico” il pane e il vino consacrati nell’Eucaristia; quest’ultimo offerto in nutrimento ai fedeli perché continuamente la comunità ecclesiale diventi sempre più “corpo del Signore” nella concretezza della sua vita quotidiana.
Per diventare Corpo vivo di Cristo, oggi
E qui, tre provocazioni per noi Chiesa corpo del Signore: lasciarsi coinvolgere, condividere, generare condivisione.
Lasciarsi coinvolgere da quel che Dio fa in Gesù: riconoscere quanto si ha di risorse di vita, siano materiali siano di competenze, di relazioni, di tempo, di creatività... e questo già richiede di guardare con una ricca consapevolezza a chi compone le nostre comunità cristiane, sapendo far emergere le risorse di singoli, di famiglie, di anziani, di giovani e dei più piccoli, le risorse di laici e religiosi, di preti e consacrati, le competenze di umanità e di quelle professionalità che possono favorire la crescita di relazioni più autentiche, attenzioni più puntuali nei confronti di chi è in difficoltà e in stato di disagio e marginalità.
Condividere, quindi, queste risorse, metterle in rete, attivare confronti creativi in ordine alle problematiche umane più presenti nel territorio, rendere possibili incontri di reciproco scambio tra associazioni e gruppi presenti nelle nostre comunità ecclesiali.
Generare condivisione, infine, costruendo con pazienza reti di intervento e di arricchimento con le risorse istituzionali, informali e di volontariato presenti nel tessuto civile. Coinvolgendo anche chi è più svantaggiato, riconoscendo in loro quei “cinque pani e due pesci” che possono mettere in campo per la promozione di se stessi e di altri, chiamandoli a paritaria dignità di umanità.
Se saremo disposti a lasciarci “chiamare fuori” dalla preoccupazione che ci incentra su noi stessi, grazie all’agire di Gesù, a partire da ciò che lui compie nella celebrazione eucaristica e nelle nostre vite quotidiane; se faremo crescere uno stile sinodale di lavoro tra noi; se metteremo quel che siamo e che abbiamo a servizio di un Regno di Dio che sempre supera i confini delle nostre comunità ecclesiali e si apre a tutto il territorio umano in cui abitiamo... allora diventeremo Chiesa – Corpo del Signore più viva e vitale, seme di speranza che non delude, per l’intera umanità.